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L’Italia fuori dai giochi: così è svanito il modello tricolore di regolamentazione

21 settembre 2018 - 09:16

L’Italia non è più un modello da seguire nella regolamentazione del gioco pubblico, come emerge dall’Easg di Malta e l’Iagr Conference di Copenaghen.

Scritto da Alessio Crisantemi
L’Italia fuori dai giochi: così è svanito il modello tricolore di regolamentazione

Anche se continua ad essere un benchmark fondamentale per qualunque altro mercato esterno che sia già consolidato o emergente - offrendo una serie di spunti e di strumenti più che interessanti – i recenti stravolgimenti operati dalla politica ne hanno fatto venire meno la credibilità, andando a comprometterne e pregiudicare la sostenibilità. L’inizia politica più eclatante – è evidente – è il recente decreto Dignità, che ha sconvolto e stupito l’industria globale, per via del diktat sulla pubblicità e comunicazione del gioco, che oltre ad apparire decisamente critico per l’industria e pericoloso per la tutela del mercato e dei giocatori, provocando rischi di illegalità, risulta anche del tutto incoerente rispetto alle politiche intraprese, e con successo, nel corso degli anni. Anche se, va detto, il declino del settore sotto il profilo politico e istituzionale, era iniziato già prima, iniziando a far vacillare la credibilità che il nostro paese aveva acquisito sotto il profilo della regolamentazione dei giochi.

Sempre per via di un diverso approccio degli ultimi governi rispetto al settore. Basti pensare prima di tutto al progressivo indebolimento del principio giuridico alla base del comparto rappresentato dalla Riserva di Stato, minato quotidianamente dalla continua emanazione di leggi regionali che hanno trovato sponda in un totale lassismo politico che ha portato all’esplosione della ben nota Questione Territoriale e all’abbandono di fatto della centralità dello Stato. Fino ad arrivare, appunto, al decreto Dignità che ha addirittura legittimato quei lavori degli enti locali, nonostante il potenziale difetto di costituzionalità di cui si attende ancora oggi un definitivo verdetto.

LE SCELTE DEI GOVERNI - Ma le anomalie e le incoerenze che hanno reso sempre meno credibile il sistema italiano del gioco pubblico, si ravvisano anche in altre scelte operate dagli ultimi governi: dall’abbandono della funzione regolamentare di fronte alle minime pressioni provenienti dalla società civile o dalle opposizioni (da ricordare, l’assurda vicenda del poker “live”, in attesa di un bando di gara per l’assegnazione delle concessioni da ormai nove anni, ma che non arriverà più, lasciando un’attività molto praticata in un limbo normativo e in un circuito completamente sommerso). Oppure, ancora, si pensi alle restrizioni introdotte di manovra in manovra al mercato degli apparecchi da intrattenimento, che oltre a compromettere il mercato, sono finite con l’azzerare la concorrenza e col limitare la libertà di impresa.

Insomma, nulla di cui potersi vantare, al giorno d’oggi. Sono dunque finiti i tempi in cui l’Italia faceva scuola nel mondo (del gaming). Ma la sensazione ancor più grave, che si prova girando per i vari appuntamenti internazionali e ascoltando la voce degli esperti di altri paesi, è che l’Italia sia ormai fuori da qualunque gioco. Finendo con l’accantonare anche i buoni propositi di collaborazione e di cooperazione internazionale che ci avevano contraddistinto, anche qui, attraverso il gaming. Altra conseguenza, evidentemente, del nuovo approccio politico nei confronti del settore che finisce inevitabilmente col condizionare anche qualunque scelta del regolatore, che non gode certo di un’autonomia paragonabile a quella dei tempi in cui a governare il mercato era, appunto, un’Amministrazione autonoma.

LE CONSEGUENZE - A farne le spese, però, non saranno soltanto le imprese, ma anche i giocatori e l’intero Paese, quando le conseguenze saranno tangibili anche ai non addetti ai lavori. A pochi importa, oggi, se l’Italia abbandona i lavori sulla liquidità internazionale nel gioco online: che al di là dei benefici che avrebbe potuto portare al mercato, comunque non banali (ricordando, soprattutto, che le giocate sui siti non autorizzati in Italia sono ancora milionarie, per via della mancata competitività dell’offerta di Stato), rappresentava anche una piattaforma concreto di scambio e di esperienza per i regolatori, per una cooperazione internazionale tangibile e non soltanto nelle intenzioni. Come stanno facendo, con soddisfazione, gli altri paesi che hanno avviato questo tipo di lavori.

 

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