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Franzoso (As.Tro): 'Operatori sanitari siano tecnici, non politici'

31 gennaio 2017 - 10:40

L'associazione As.Tro, attraverso l'intervento dell'avvocato Michele Franzoso, lancia un appello agli operatori sanitari che parlano di Gap.

Scritto da Redazione
Franzoso (As.Tro): 'Operatori sanitari siano tecnici, non politici'

"Tutti abbiamo letto il riassunto delle dichiarazioni rese dal dottor Jarre di Torino, intervenuto in un convegno per difendere quella durezza del regolamento Comunale che (persino) la stessa amministrazione sta pensando di rimodulare (per non essere responsabile della consegna del gioco, e della relativa utenza, alla criminalità organizzata)". Lo sottolinea l'avvocato Michele Franzoso del Centro Studi As.Tro.

"L’operatore sanitario, inoltre, nel citare i dati, ed accavallando 'stime di malati' con il 'censimento effettivo' dei pazienti, lancia un preciso allarme: 'un milione di persone sono a rischio Gap e i patologici sarebbero già 256.000' (di cui 15.000 pazienti presi in cura, mentre gli altri sono evinti non si sa come)".

Da ciò deriva "la necessità di un contenimento delle occasioni di gioco sul territorio, che, per l’incauto sanitario sarebbero solo quelle terrestri, non avendo evidentemente dimestichezza con i dati industriali, che attestano un trend di crescita dell’online (legale e illegale) destinato a far retrocedere il terrestre al secondo posto della graduatoria di raccolta entro breve (per non parlare delle ricerche Nomisma sulle preferenze di gioco online dei giovani). Il danno prodotto dal tecnico quando fa politica (tale è la natura di un intervento mascherato da scientifico, ma senza dati a supporto della tesi sull’efficacia sanitaria del regolamento di Napoli a 5 mesi dal varo), è duplice: da un lato, si pensa (e si vuol far credere) che chi distribuisce gioco legale sia un marziano, un invasore alieno al pari di un virus scappato da una provetta. Non c'è operatore di gioco legale che esiterebbe un solo minuto a far cessare l’attività, se avesse la percezione di far (veramente) ammalare un milione di persone l’anno; perché? Per il semplice fatto che non proviene da Marte, è genitore, vive nello stesso territorio in cui lavora (e dà lavoro), e sa che la sua mission è presidiare il commercio dall’insinuazione di quella illegalità che, senza di lui, avrebbe la stessa strada spianata che aveva nel 2003 (quando non c’erano dati sulla ludopatia ma 25 milioni di persone giocavano convinti in clandestinità, rifiutando il proibizionismo statale). Dall’altro lato, si pensa (e si vuol far credere) che limitando il solo gioco terrestre, 'quel milione di persone' si può salvare: e no! Troppo comodo! Se il gioco legale, controllato, autorizzato dallo Stato, rischia di far ammalare un milione di persone l’anno allora va abolito tutto e subito, senza se e senza ma; è questo che dovrebbe sostenere un tecnico della sanità, al cospetto di numeri iperbolici necessitanti di immediata quarantena”.

As.Tro pertanto "disconosce la dimensione scientifica e sanitaria dell’intervento riportato, ne rimarca la maldestra attitudine ad insinuarsi nel patinato dibattito demagogico intellettuale sul gioco lecito, e lo qualifica come presa di posizione politica, appiattita sul ritornello generalizzato, che da 3 anni pretende di far assumere al gioco legale il ruolo di colpevole vicario di ogni male del Paese. Se il gioco lecito facesse veramente un milione di ammalati l’anno sarebbe il male del Paese e andrebbe abolito tutto e subito, e non limitato a qualche ora, perché nessun sanitario accetterebbe e auspicherebbe una epidemia non sconfitta in concreto, ma solo potenzialmente ed ipoteticamente ridotta del 40-50 percento. E allora qual è la verità? Formuliamo una ipotesi, adottando un approccio laico e libero. Libero dal condizionamento etico-demagogico di dover per forza rinvenire nel gioco legale un simulacro di equitalia, ovvero un alibi per coloro che sbagliano e poi non vogliono pagare i conti dei loro errori, per sfruttare l’odiosità della riscossione coatta esercitata da uno Stato non amato, (al pari di quel gioco di Stato che la pubblicità ti spinge a praticare, ma che poi si scopre che paga sempre qualcun altro), e quindi diventare un politico che ascolta la pancia della gente. In Italia i giocatori sono 30 milioni, almeno (alcune ricerche ne contabilizzano 35), e ci sono 15.000 pazienti di Gap, metà dei quali già multi-dipendenti da sostanza e/o già attenzionati per condizioni sanitarie gestite con psico-farmaci. Il gioco, pertanto, ha mietuto non più di 8000 casi di deriva (e per milioni di altre persone è innocuo), e sicuramente costituisce uno stile di vita che non va incentivato, al pari di tutti i passatempi che non apportano un arricchimento culturale (il vero dramma del Paese è infatti la povertà culturale che tutto fa digerire alla gente, e poco le fa capire).

Detto questo, e contratta all’osso la legittimità dell’attività di promozione-pubblicità, lo Stato deve farsi carico di gestire un business che non può lasciare alla criminalità, disincentivandone l'appeal emozionale di massa e oscurandolo con la promozione dei naturali antagonisti del divertimento non virtuoso (gioco – sesso non protetto – ma anche iper-tifo calcistico, in breve ciò che ti fa sembrare grande), ovvero cultura – sport – arte – impegno civico, lealtà fiscale, rispetto della legalità (in breve i valori).
Il bivio culturale e logico dell’approccio è netto: si può anche pensare che le famiglie si sfaldino per colpa del divorzio, e che ci si rovina per colpa del gioco legalizzato alla luce del sole; oppure si può puntare su una società che abbia valori sufficientemente forti per costruire famiglie unite nel rispetto, e persone consapevoli del valore intrinseco del denaro. I primi contrastano divorzio e gioco legale, i secondi vogliono una società consapevole", conclude il legale.

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