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Limiti gioco Reggio Emilia, As.tro: 'A rischio il 50-80 % degli occupati'

08 luglio 2021 - 12:34

L'associazione As.tro invia al Comune di Reggio Emilia osservazioni sui possibili effetti dell'ordinanza oraria sul gioco in via di emanazione e chiede soluzione che tuteli salute e lavoro.

Scritto da Redazione
Limiti gioco Reggio Emilia, As.tro: 'A rischio il 50-80 % degli occupati'

"La nostra associazione auspica la possibilità di un suo coinvolgimento, anche attraverso un apposito incontro, prima dell’adozione definitiva dell’ordinanza sindacale, in modo che possa trovarsi una soluzione equilibrata che consenta un adeguato bilanciamento tra l’interesse alla tutela della salute e quello della salvaguardia delle imprese e dell’occupazione".

Lo scrive l'avvocato Massimo Piozzi del Centro Studi As.tro nelle osservazioni inviate al Comune di Reggio Emilia in vista dell'’emanazione dell’ordinanza sindacale prevista dall’articolo 7 del regolamento sul gioco che introduce la possibilità di limitare gli orari di accensione degli apparecchi, dopo l'approvazione del 21 giugno e dopo l’incontro del 23 giugno in seno al Tavolo unico di coordinamento del commercio promosso dall'Ente, che ha segnato l'avvio di un'istruttoria sul provvedimento.

OSTACOLI GIURIDICI AD UN’INDISCRIMINATA LIMITAZIONE DEGLI ORARI DELLE ATTIVITÀ DI GIOCO - Secondo quanto si legge nelle osservazioni inviate da As.tro, "è opportuno tener presente che l’attività di gioco lecito è esercitata per conto dello Stato sulla base di un modello concessorio che si articola in una filiera che coinvolge diversi soggetti imprenditoriali: gli stessi concessionari, i proprietari degli apparecchi da intrattenimento (c.d. 'gestori'), i titolari di sale giochi nonché degli esercizi commerciali aventi attività prevalente diversa da quella dell’offerta di gioco.
Tutti i soggetti coinvolti possono esercitare queste attività in forza di specifiche autorizzazioni rilasciate sia dalla Agenzia delle dogane e dei monopoli (attraverso l’iscrizione nell’apposito Registro che richiede il possesso e il mantenimento di stringenti requisiti in termini di assenza di precedenti penali e di certificazioni antimafia) nonché dagli organi di Pubblica sicurezza (ai sensi dell’art. 88 del Tulps) e dai Comuni (ai sensi dell’art. 86 del Tulps).
In altri termini, vi è un sistema di controlli a monte che attribuisce ai soggetti che esercitano l’attività di gioco un’aspettativa tutelabile a svolgere un’attività economicamente remunerativa: 'al riguardo si osserva che la riduzione degli orari di gioco non deve mai spingersi a cancellare il valore economico della concessione (…) è comunque necessario trovare un equilibrio che massimizzi l’interesse pubblico riducendo al minimo le perdite per i privati e di conseguenza delle finanze pubbliche (Tar Lombardia Sez. di Brescia – sentenza n. 511/2021)'.
1.1. L’intesa del 7 settembre 2017 raggiunta in sede di Conferenza Unificata in attuazione di quanto previsto dall’art. 1, comma 936 della legge 208/2015.
L’Intesa richiamata ha fissato un tetto massimo di sei ore giornaliere per l’interruzione delle attività di gioco.
Ha inoltre previsto che 'la distribuzione oraria delle fasce di interruzione del gioco va definita, con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Questo perché, alla base del sistema che pone il gioco sotto l’egida pubblica, soggiace anche l’interesse erariale dello Stato.
In mancanza dell’emanazione del decreto ministeriale attuativo dell’Intesa, si è discusso della sua effettiva cogenza.
Dopo un iniziale orientamento giurisprudenziale che negava qualsiasi efficacia ai contenuti dell’Intesa, sta emergendo un orientamento giurisprudenziale di senso contrario, inaugurato dalla sentenza del Tar Lazio n. 1460/2019, la quale, in merito all’efficacia della suddetta Intesa e all’ampiezza del potere dei Sindaci nello stabilire limitazioni orarie all’attività di gioco, si era pronunciato esprimendo i seguenti principi, in questa sede sinteticamente riportati: 1) In attesa che intervenga il previsto decreto di recepimento dell’Intesa, la stessa riveste la valenza di una norma di indirizzo per l’azione degli Enti Locali costituendo, al contempo, un parametro di legittimità dei provvedimenti da essi adottati; 2) ciò implica che le indicazioni contenute nell’Intesa possono essere disattese solo laddove il Comune dimostri, in sede di motivazione, l’esistenza di particolari situazioni o fenomeni, legati allo specifico contesto del proprio territorio che rendano necessario adottare soluzioni diverse dalla disciplina destinata a trovare applicazione sul piano nazionale; 3) inoltre, l’Intesa tutela anche lo spazio di autonomia e di competenza di ciascun livello di governo coinvolto e, a tal fine, essa subordina la definizione della distribuzione giornaliera dell’orario del gioco ad una previa intesa con l’Adm, portatore dell’interesse a salvaguardare le ragioni erariali connesse al gioco lecito; 4) pertanto, l’acquisizione dell’intesa con l'Adm costituisce una regola procedurale, espressione del più generale principio di leale collaborazione, con la conseguenza che la sua violazione determina l’illegittimità del provvedimento adottato.
Tali principi sono stati ribaditi anche dalla pronuncia della 1^ Sezione del Consiglio di Stato n. 1418/2020 che si è espressa nell’ambito di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica: '(…) Pur non rivestendo, quindi, l’Intesa, valore cogente – per non essere stata ancora recepita – la stessa assume la valenza di norma di indirizzo per l’azione degli Enti locali, costituendo al contempo parametro per valutare la legittimità dei provvedimenti dagli stessi adottati (…)'.
Nel più recente parere n. 1143/2021 (pubblicato il 2 luglio 2021), il Consiglio di Stato, facendo espresso richiamo al parere n. 1418/2020, ha fatto propri i principi ivi espressi, ribadendo inoltre la necessità che le 'misure fortemente restrittive dell’attività di impresa siano supportate da adeguata e puntuale istruttoria'.
Sul punto è intervenuto il ministero dell’Interno con la Circolare n. 557/PAS/U/015223/12001 del 6 novembre 2019, il quale, esprimendo la piena condivisione dei principi suesposti, ha raccomandato ai prefetti di rendere partecipi i Comuni delle rispettive Provincie della necessità di tener conto, in uno spirito di leale collaborazione, di detti principi".

RICADUTE OCCUPAZIONALI - "L’emanazione di un’ordinanza troppo restrittiva, nel senso di prevedere la chiusura delle attività di gioco per più di sei ore giornaliere (parametro individuato, come punto di equilibrio, dalla Conferenza Stato-Regioni Enti Locali, v. infra), comporterebbe, per le poche sale giochi che dovessero riuscire a sopravvivere nonostante la rilevante perdita di redditività conseguente ad un intervento di tale natura, la necessità di sacrificare dal 50 all’80 percento del personale attualmente in organico (l’ipotesi dell’80 percento di perdite occupazionali certe è quella che conseguirebbe se venissero accolte le proposte proveniente dal Consiglio che prevedono dalle quattordici alle sedici ore di
chiusura giornaliera)", si legge ancora nelle osservazioni inviate dall'associazione.

GAP, INEFFICACIA DELLE RESTRIZIONI ORARIE - "Non è in alcun modo dimostrato che la riduzione dell’orario possa arrecare benefici in termini di riduzione dei fenomeni di dipendenza legati al gioco che, al contrario, numerosi studi hanno dimostrato essere del tutto inefficace se non addirittura controproducente, come, ad esempio, quello condotto dalla psichiatra dottoressa Sarah Viola, consulente tecnico d’ufficio presso il Tribunale di Bergamo, già direttore scientifico del Centro di psicologia clinica presso la Casa di cura San Francesco di Bergamo, responsabile del Reparto Dca dell’Ospedale Sant’Isidoro di Trescore Balneario (BG) e giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni di Bergamo", ricorda As.tro.
"La nostra associazione, prendendo spunto dai numerosi studi condotti dalla dottoressa Viola sul tema della dipendenza da gioco, le ha commissionato un apposito pare scritto che provvederemo ad inviarvi non appena ci verrà consegnato".
 
CONSEGUENZE SUL FRONTE DELLA TUTELA DELLA LEGALITÀ - "Non si può negare che il gioco pubblico legale costituisca un presidio di legalità e quindi che, come dichiarato dal Procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho - 'intervenire vietando di fatto di giocare legalmente (…) spalanca praterie per il gioco illegale').
Quindi ogni spazio lasciato libero da questa tipologia di offerta, per effetto di restrizioni normative aventi effetti economici non sostenibili dalle imprese legali, viene immediatamente occupato dall’offerta illegale, spesso in mano alla criminalità organizzata, la quale non soggiace alle norme poste tutela del giocatore, a quelle che vietano l’accesso al gioco ai minorenni e, inoltre, non rispetta alcun obbligo fiscale.
Ciò trova conferma anche nella relazione, recentemente pubblicata, redatta dal Comitato per la prevenzione e la repressione delle attività predatorie della criminalità organizzata durante l’emergenza sanitaria, istituito presso la Commissione Parlamentare antimafia e presieduto dall’onorevole Paolo Lattanzio, dalla quale emerge che, con l’inibizione dell’offerta legale, 'la domanda di gioco resta stabile e rischia di spostarsi sul terreno delle gestioni illegali guidate dalla criminalità organizzata'", si legge ancora nelle osservazioni inviate al Comune di Reggio Emilia.

LE FASCE ORARIE DI INTERRUZIONE DEL GIOCO NON SIANO SPEZZETTATE - "Oltre alla necessità di salvaguardare la sostenibilità economica per le aziende di gioco delle restrizioni orarie, evitando provvedimenti paradossali come quelli che concentrano l’interruzione nelle ore diurne (consentendo il gioco soltanto nelle ore notturne), occorre anche evitare gli 'spezzettamenti' delle fasce orarie.
Si è osservato infatti che alcuni Comuni, pur rispettando il tetto massimo di sei ore giornaliere di interruzione, distribuiscono questo monte ore in diverse fasce, di poche ore ciascuna, distribuite nell’arco delle 24 ore.
Una tale scelta è innanzitutto controproducente dal punto di vista della lotta alla ludopatia, in quanto la ristrettezza dei tempi in cui è consentito giocare tende ad alimentare le pulsioni compulsive del giocatore problematico, il quale è portato a cercare di ottenere il massimo risultato nel poco tempo che gli è consentito e, durante tale spazio temporale, tende ancor di più a dissociarsi dal contesto circostante", evidenzia l'associazione.
"Inoltre, le interruzioni a 'singhiozzo' degli orari durante i quali è consentito giocare rendono impossibile, per gli esercizi dedicati, organizzare i turni di lavoro nel rispetto delle normative e dei contratti collettivi che disciplinano gli orari di lavoro, siano essi part time o a tempo pieno. È inoltre evidente che una limitazione degli orari di eccessivamente penalizzante da un punto di vista della redditività dell’impresa si ripercuote sull’entità delle risorse disponibili per sostenere le retribuzioni dei dipendenti presenti in organico al momento dell’introduzione di tali limitazioni".
 
UNA POSSIBILE SOLUZIONE DI EQUILIBRIO - Infine, "fermi restando i dubbi sull’utilità di tale strumento nella lotta alla ludopatia e, comunque, la necessità di rispettare quei parametri giuridici sopra specificati, una soluzione equilibrata potrebbe consistere in una differenziazione degli orari tra gli esercizi che esercitano l’offerta di gioco come attività prevalente (le sale giochi e le sale Vlt) e quelli che invece la esercitano come attività secondaria (come, ad esempio, i bar e le tabaccherie).
Infatti, mentre i primi si sostentano con la sola attività di gioco, e quindi subiscono maggiori conseguenze – in termini economici ed occupazionali – dalle limitazioni orarie, i secondi, pur subendo anch’essi, per effetto di tali limitazioni, una diminuzione della loro capacità reddituale, possono beneficiare dei ricavi derivanti dall’attività prevalente".
 
 

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