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Curcio (Sapar) scrive a Renzi: "Stabilità non tutela operatori legali"

23 dicembre 2014 - 16:01

Sulla legge di Stabilità continuano le azioni degli operatori del gioco. Il presidente dell’associazione nazionale Sapar (Sezione Apparecchi per le Pubbliche Attrazioni Ricreative), Raffaele Curcio, ha scritto una lettera al presidente del Consiglio, Matteo Renzi “per esprimere la mia preoccupazione e quella di un settore intero, dopo l'approvazione del provvedimento inserito nella legge di stabilità che, di fatto, cancella il futuro di migliaia di imprese di gestione degli apparecchi di intrattenimento comma 6 art. 110 del Tulps”, si legge nella missiva.

Scritto da Redazione
Curcio (Sapar) scrive a Renzi: "Stabilità non tutela operatori legali"

“Già qualche giorno orsono – si legge ancora - ebbi occasione di scriverle per esprimere il mio sconcerto di fronte alla relazione redatta dalla Ragioneria generale dello Stato il 13 dicembre 2014 nella quale il settore del gioco veniva dipinto come una realtà alla quale “non corrisponde una vera attività lavorativa” . Invece, parliamo di un settore che conta 4.000 aziende sul territorio nazionale, con un indotto che occupa oltre 180.000 addetti e relative famiglie e oltre 110.000 esercizi pubblici, che a loro volta coinvolgono ulteriori 390.000 persone. A noi sembra di essere rappresentativi di una realtà lavorativa concreta, attenta alla legalità e che ha sempre provveduto a pagare le tasse, contribuendo così all'erario. Rimango sconcertato di come si sia proceduto ad approvare un provvedimento simile senza mai coinvolgere la filiera, senza ascoltare le associazioni di categoria e i rappresentanti del mondo del gioco. Da oltre 50 anni, la Sapar rappresenta le imprese italiane dell’intrattenimento automatico: queste aziende nel 2004 hanno accettato con coraggio la sfida rappresentata dalla gestione di macchine con vincita in denaro, un’offerta finalmente legale e controllata da Adm. Da allora sono passati dieci anni, un periodo nel quale le imprese di gestione hanno assicurato importanti risorse per lo Stato, hanno creato occupazione e combattuto in prima linea il gioco irregolare e clandestino. Ecco perché, alla luce dei provvedimenti contenuti nella legge di stabilità, non posso non esprimere sconcerto perché nella relazione tecnica della Ragioneria generale dello Stato, si leggeva il seguente passaggio: “..l’intervento emendativo punta a fornire una opportunità di redenzione, nella direzione del circuito ufficiale e legale di raccolta di scommesse, a quegli operatori non regolari ai quali, allo stato, non si presenta che una delle seguenti alternative: chiudere definitivamente le proprie attività, con dismissione di investimenti e posti di lavoro, ovvero rimanere in un regime di non regolarità, sfidando la capacità dello Stato di costringerli alla prima alternativa. In questo quadro valutativo, la proposta emendativa, allora, ha il principale obiettivo di offrire a tali soggetti una nuova, terza possibilità: quella di una procedura di emersione e regolarizzazione che finalmente consentirebbe loro, in piena legittimità, di entrare nei ranghi delle reti ufficiali statali di raccolta del gioco in forma di scommessa”. Non sono forse da tutelare per assurdo anche le oltre 4.000 aziende di gestione lecite? Si è quindi privilegiato chi ha operato nell'illegalità invece di sostenere coloro che negli anni hanno combattuto il gioco d'azzardo e hanno prodotto ricchezza, creato occupazione, pagato le tasse e combattuto, con coraggio, l’illegalità. La politica, a questo punto, dovrà assumersi la responsabilità delle proprie azioni: dovrà quindi rispondere alle migliaia di famiglie che, dopo una vita di sacrifici, saranno costrette a smantellare le proprie aziende, a licenziare e a chiudere attività portate avanti negli anni tra mille difficoltà. Da parte nostra, ci siamo sempre resi disponibili a un confronto con il governo per far conoscere la realtà del settore: un confronto che sarebbe stato necessario per evitare di produrre, come invece è stato fatto, un provvedimento che suona soltanto come una condanna per migliaia di lavoratori onesti”.

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