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Riaperture giochi, scienza e buon senso contro restrizioni ed eccessi

17 maggio 2021 - 08:20

Riaprire in sicurezza senza indugio per uscire dalla pandemia ma senza dover richiudere immediatamente per i distanziometri espulsivi delle leggi regionali. Il punto dell'avvocato Geronimo Cardia.

Scritto da Geronimo Cardia, founder e partner GcLegal
Riaperture giochi, scienza e buon senso contro restrizioni ed eccessi

Nel giorno in cui il Governo è chiamato a valutare (anche) la riapertura dei giochi, proponiamo un articolo pubblicato sul numero di maggio della rivista Gioco News, a firma dell'avvocato Geronimo Cardia, founder di GcLegal, nel quale vengono fornite motivazioni concrete non solo dal punto di vista logico ma anche da quello scientifico e giurisprudenziale.

 

In questi giorni si fa giustamente un gran parlare non solo delle chiusure imposte al comparto dalla normativa nazionale per la pandemia ma anche delle espulsioni radicali dell’offerta pubblica di gioco provocate dai distanziometri delle norme regionali, si pensi a quelle di Piemonte e Lazio ma anche di Bolzano.

Questa sala deve riaprire, anzi no, anzi sì, anzi no. Ma allora?

A tale proposito il Tar di Bolzano ha di recente accolto un’istanza cautelare di una sala del territorio con un iter motivazionale importante secondo cui appare ritenuto che “il gravame introdotto in giudizio non sia privo di elementi di fumus boni iuris, in riferimento, in particolare, ai profili di doglianza concernenti il c.d. “effetto espulsivo” determinato dalla norma sul distanziometro (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, decreti n. 2349/2019, n. 2350/2019 e n. 2351/2019, emanati nell’ambito del ricorso per revocazione avverso la sentenza n. 1618/2019 della Sezione VI del Consiglio di Stato), e ritenuto, inoltre, che sussista il pregiudizio lamentato, atteso che l’esecuzione in parte qua dell’impugnato provvedimento comporta la chiusura della predetta sala” (cfr., in particolare, Ordinanza Cautelare pubblicata il 15 aprile 2021 n. 47/2021 Reg Prov.Cau., ricorso 54/2021 Reg. Ric).
Il provvedimento è interessante perché con riferimento alla medesima sala nel 2016 alcuni ricorrenti chiedevano al Tar la chiusura per violazione del distanziometro, mentre Provincia e Comune ritenevano dovesse rimanere aperta (ricorso Tar Bolzano RG. 299/2016), il Tar stabiliva che dovesse chiudere solo la parte delle Vlt ma dovesse rimanere aperta quella delle AWP (sentenza Tar Bolzano n. 200/2020), nel ricorso al Consiglio di Stato fatto dall’operatore la Provincia continuava a sostenere che la sala dovesse rimanere aperta mentre il Comune riteneva di cambiare posizione sostenendo l’opportunità della chiusura (ricorso Consiglio di Stato RG 6574/2020), nelle more della discussione nel merito al Consiglio di Stato il Comune decideva di emettere un ordine di chiusura della sala che veniva poi impugnato con il ricorso che ha portato poi alla sospensione del provvedimento in questione. Ma la sala, nonostante l’ordine di riapertura del Tar non potrà intanto riattivare la sua sala con le AWP perché comunque al momento vigono i provvedimenti di chiusura per la pandemia.
Quali riscontri abbiamo dalle chiusure?
È evidente che le due questioni sono dunque legate. Ma è altrettanto evidente che quando si uscirà dall’emergenza sanitaria, si dovranno fare i conti con le chiusure della cosiddetta "Questione territoriale". Ebbene, sono molti i numeri che sono stati riportati quali conseguenze delle restrizioni imposte e spesso si sente dire che con le restrizioni sia diminuito il volume di gioco pubblico complessivo.
Una cosa è certa, ogni studio al riguardo dovrebbe tenere in chiara considerazione la variabile dello sversamento della domanda di gioco, che comunque esiste (come esisteva prima della decisione dello Stato di procedere con una regolamentazione e misurazione del fenomeno), nell’offerta del circuito illegale.   Ed ogni studio dovrebbe anche tenere conto dei numeri relativi al sommerso o meglio al fenomeno della “reimmersione”, provocato dalla proibizione di fatto imposta anche dalle norme locali che, va detto chiaramente, sopraggiunge rispetto ad una chiara e severa regolamentazione di ormai 15/20 anni che sino ad oggi ha invece portato con tanta fatica alla luce quello che ancora prima del 2000 era un sommerso veramente importante.
Ma se da un lato c’è chi declina vantaggi in realtà non dimostrati del lockdown, dall’altro, va ricordato il coro delle Istituzioni, sia regionali che nazionali, sia legislative che giudiziarie, che ad oggi hanno dimostrato con fatti concreti di condividere l’inopportunità e la dannosità delle chiusure totali, agendo nella direzione della riapertura e della soluzione della questione territoriale, nonostante si operi in un contesto in cui non sono pochi i cortocircuiti che si registrano.
Il 50 percento degli enti territoriali del Paese è in qualche modo tornato sui propri passi.
Partiamo dai segnali chiari dati dalle realtà istituzionali regionali e provinciali che hanno dimostrato consapevolezza del fenomeno: 10 realtà territoriali su 21 (tra Regioni e Provincie autonome) hanno deciso, nel pieno della consapevolezza dell’esistenza in concreto dell’effetto espulsivo e delle sue conseguenze, di operare degli autentici revirement, così sterilizzando e rimodulando distanziometri espulsivi inizialmente concepiti dalla legislazione dei propri territori anche facendo salve le realtà preesistenti (cfr., in particolare, sul punto “Una questione di tecnica – il vero cambiamento, sulla Questione territoriale, potrebbe passare per una consapevole proroga tecnica finalizzata a trovare la giusta misura. Come si evince dal caso della Puglia”, Gioconews 12/2018; “Se non è riordino è retromarcia – Il riordino del comparto passa per i revirement delle Regioni responsabili”, Gioconews 9/2019; “Il riordino nazionale spinto dai territori – prosegue la marcia delle Regioni responsabili per una regolamentazione sostenibile”, Gioconews 3/2020”;   “Meglio tardi che fuori” – un altro revirement (responsabile) dal territorio, per evitare le conseguenze dannose dei distanziometri espulsivi che non assicurano il contrasto al disturbo da gioco d’azzardo, Gioconews 10/2020).
Questo significa che circa il 50 percento degli enti territoriali del Paese in qualche modo ha ritenuto di compiere una scelta di regolamentazione, di contrasto al disturbo al gioco d’azzardo ma allo stesso tempo di presidio dei territori con la presenza di un’offerta pubblica anche attraverso le realtà preesistenti.
 
Governo, Amministrazione, Legislatore e Giurisprudenza sono consapevoli.
Vi è poi una piena consapevolezza di tali aspetti anche nel Governo e nell’Amministrazione di riferimento.   E non certo perché nel libro “La Questione territoriale. Il proibizionismo inflitto al gioco legale dalla normativa locale” nella sua prefazione il sottosegretario al ministero dell’Economia e delle Finanze al tempo con delega ai giochi, Pier Paolo Baretta, definisce già dal 2016 esaustiva la panoramica del fenomeno rappresentato ma soprattutto perché sono numerosi i tentativi di riordino che sono stati in effetti portati avanti (cfr., in particolare, sul punto “È tempo di riordino – I riordini nazionali del gioco pubblico in Italia negli anni solo annunciati”, “Tante ragioni un solo obiettivo – Il nuovo cigno nero planetario, quello pandemico, consentirà il riordino del gioco pubblico in Italia nel 2021?”, Gioconews 1/2021)
Ed ancora la piena consapevolezza che siffatte norme di fatto proibitive rappresentino un problema e non una soluzione si coglie anche da parte del Legislatore che in numerose occasioni ha imposto a Stato e Regioni di sedersi attorno ad un tavolo per trovare una soluzione modificativa, come da ultimo fatto nell’Intesa voluta con la Legge di Bilancio approvata a dicembre 2015, faticosamente raggiunta solo a settembre 2017 con l’Intesa ad oggi ancora inspiegabilmente non attuata.
Da ultimo non può non ricordarsi la piena consapevolezza anche da parte della Giurisprudenza che al riguardo è vero che stenta a dare un giudizio di rimessione alla Corte costituzionale dell’effetto espulsivo dei distanziometri regionali ma è altrettanto vero che in taluni casi, soprattutto per le misure concepite a livello comunale, non manca di censurare distanziometri non motivati, ritenuti ictu oculi esageratamente sovra-dimensionati, che lasciano intendere di essere quindi totalmente espulsivi, e con conseguenze di divieto assoluto non preventivamente verificate dalle amministrazioni (come i casi di Livorno, Bologna e Medole). Così come è vero che il Consiglio di Stato con due pareri interlocutori del 27 marzo 2019 (nn. 1057/2019 e 1068/2019) non ha mancato di indicare al ministero delle Finanze l’inopportunità di procedere con l’espletamento delle gare per l’assegnazione delle nuove concessioni per le verticali distributive on-site di Bingo e Scommesse, non essendo ancora stata risolta la “questione territoriale”, intesa come impossibilità oggettiva di mettere a terra i punti assegnati in ragione dei distanziometri espulsivi.
 
Ma per la soluzione si registra un vero e proprio corto circuito istituzionale.
 
Il problema è dunque chiaro e noto alle Istituzioni rappresentative dei diversi poteri dello Stato. Più complicata è invece la definizione della soluzione concreta per i troppi tentennamenti che vanno comunque registrati di volta in volta, nonostante l’urgenza che il caso richiede e per questo ogni tanto si sente parlare di un vero e proprio corto circuito dal quale certamente occorre uscire.
 
Le valutazioni del buon senso.
 
Se poi si vuole accedere ad una valutazione non giuridica, ma legata al buon senso, andando a vedere le regole imposte per la distribuzione di altri e diversi prodotti/servizi delicati o vietati ai minori non si trovano regolamentazioni di distanziometri da luoghi sensibili, si trovano eventualmente distanze “tra punti di distribuzione” che sono evidentemente concepite, certamente per evitare concentrazioni, ma anche e soprattutto per assicurare un’occupazione capillare e non disomogenea che assicuri quindi, con la presenza di un prodotto di Stato, un presidio di legalità dei territori.
 
Il buon senso poi suggerisce di riflettere sul fatto che ad esempio la distanza di 200 metri o 500 metri da una chiesa di una pasticceria certamente non farebbe desistere dalla convinzione di comprare le paste per la famiglia la domenica mattina.  Se poi la pasticceria si trovasse confinata in un’altra città, certamente si troverebbe il modo di accedere alla vendita presso le bancarelle (autorizzate o meno) o ci si organizzerebbe per produrre in casa i dolci che si cercano o si ricorrerebbe ai grandi distributori del web.  In ogni caso, quello che è certo è evidente che non sparisca la domanda di paste a pranzo la domenica solo per la presenza di una siffatta ipotetica limitazione.
 
Altro dubbio posto dal buon senso è quello della individuazione dei luoghi sensibili, posto che non sfuggirà che ogni individuo da proteggere oltre a frequentare un luogo eventualmente sensibile certamente si troverebbe a frequentare prevalentemente la propria abitazione accanto alla quale per lo schema teorico del distanziometro potrebbe trovarsi un punto di distribuzione.  Vi è il dubbio che lo schema teorico implementato le prime volte dagli Enti locali sia stato infelicemente mutuato dal principio applicato anni prima dalla stessa normativa locale per mettere, in quel caso sì giustamente, delle distanze tra l’installazione delle antenne dei telefoni cellulari e luoghi in cui le persone si trovino a permanere per periodi prolungati (come ospedali, chiese etc) e che poi abbia continuato ad aggiungere luoghi su luoghi fino a rendere di fatto vietato ogni angolo del territorio.
 
Andando oltre al buon senso, esistono anche delle ampie e puntuali argomentazioni scientifiche a supporto delle stesse questioni, con la Scienza che da sempre esprime una perplessità profonda rispetto al distanziometro. 
 

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