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Tar Lazio: 'Carattere facoltativo non inficia la bontà dell'App Smart'

27 gennaio 2020 - 09:52

Il Tar Lazio boccia il ricorso di alcuni concessionari contro l'applicativo Smart per il monitoraggio dei flussi di gioco legale, il commento dei legali.

Scritto da Francesca Mancosu
Tar Lazio: 'Carattere facoltativo non inficia la bontà dell'App Smart'

"Il ricorso è privo di fondamento".

Non fa sconti il verdetto del Tar Lazio sul ricorso proposto da alcuni concessionari del gioco legale  contro Smart, l'applicativo dell'Agenzia dogane e monopoli e Sogei per monitorare i flussi dei giochi legali sui territori dei Comuni e in particolare contro le modalità tecniche di abilitazione e di accesso all’applicativo, il numero di utenze attivabili per ogni Comune e i requisiti di sicurezza ed informatici necessari, oltre che fornite “ulteriori specifiche tecniche circa i dati disponibili sul suddetto applicativo e le anomalie rilevabili rispetto agli orari di funzionamento previsti dalle normative locali”. 

 

"È evidente che l'applicativo rappresenta un mero strumento funzionale ad assicurare i dati necessari agli Enti locali per poter verificare il rispetto degli orari di funzionamento degli apparecchi in questione nel proprio territorio", esordiscono i giudici.
"Risulta, pertanto, del tutto inconferente la doglianza con cui si mette in discussione la stessa individuazione degli orari in questione, contestandone le modalità, a tal fine invocandosi il ruolo di garante di una disciplina uniforme sul territorio nazionale in capo all’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
In proposito si assume in ricorso che l’Agenzia non avrebbe potuto acquisire gli orari di funzionamento decisi dai singoli Comuni, essendo necessario dare attuazione all’intesa stipulata in data 7.9.2017 tra Governo, Regioni ed Enti locali, in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell’art. 1, comma 936, della legge n. 208 del 2015. È evidente che con questa censura s’intende nuovamente contestare il potere di stabilire gli orari di funzionamento degli apparecchi in parola esercitato dai sindaci. Ma evidentemente non è questo l’oggetto del provvedimento impugnato, il quale anzi presuppone l’avvenuta adozione delle singole discipline in materia da parte dei Comuni che intendano avvalersi dell’applicativo de quo", si legge nella sentenza.
 
Secondo quanto affermato dai concessionari, "il sistema approntato dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli violerebbe il riparto di competenze fra Amministrazione centrale ed Enti locali, rilevandosi che i Comuni si limiterebbero ad inserire gli orari imposti con i rispettivi provvedimenti, mentre l’applicativo e, dunque, di fatto l’Amministrazione concedente, estrapolerebbe tutti i dati relativi agli orari di funzionamento degli apparecchi e soprattutto segnalerebbe le anomalie.
In realtà, come ha correttamente osservato la difesa erariale, l’Agenzia si limita a mettere a disposizione, in mera ottemperanza ad un obbligo di legge, i dati di cui è in possesso per consentire il controllo sul rispetto della normativa in materia di fasce orarie di gioco.
Si tratta, perciò, di un mero strumento di ausilio all’accertamento, attraverso l’incameramento e la successiva segnalazione dei dati oggettivi di funzionamento degli apparecchi in orari vietati, appunto le cd. anomalie.
È evidente, tuttavia, che sarà poi ogni singolo Comune, una volta ottenuti i suddetti dati, a contestare la violazione ed eventualmente a irrogare la sanzione, all’esito di un apposito procedimento sanzionatorio".
 
 
Bocciato anche il motivo di ricorso con cui i concessionari sostengono che "dal momento che l’applicativo segnala le anomalie degli apparecchi, ossia il fatto che essi risultino funzionanti nell’ambito degli orari, in cui, viceversa, dovrebbe risultare inibita la loro operatività, la comunicazione determinerebbe la sostituzione dell’accertamento 'fisico' ed in contraddittorio con l’operatore, previsto dal modello tradizionale di cui all’art. 7 bis Tulps".
Al riguardo, proseguono i giudici amministativi, "non può che ribadirsi quanto già sinora evidenziato, vale a dire che l’applicativo in parola costituisce solo uno strumento assicurato ai Comuni per fornire agli stessi dei meri dati oggettivi, fermo restando che poi i preposti uffici dovranno eseguire gli accertamenti del caso e valutare eventuali giustificazioni prodotte dai soggetti interessati.
Gli Enti locali sono chiamati a monte ad inserire gli orari di funzionamento consentiti, operazione necessaria e prodromica per accertarne l’eventuale violazione, e hanno accesso esclusivamente alla forniture dei dati ed alle funzionalità di monitoraggio relative agli orari di funzionamento degli apparecchi Vlt ubicati nel proprio territorio (art. 2, comma 2).
Differentemente da quanto dedotto in ricorso, nessuna illegittimità di ravvisa nella previsione che siano appunto i Comuni ad inserire i dati degli orari di funzionamento. In questo caso in ricorso si considera l’ipotesi – patologica – di eventuali errori di inserimento, che attengono eventualmente all’operazione concreta e che sono imputabili a coloro che materialmente la pongono in essere, ma ciò non vale certamente ad inficiare la legittimità del provvedimento.
In caso di contestazione di violazioni che, alla luce di acclarati errori, dovessero risultare insussistenti, i soggetti interessati potrebbero sempre farli valere, così come avviene sempre quando vi siano degli errori.
Peraltro non si comprende quale altro soggetto dovrebbe provvedervi: correttamente ciascun Comune ottiene l’abilitazione ad accedere all’applicativo e inserisce gli orari di funzionamento, nonché nel tempo poi eventuali loro modifiche.
Va poi detto che, diversamente da quanto pure sostenuto dalla parte ricorrente, il carattere facoltativo dell’utilizzo del sistema non rappresenta un suo limite e non lo inficia, proprio perché esso si limita a fornire uno strumento di rilevamento di scostamenti dagli orari di funzionamento prescritti: ciascun Comune che abbia ex ante circoscritto entro determinati ambiti orari il funzionamento delle apparecchiature di gioco può decidere di avvalersene o meno, stante appunto il suo carattere meramente strumentale alla sua attività di controllo, e non per questo la situazione deve ritenersi diversa rispetto a quella di altro Comune che non intenda beneficiarne e ciò deve ritenersi rilevante".
 
IL COMMENTO DEL LEGALE – La sentenza, ovviamente, non è stata ben accolta dei concessionari, che la commentano attraverso uno dei loro legali. "Sicuramente non è stato colto lo spirito del ricorso: non si intendeva mettere in discsussione la potestà dei Comuni di impartire disposizioni sugli orari, ma il fatto che i Monopoli di Stato mettano a disposizione un applicativo che finisce per fare propri gli orari decisi dagli Enti locali nonostante dovrebbe farsi garante dell'uniformità degli orari sul territorio.
Non convince poi la parte della sentenza relativa alla segnalazione, perché secondo il Tar se l'Ente locale si avvale solo dell'applicativo per irrogare poi le sanzioni questo è un problma di come utlizza l'applicativo, mentre secondo noi non è stata affrontata la questione a monte, cioè che l'applicativo non dovrebbe proprio inviare la segnalazione sull'orario.
Infine, si dovrebbero considerare anche gli aspetti tecnici sollevati sulle problematiche di accensione e spegnimento degli apparecchi, a cui è ancorata l'irrogazione delle sanzioni. Questione che non è stata vagliata approfonditamente".
Resta da valutare il prosieguo del giudizio.
 

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