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Scesa (As.Tro): 'Da noleggiatore a imprenditore: chi non evolve soccombe'

10 giugno 2016 - 11:42

Beppe Scesa, del comitato di presidenza As.Tro, sottolinea ai noleggiatori nel settore delle slot la necessità di evolversi.

Scritto da Redazione
Scesa (As.Tro): 'Da noleggiatore a imprenditore: chi non evolve soccombe'

 

“La dimensione (e quindi dignità) imprenditoriale di una azienda di gestione è un tema sensibile in Lombardia, dove chi è preposto all’Amministrazione Regionale 'delle attività produttive' definisce in termini di attacca-spine-strozzini di Stato quegli operatori che quotidianamente: arginano il dilagare delle infiltrazioni malavitose nel territorio mantenendo la legalità (almeno) nel gioco; mantengono occupazione e garantiscono la sopravvivenza di quelle piccole attività commerciali che la contrazione dei consumi avrebbe già “consegnato” al fallimento (o alla “cessione ai cinesi”), ma che nei 100 piccoli Paesi della Lombardia sono un “pezzo di storia” della collettività; forniscono una alternativa di gioco legale “di prossimità” che 'viaggia ancora' con la monetina da un euro e che quindi non obbliga la cittadinanza a vendersi la casa solo per provare una giornata di emozione nella vita (ogni altro prodotto di gioco, lecito o illecito che sia, in 8 ore di pratica è astrattamente idoneo a drenare i risparmi di una vita)”.

Lo evidenzia Beppe Scesa, del comitato di presidenza As.Tro, secondo il quale “la mentalità di un gestore di apparecchi da gioco lecito, destinati a essere installati prevalentemente in locali generalisti, ma solo dopo aver instaurato un rapporto con degli esercenti che nella maggior parte dei casi porta pure alla nascita di rapporti umani inaspettati e che ti fanno sentire dentro di te un pezzo di territorio. Questa mentalità ti rende convinto che “a prescindere da quello che pochi o tanti pensano”, sei dalla parte del giusto, sei una impresa sana, sei un valore aggiunto per il tuo territorio, e che tutto ciò ti deve spronare a trovare tutte le soluzioni possibili per salvaguardare il frutto di un lavoro 'non solo lecito' ma onesto. I sacrifici “mentali – umani-professionali” che ho affrontato sono di gran lunga superiori a quelli economici, perché “per un noleggiatore” rassegnarsi all’idea di convertirsi alle logiche industriali è un cambiamento “cosmico”. Il 'noleggiatore' pensa che da solo deve fare tutto, che la propria associazione di riferimento dovrebbe fare tutto il resto, ovvero dove non si arriva da solo, indipendentemente dall’argomento o dall’obiettivo. L’imprenditore innanzitutto pensa a interpretare il mercato, l’evoluzione normativa e economica in un mondo dove “di prassi” i soli soccombono.
Ecco quindi che le mie esperienze in As.Tro, in Egida, in Rei, improvvisamente diventano da 'investimenti culturali/scelte di posizionamento, in armi per sconfiggere la solitudine aziendale e agganciare la mia impresa a dei flussi e a delle linee operative globali che allargano la visuale dal noleggio al mercato.
Nessuna delle esperienze citate è un punto di arrivo ma tutte sono state e dovranno essere dei trampolini di lancio per comprendere come trasformare la mia azienda in un’eredità tangibile anche per i miei nipoti.
Alcuni miei colleghi, in As.Tro, hanno speso belle parole e belle riflessioni di sistema per descrivere le contraddizioni delle proposte finalizzate a bandire le new slot da bar e tabacchi (o dei regolamenti comunali che spengono le slot lecite per accendere “i computerini furbi”), per denunciare l’importanza di forme di “tutoraggio” al potere dei Concessionari: tutti hanno giustamente evidenziato l’importanza di appartenere (e far appartenere la propria azienda) a contesti di rappresentanza e di industria più complessi rispetto alla singola impresa. Non ripeterò questi concetti, anche perché la mia convinzione sulle scelte di campo effettuate con As.Tro e Rei è fuori discussione”.
A tutti coloro che pensano di fare i conti “senza quei gestori che oggi si sono dati una reale organizzazione interna ed esterna, li attende un Vietnam: non perché saremmo sabotatori, ma perché semplicemente non saremo complici di un modello di gioco lecito che privilegi l’ebita di una società rispetto alle migliaia di posti di lavoro che manteniamo, e che pretenda di curare lo stile di vita responsabile delle collettività invogliandole solo a forme di gioco senza limiti effettivi (che solo le Awp di adesso annoverano).
Se sei nel giusto non mollare, e se qualcosa ti fa paura trova un contesto in cui il tuo timore sia un oggetto di gestione e non un fattore di depressione”.

 

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