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Gestione mafiosa slot, Cassazione: 'Resta in carcere sodale clan Messina'

09 settembre 2019 - 10:43

La Cassazione conferma la custodia in carcere per imprenditore che ha stretto patto con il clan Messina per la gestione delle slot sul territorio.

Scritto da Fm
Gestione mafiosa slot, Cassazione: 'Resta in carcere sodale clan Messina'

“Disattesa, sulla scorta di tali elementi, la prospettazione difensiva secondo la quale l'uomo sarebbe stato una 'vittima' di attività estorsive dell'organizzazione mafiosa, il tribunale ha ritenuto che le dazioni monetarie rivolte in favore del Messina costituissero la remunerazione dell'impegno prestato dalla organizzazione da questi diretta in adempimento del patto di protezione siglato tra l'imprenditore e la mafia in funzione della gestione, in regime di sostanziale monopolio, del settore delle slot-machines”.

 

Così la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da un imprenditore operante nel settore delle slot/machine contro l'ordinanza con cui il Tribunale di Palermo aveva disposto per lui la misura cautelare della custodia in carcere in relazione alle contestazioni provvisorie dei delitti di partecipazione ad associazione di tipo mafioso e di concorso in estorsione aggravata dall'utilizzazione del metodo mafioso e dal fine di agevolare un organizzazione mafiosa.

 

 

Secondo le ricostruzioni del tribunale, avvalorate da alcune intercettazioni, l'uomo, pur se figurante come dipendente di una società operante nel settore dei giochi, intestata al nipote, aveva “stretto un patto sinallagmatico con l'articolazione di 'Cosa Nostra' costituita dalla cosca della quale Messina Dario era il reggente, avente sede in Mazara del Vallo ma operante in varie città del trapanese, in forza del quale, provvedendo a periodiche rimesse di denaro in favore dell'associazione criminale, avesse esteso la propria attività economica fino ad acquisire una posizione dominante nella collocazione presso gli esercizi pubblici della zona dei detti apparecchi elettronici di intrattenimento, a discapito degli imprenditori operanti nel medesimo settore merceologico che non godevano di alcuna protezione mafiosa”.
 
 
Nel contesto di tale egemonizzazione, riporta ancora la sentenza, “avrebbe, altresì, trovato spiegazione l'episodio che aveva visto il reggente Messina scendere in campo personalmente per costringere i titolari di un bar di Marsala a desistere dal sostituire gli apparecchi elettronici forniti dalla società di giochi con altri forniti da una ditta gelese, così producendosi, per effetto della implicita minaccia derivante dal carisma criminale del Messina, in capo all'uomo i un ingiusto profitto, con pari danno per le vittime, vulnerate nella loro possibilità di esercitare liberamente la propria autonomia negoziale”.
 

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