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Lanièce: 'Ripartizione entrate gioco, si pensi agli enti locali'

27 gennaio 2018 - 11:15

Il senatore Albert Lanièce auspica che nella ripartizione delle entrate si tenga conto delle esigenze degli enti locali.

Scritto da Anna Maria Rengo
Lanièce: 'Ripartizione entrate gioco, si pensi agli enti locali'

Non c'è solo il “come” dimezzare il numero totale degli attuali punti di gioco, a tenere banco nella politica governativa centrale e nei suoi difficili rapporti con quella territoriale. E le problematiche legate al decreto attuativo dell'intesa sul riordino dell'offerta di gioco, raggiunta in Conferenza unificata ormai nel settembre dello scorso anno, si sono intrecciate con le richieste emerse, soprattutto in Senato ma anche alla Camera, in sede di discussione della legge di Bilancio per il 2018. Richieste non nuovissime, e che per ora non hanno trovato una risposta, nel caso ormai rimandata alla prossima legislatura, vale a dire che agli enti locali sia destinata parte delle entrate del gioco e non solo, come previsto nell'intesa, relativamente ai proventi derivanti dai controlli in ambito locale e che al riguardo prevede testualmente l'obiettivo di “inasprire i controlli contro il gioco illegale, attribuendo competenze specifiche anche agli organi di polizia locale, prevedendo un apposito potere sanzionatorio e l’attribuzione dei relativi proventi ai comuni”.

A presentarle, a Palazzo Madama, il Gruppo Aut, il cui vice capogruppo, nonché membro della commissione Bilancio, Albert Lanièce (candidato anche alle prossime elezioni politiche), così si esprime, in merito all'opportunità di rivedere, dal punto di vista dell'erario, la ripartizione delle entrate dai giochi: “La considererei una cosa positiva: trovare risorse ulteriori per gli enti locali in questo momento di difficoltà sarebbe un aiuto concreto a chi amministra istituzioni che sono vicine alle necessità primarie dei cittadini. Quindi, da federalista convinto, vorrrei una ripartizione che tenesse in maggiore considerazione le autonomie locali”.

Come giudica le politiche portate avanti dal governo in materia di gioco e in particolare la riduzione di un terzo del parco slot, prevista con la cosiddetta Manovrina di aprile, e il dimezzamento dei punti di offerta di gioco, sul quale, come detto, è stata raggiunta un'intesa in sede di Conferenza unificata?
 
“Personalmente sono dell’idea che il gioco d'azzardo debba essere riportato il più possibile dentro le strutture che naturalmente rappresentano il luogo più adatto, cioè i Casinò. Se l’idea, di per sé nobile, di ridurre i punti offerta di gioco è finalizzata al contrasto delle ludopatie e a tutto l’enorme problema sociale implicato, allora la cosa migliore sarebbe propio indirizzare il più possibile i giocatori nelle Case da gioco autorizzate. È noto come da alcuni anni ci siano addirittura delle convenzioni tra Casinò e Asl per contrastare il fenomeno della dipendenza patologica da gioco e ciò comporta un miglior rapporto tra le situazioni di casi patologici, le loro famiglie e un tempestivo intervento delle autorità sanitarie”.
 
A suo modo di vedere, sarebbe necessaria un'azione, semmai di che tipo, anche sul fronte del gioco illegale?
 
“Il gioco illegale è sempre stato un problema particolarmente difficile da affrontare. Mi rendo conto che se si riduce la possibilità di gioco legale, appunto con la riduzione dell'offerta di gioco, può aumentare il rischio dell’illegalità, ma la legislazione offre tante armi a disposizione per sanzionare chi esercita pratiche illegali”.
 
Ritiene che porre troppi limiti al gioco legale possa incoraggiare quello illegale?
 
“Potrebbe”.
 
A suo modo di vedere, esiste un modo per tutelare sia il giocatore che l'erario?
 
“Obiettivamente, no! Se apri il gioco crei dipendenze disastrose, se lo chiudi l'erario ne soffre... So bene che i ricavi del gioco d'azzardo servono per finanziare tante iniziative anche lodevoli, ma è chiaro che dovendo scegliere preferisco la salute delle persone... è una questione di etica”.
 
In Manovra sono spuntati molti emendamenti anche sull'ippica, principalmente volti a introdurre la cosiddetta tassazione sul margine. Ritiene che sia un settore da salvare, semmai in che modo? Che cosa risponde alle critiche di chi ritiene che è un gioco come un altro, e che non dovrebbero essere dati finanziamenti per sostenere, per esempio, l'ippodromo di Merano, come è invece stato stabilito anche grazie all'emendamento presentato dal Gruppo Aut in Senato e successivamente approvato?
 
“Ripeto, un conto è sostenere e valorizzare i luoghi storici del gioco d'azzardo (casinò, ippodromi), per poter effettuare anche un controllo migliore e quindi offrire un servizio di qualità che può pesare positivamente sull'incidenza delle ludopatie (portando cioè a una minore incidenza), un altro è pemettere uno sviluppo smodato e incontrollato di punti gioco di scarsa qualità e di scarso o nullo controllo”.
 
A fronte della riduzione del numero di slot e del dimezzamento dei punti di gioco, riterrebbe opportuno aprire nuovi casinò in Italia, come viene ipotizzato nell'intesa raggiunta a Palazzo della Stamperia e che, citiamo testualmente, prevede l'impegno a “realizzare, in collaborazione con il ministero degli Interni e gli enti locali interessati, una revisione dell'attuale disciplina dei Casinò, finalizzata al risanamento del settore e a una razionale distribuzione nel territorio nazionale, anche allo scopo di aiutare la scelta di ridurre la frammentazione della attuale diffusione territoriale del gioco”?
 
“Assolutamente no. Quelle esistenti sono aziende che hanno sofferto, e soffrono, gli effetti della crisi finanziaria e hanno bisogno di un consolidamento aziendale. Un aumento della concorrenza (già molto agguerrita da parte delle case da gioco straniere) sul territorio nazionale metterebbe in seria crisi la sopravvivenza di alcune di esse”.
 
Che cosa ne pensa della proposta del governo di una gestione centralizzata, magari con un partner privato, del settore dei casinò?
 
“Penso sia una proposta sbagliata. I casinò sono aziende particolari che, proprio per la loro particolare mission, devono avere degli ampi spazi di manovra in totale autonomia. No. Proprio una cosa sbagliata”.

 

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