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Basilicata, CdM impugna la legge regionale sul gioco

23 settembre 2017 - 11:17

Il consiglio dei ministri esamina la nota di aggiornamento del Def e impugna la legge regionale della Basilicata sul gioco.

Scritto da Anna Maria Rengo
Basilicata, CdM impugna la legge regionale sul gioco

Il consiglio dei ministri, convocato il 23 settembre per esaminare, principalmente, la nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2017, ha deciso di impugnare la legge della Regione Basilicata n. 19 del 24/07/2017, recante “Collegato alla legge di stabilità regionale 2017” che reca disposizioni anche sul gioco. Motivi dell'impugnazione, il fatto che alcune norme in materia di governo del territorio e pianificazione paesaggistica violano la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Altre norme in materia di interventi edilizi invadono la competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile e penale e violano l’articolo 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione. Altre norme ancora in materia sanitaria violano l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, contrastando con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute. Ma ce n'è anche per il gioco: "ulteriori norme, riguardanti la distribuzione e l’esercizio delle sale da gioco, violano l’art. 117, comma 2, lett. h)", invadono infatti "la competenza statale in materia di ordine pubblico e sicurezza".

L'articolo sui ci si riferisce è il numero 45, recante modifica all’art. 6 della legge regionale 7 ottobre 2014, n. 30 “Misure per il contrasto della diffusione del gioco d'azzardo patologico (Gap)” e s.m.i., e che recita:

"1. All’articolo 6, comma 2 della legge regionale 7 ottobre 2014, n. 30 e s.m.i., dopo le parole 'nel caso di ubicazioni in un raggio', sopprimere la parola 'non'. 

2. Il precedente comma non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale.

IL COMMA IMPUGNATO - Tale comma, riferito all'articolo relativo all'apertura ed esercizio delle attività, era dunque stato così modificato: "Fuori dai casi previsti dall'articolo 110, comma 7, del r.d. 773/1931, l'autorizzazione all'esercizio non viene concessa nel caso di ubicazioni in un raggio (non) inferiore a cinquecento metri, misurati per la distanza pedonale più breve, da istituti scolastici di qualsiasi grado, luoghi di culto, oratori, impianti sportivi e centri giovanili, centri sociali o altri istituti frequentati principalmentte da giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale e, inoltre, strutture ricettive per categorie protette. L'autorizzazione è concessa per cinque anni e può essere chiesto il rinnovo dopo la scadenza".

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