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Cassazione: 'Preu non versato non è peculato ma truffa allo Stato'

15 maggio 2018 - 11:48

La Cassazione evidenzia che il mancato versamento del Preu da parte degli amministratori non configura peculato ma truffa aggravata ai danni dello Stato.

Scritto da Fm
Cassazione: 'Preu non versato non è peculato ma truffa allo Stato'

 


"Ad avviso del Collegio, l'amministratore di una società gerente apparecchi per la giocate con vincite in denaro il quale non versa le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico all'Amministrazione finanziaria non commette il delitto di peculato, bensì, eventualmente, il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato o di frode informatica.
Invero, il denaro incassato all'atto della puntata, e a causa di questa, deve ritenersi non immediatamente di proprietà, pro quota, dell'erario (all'epoca dei fatti in misura pari al 12 percento degli introiti), bensì interamente della società che dispone del congegno da gioco, anche per la parte corrispondente all'importo da versare a titolo di prelievo unico erariale. Questo perché la giocata genera un ricavo di impresa sul quale è calcolato l'importo che la società deve corrispondere a titolo di debito tributario; quindi, l'impresa che gestisce il congegno da gioco non incassa neppure in parte denaro già in quel momento dell'erario, e, di conseguenza, quando non corrisponde le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico, non si appropria di una cosa altrui, ma omette di versare denaro proprio all'Amministrazione finanziaria in adempimento di un'obbligazione tributaria".


Questo il principio per cui la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte d'appello di Genova che ha confermato la dichiarazione di penale responsabilità per il delitto di peculato continuato commesso dal 2007 al 23 gennaio
2009 per gli amministratori di due società, convenzionate con enti concessionari dell'Azienda Autonoma Monopoli di Stato, per essersi appropriati - nella qualità di incaricati di pubblico servizio e terzi raccoglitori del denaro delle giocate di intrattenimento con vincita in denaro, di cui all'art. 110, commi 6 e 7, Tulps - delle somme destinate, sin dal momento dell'incasso, ai Monopoli di Stato a titolo di prelievo erariale unico (cd. Preu), avente natura tributaria, e corrispondenti al
12 percento di quanto materialmente percepito, falsificando ed alterando le comunicazioni ed i dati delle giocate.
 

Per la Corte, la sentenza va impugnata limitatamente ai medesimi reati perché estinti per prescrizione. Il giudizio a carico di uno dei due ricorrenti per il delitto di promotore, capo ed organizzatore di un'organizzazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di peculato, però, deve essere rinviato ad altra sezione della Corte d'appello di Genova per la determinazione della pena. "Ed infatti, il Collegio ritiene di non essere in condizione di determinare il trattamento sazionatorio relativo al reato
residuo, quello di cui all'art. 416, primo comma, cod. pen., anche perché lo stesso era stato ritenuto reato satellite nella sentenza impugnata, in considerazione dei limiti edittali previsti dal legislatore in ordine alle fattispecie incriminatrici dalla stessa ravvisate".
 

I giudici evidenziano l'assenza "nell'ipotesi in esame, di un presupposto indispensabile per la configurabilità del delitto di peculato: il soggetto che incassa le somme delle giocate non ha il possesso o la disponibilità di denaro altrui, ovviamente per la parte da versare all'Amministrazione finanziaria a titolo di prelievo erariale unico, ma, diversamente, è debitore nei confronti di questa in relazione ad una
obbligazione pecuniaria commisurata all'entità del denaro percepito.
Deve però precisarsi - in considerazione delle esigenze determinate dal presente giudizio, e, in particolare, della condanna a carico di uno dei ricorrenti per il reato di partecipazione ad associazione per delinquere quale capo, promotore ed organizzatore - che integra il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato la condotta dell'amministratore di una società gerente apparecchi per la giocate con vincite in denaro il quale non versa le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico all'Amministrazione finanziaria occultando la reale entità delle somme versate dai giocatori, e comunicando dati mendaci, mediante l'utilizzo di due schede, una cd. 'clone' sistemata, al posto di quella originale, in congegni collegati alla rete telematica dell'Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato, ed adoperata per contabilizzare le giocate effettive, e l'altra, quella originale, sulla quale sono contabilizzate solo alcune giocate, o delle giocate 'fittizie', comunicate attraverso la rete telematica ai fini del computo del prelievo unico erariale".
 
 
"L'esclusione della configurabilità della fattispecie di peculato per i fatti così sussunti nella sentenza impugnata, e la ridefinizione giuridica degli stessi nello schema della truffa aggravata ai danni dello Stato impone di rilevare l'estinzione dei reati così giuridicamente ridefiniti per prescrizione, essendo gli stessi commessi fino al gennaio 2009, e non risultando intervenute sospensioni del decorso della causa estintiva.
Questa evenienza rende superfluo, impraticabile in questa sede o privo di contenuto l'esame degli altri motivi di ricorso", concludono i giudici.
 
 

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