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Numeri in gioco: come si giudica un giocatore

15 luglio 2017 - 08:36

Come si vedono i giocatori di videolottery e come credono di essere ‘visti’ dagli altri? Un duplice aspetto studiato e approfondito da Doxa che ne propone i risultati.

Scritto da Sonia Biondi, Market & Consumer Understanding Business Unit Manager Doxa
Numeri in gioco: come si giudica un giocatore

Doxa ha condotto una ricerca su circa mille giocatori di videolottery, per analizzare in modo approfondito la percezione psico-attitudinale che hanno di sé a confronto con quella che credono sia la percezione che gli altri abbiano di loro. La ricerca in oggetto ha utilizzato la tecnica del differenziale semantico per misurare i vari tipi di atteggiamenti e quantificare le reazioni emotive individuali, permettendo di monitorare gli atteggiamenti delle persone. Nell’analisi delle risposte date dai giocatori di Vlt, particolarmente interessante è il gap tra il 'come mi vedo io' e il 'come credo mi vedano gli altri non giocatori', ovvero, tradotto in psicologia sociale, tra 'come vorrei essere' e 'come invece temo di essere' (in psicologia la terza persona viene spesso utilizzata per far emergere i pensieri più inconsci, facilitando l’estrinsecazione e l’elusione delle barriere che invece susciterebbe una domanda diretta).

Il profilo che i giocatori descrivono di sé rasenta quasi la perfezione: sono buoni, coraggiosi, allegri, fidati, affidabili (tutti valori che superano l’80 percento di auto assegnazione) ma mentre si rappresentano così positivamente, inconsciamente sanno di non esserlo, affermando infatti che gli altri al contrario li considerano inaffidabili, 'malati', tristi o altro.

Ancora: sono adattati e ben inseriti nella società, colti, sicuri di sé; ma di nuovo pensano che gli altri li giudichino disadattati, insicuri e anche non troppo istruiti. Cosa ci dice tutto questo? Come ci spiega la psicologia il sé, è un concetto multidimensionale e rappresenta l’insieme di elementi a cui una persona fa riferimento per descrivere se stessa; il suo sviluppo avviene in stretta connessione con le idee dei gruppi sociali e del contesto culturale che rimanda all’individuo l’esigenza di essere una 'persona come si deve'. Il mantenimento di un equilibrio tra il 'sé reale' e il 'sé ideale' è essenziale per l’individuo, anche a costo di costruirsi una percezione di se stesso del tutto errata. Le discrepanze tra gli stati del Sé comportano un coinvolgimento emotivo dell’individuo di diversa rilevanza, maggiore è l'intensità delle discrepanze maggiore sarà il disagio emotivo associato a quella specifica discrepanza. Disagio per i giocatori, che deriva anche dalla consapevolezza della stigmatizzazione da parte della società
IL SE' IDEALE E QUELLO REALE - Una maggiore coerenza tra l’essere reale e ideale viene rilevata su altri livelli che portano all’accettazione di caratteristiche sulle quali non si riesce a simulare più di tanto neanche con sé stessi. Questa coerenza tra il 'sé reale' e il 'sé ideale' si manifesta a due livelli: il primo, che si potrebbe definire 'negativo' e tocca sfere caratteriali intrinseche, è relativo al riconoscimento di un atteggiamento piuttosto superficiale, senza troppa voglia di andare in profondità nelle cose, unito alla rassegnazione di una mancanza di ambizione o di un’ambizione soffocata che stenta ad emergere.
Elemento importante è la sensazione di non essere persone felici o soddisfatte, consapevoli di avere un carattere facilmente eccitabile e ansioso, e anche piuttosto introverse ed a poco agio in ambiti più sociali. Il secondo livello li vede al contrario boriosi, quasi a ricompensa delle ostilità dichiarate, e il gap tra l’essere e il non essere si restringe e si sovrappone a una supposta audacia, come se il giocare sia peculiarità di chi non ha paura e vuole dimostrare forza ed arroganza, piuttosto che prudenza, debolezza e remissività.
IL LIMBO DEL GIOCATORE - Il giocatore dunque vive in un limbo e mentre afferma sé stesso senza imbarazzo, mostrando l’intrepidezza delle sue azioni, o ammettendo di avere un carattere peculiare, si rinnega e si ripara dietro un’immagine riflessa che in fondo sa bene non essere la sua.

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