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Cassiani: 'Riordino gioco, dopo elezioni si rimetta mano a questione'

02 marzo 2018 - 10:15

L'esponente del Pd Luca Cassiani evidenzia la necessità che la Conferenza unificata rimetta mano alla questione del riordino dell'offerta di gioco in Italia.

Scritto da Daniele Duso
Cassiani: 'Riordino gioco, dopo elezioni si rimetta mano a questione'

“In Piemonte siamo di fronte a una legge che dimostra una volontà di moralizzare ad ogni costo che alla fine, lo stiamo già vedendo, è soltanto controproducente”. Lo dichiara l’avvocato Luca Cassiani, esponente del Pd di Torino, interrogato su quello che si prospetta nel prossimo futuro per il settore del gioco in Italia, qualunque sarà il nuovo governo italiano, partendo da quelli che, a suo parere, dovrebbero essere gli obiettivi che il nuovo governo si dovrà porre.

"La conferenza unificata Stato, Regioni ed Enti locali dovrà prendere in mano la questione in modo serio e puntuale. So che il sottosegretario Pier Paolo Baretta ha provato a prendere contatti con la Regione Piemonte, ma è stato un contatto che non ha portato i risultati sperati. Questa legge è una legge sbagliata, che non guarda alle conseguenze della sua applicazione, ma dettata soltanto da una volontà moralizzatrice, che vuole colpire il gioco e tutelare i giocatori, mentre invece colpisce soltanto i lavoratori del settore in bar, tabacchi e tutta la filiera delle imprese attive in questo settore. Per questo credo che questa legge piemontese debba essere in qualche modo modificata al più presto.

Se non lo dovesse fare la Regione come motu proprio, rendendosi conto che i dati sono assolutamente fallimentari: non è diminuita la ludopatia, anzi, forse è aumentata, è diminuita l’offerta di gioco legale lasciando campo aperto alle mafie, si sono limitati a distruggere il piccolo commercio di borgata arricchendo le multinazionali delle grandi sale Vlt, raddoppiando le vendite di Gratta e vinci, del Lotto istantaneo. Questo è il risultato: i giocatori, e con essi anche i ludopatici, si spostano dai bar e dalle tabaccherie alle sale gioco che sono veramente i luoghi della perdizione, luoghi quasi incontrollabili per lo Stato e soprattutto luoghi nei quali non si giocano 25 o 50 centesimi, ma si parte di 20/25 euro e si arriva a cifre ben più alte.
Siamo di fronte a una legge che vuole mettere le mutande al mondo, che punta a moralizzare ad ogni costo, ma invece avremmo dovuto partire dal fatto che il gioco è insito nell’uomo, fin dalle origini; bisogna evitare che il gioco diventi patologia, ma evitare il gioco di per sé mi pare assolutamente sbagliato, ingiusto, non umano, figlio di un intento pedagogico e moralizzatore che né la Regione ma direi neanche lo Stato può e deve permettersi".
Negli ultimi anni le Regioni hanno varato molti provvedimenti restrittivi sul gioco. A suo modo, orari e distanze sono utili per prevenire il gioco patologico?
"Sono solo sciocchezze. Ho visto con i miei occhi giocatori che si spostavano da una sala giochi a un’altra, da Orbassano a Rivoli, dopo che la prima sala ha chiuso alla sera. Gli orari non sono assolutamente il problema. Peraltro, in prospettiva futura, che senso ha ridurre gli orari se poi con il telefonino si può giocare a qualsiasi ora".
Porre troppi vincoli a concessionari, terrestri e online, autorizzati dallo Stato e che pagano regolarmente le tasse non rischia di avvantaggiare chi invece non è autorizzato, non paga tasse e probabilmente si interessa poco della tutela dei i minori e delle fasce deboli?
"Per ora l’unico risultato raggiunto è stato quello di mettere in ginocchio delle imprese che lavorano legalmente e producono economia. Un’economia che non sono solo 3500 persone che ora lavorano e tra un po’ rischiano di trovarsi in mezzo a una strada, ma anche un’economia che produce miliardi di risorse che, drenate dal fisco, tornano a favore di tutti, magari anche utilizzando risorse per la lotta alla ludopatia, per fare formazione e informazione, per promuove un gioco responsabile e evitare il gioco illegale. Se il gioco diventa responsabile, ma soprattutto statale, pubblico e non in mano alle mafie, ecco che in qualche modo c’è più facilità di intervenire anche verso chi devia verso la ludopatia. Ecco, tutto ciò per dire che non è questo il modo di affrontare questo tema".
Per quanto riguarda la pubblicità del gioco, può essere uno strumento per distinguere gli operatori legali da quelli che non lo sono?
Ho qualche dubbio in merito, piuttosto penso che si debba intervenire con delle politiche culturali serie per sfatare il mito dell’arricchimento facile, perché è questo semmai che alimenta il gioco e la voglia di gioco. Qiundi bisogna agire nel campo della comunicazione nella consapevolezza che il gioco va governato in altri modi".
Proprio in merito a temi come la formazione e la prevenzione, quanto sono importanti per promuovere il gioco responsabile, in che modo potrebbero essere promossi e quali compiti possono essere affidati agli operatori e alle istituzioni scolastiche?
"Penso che ci sia da insegnare il concetto che il gioco è, e deve essere, solo una forma di divertimento, più o meno come andare a teatro e andare al cinema, un modo per non pensare per una mezz’ora o un’ora alle questioni personali, ai problemi quotidiani. Penso che si debba partire quantomeno dalla scuola superiore, per far capire cosa è il gioco, qual è il problema del giocatore, quando il gioco diventa patologia. Vietarlo senza fare distinzioni è illiberale, oltre che demagogico e ipocrita".
Il Pd, attraverso l'azione del sottosegretario Baretta, ha tentato di riformare il settore. Riforma che, però, si è arenata in Conferenza Unificata, dato che l'accordo non è stato rispettato. Come agirete?
"Baretta ci ha provato, ha fatto un grandissimo lavoro, da qui bisogna ripartire. Bisogna aspettare che ci sia un nuovo Governo, e qualunque sia il suo colore politico penso che il buon senso debba prevalere per tutti. L’economia e la Finanza sono uguali per tutti. Le dico di più, Renzi, su queste cose qui, ha capito perfettamente il nocciolo della questione, proprio ieri ha detto che bisogna tornare al tavolo con le Regioni e le associazioni, perché non è possibile creare discriminazioni nei confronti di imprenditori di diversi luoghi d’Italia. Lo Stato deve occuparsi di dare delle regole che valgono per tutti, altrimenti si rischia di andare sempre e solo a litigare in tribunale, riempiendoli di inevitabili ricorsi".
Per lei dunque c’è la possibilità di proseguire il percorso fatto finora e arrivare al decreto attuativo?
"Credo proprio di sì. Come ho già detto credo molto nel valore del lavoro fatto da Baretta. Ora gli è mancata la forza politica per poterlo continuare, ma credo proprio che tutto ciò non sia da buttare via, e che anzi da qui si debba ripartire. Credo che la sensibilità di Baretta e di questo Governo ha fatto crescere una certa sensibilità e ha creato un buon substrato di dialogo con le Regioni. Purtroppo la furia iconoclasta della Regione Piemonte, messa in campo da alcuni moralizzatori, ha portato a una rottura. Ora bisogna guardare in faccia la realtà e ripartire senza pensare che il gioco sia il male assoluto, ma sapendo che, come in tutte le cose, ci sono degli usi moderati che sono perfettamente legali e devono continuare ad essere consentiti e tutelati".
 

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