skin

De Bertoldi (Fdi): 'Gioco, riordino ma tutelare poteri enti locali'

01 giugno 2019 - 06:56

Andrea De Bertoldi, senatore di Fratelli d'Italia, auspica riordino nazionale in materia di gioco, salvaguardando però le prerogative degli enti locali.

Scritto da Amr
De Bertoldi (Fdi): 'Gioco, riordino ma tutelare poteri enti locali'



Riordinare al più presto il settore dei giochi e delle scommesse, “ sia dal punto di vista fiscale, sia sotto il profilo autorizzativo e concessorio, il cui stato attuale sta determinando (...) evidenti complessità in ambito socioeconomico". Inoltre, iniziative “urgenti” al fine di “rivisitare la normativa e sostenere, al contempo, un importante comparto economico del Paese, dall'indotto rilevante, le cui condizioni attuali evidenziano un quadro normativo generale complesso e disorganico".


Quando di parla di gioco pubblico, il senatore di Fratelli d'Italia Andrea De Bertoldi ha le idee molto chiare. E chiama a coerenza il Governo, attraverso un'interrogazione presentata a Palazzo Madama assieme con la collega Patrizia Giacomo La Pietra, visto che l'attesa riforma del gioco, se ne parlava già nel decreto Dignità entrato definitivamente in vigore nell'agosto dello scorso anno, è ancora da venire, nonostante dovesse essere presentata entro sei mesi.


Parte proprio dalle disposizioni contenute nel decreto fortemente voluto dal vice premier Luigi Di Maio, l'analisi del senatore De Bertoldi sulle politiche che in Italia si stanno portando avanti in materia di gioco.


Ma prendendo spunto, sempre in riferimento al Dignità, dalle disposizioni che vietano totalmente la pubblicità da parte del settore del gioco pubblico. Saranno utili a combattere il fenomeno del gioco patologico e quali saranno le ricadute per il settore del gioco legale?
“Non credo che i divieti, di per sè, e più in generale le crociate proibizioniste, servano a contenere un fenomeno sociale, o comunque le devianze patologiche dello stesso. Credo invece che occorrano misure di educazione civica e corrette informazioni sulle ludopatie affinchè una libera scelta, quale può essere il gioco, non si trasformi appunto in una patologia”.

 

Il governo gialloverde dichiara di voler combattere il gioco ma allo stesso tempo, con la Manovra 2019 e poi con il decreto su reddito di cittadinanza e quota 100, ha alzato ulteriormente la tassazione così da reperire nuovi fondi. È una contraddizione?
“È la logica di un Governo che non ha strategia e pianificazione, ma dovendo far coesistere posizioni spesso diametralmente opposte deve necessariamente ricorrere ai provvedimenti d'urgenza, che ovviamente rispondono unicamente all'immediatezza, ma non possono avere un'ottica prospettica e funzionale alla strategia politica e sociale di sviluppo del Paese”.

 


Nel 2017, grazie all'impulso del governo Gentiloni, era stata raggiunta un'intesa in Conferenza unificata per il riordino dell'offferta di gioco in Italia, così da avere regole uniformi in materia di orari e di numero massimo dei punti di gioco. Auspica, anche in riferimento alla sua interrogazione, che questo processo sia ripreso o ritiene che sia meglio che ogni Regione sia libera di regolarsi come meglio crede?
“Il riordino e la totale ristrutturazione del mercato del gioco - scommesse in Italia è una vera e propria necessità sia per garantire i mercati e gli utenti che per riportare allo Stato una ingente mole di guadagni che ora affluiscono spesso nell'illegalità, come ho ben significato nella mia interrogazione al ministro dell'Economia e delle Finanze (atto di sindacato ispettivo n. 3-00583 del 06 febbraio 2019), nella quale ho tra l'altro ribadito le distanze normative nazionali rispetto alle direttive europee, che hanno ostacolato la concorrenza facendo pure crescere il contenzioso. Ciò acclarato, ritengo che lo Stato debba costruire il quadro normativo di base, cioè la cornice per questa particolare attività, lasciando alle Regioni la determinazione di quegli aspetti che risultano più territoriali e connessi alle specificità sociali ed economiche dei territori. In sostanz,a una zona turisrica non potrà avere le stesse limitazioni di un territorio urbano ordinario, ovvero un piccolo paese o una vallata montana non saranno assimilabili ad una città metropolitana”.


Nel corso degli anni i concessionari di gioco sono stati progressivamente tassati e sottoposti a sempre più severi vincoli. Dal punto di vista storico, i governi che si sono succeduti hanno qualche colpa, nell'aver troppo puntato sull'espansione del gioco?
“Le colpe sono piuttosto legate all'aver cercato solamente di fare cassa sui giochi, e spesso sulla pelle dei cittadini, evitando di riformare il mercato e di svolgere un'adeguata azione culturale  soprattutto nelle categorie a rischio, i giovani, gli anziani e le persone poco scolarizzate o in solitudine”.


Secondo lei il gioco patologico e quello illegale, concetti ben distinti, sono dei problemi reali in Italia e vengono affrontati in maniera adeguata?
“Sono problemi distinti ma non distanti, e comunque ambedue gravi per le conseguenze negative che generano nel sociale e complessivamente nella finanza pubblica. Ogni patologia infatti ha sempre pesanti ripercussioni sulla spesa sanitaria e sociale, e assieme al fenomeno dell'illegalità depauperano le disponibilità erariali. Come detto, ritengo che lo Stato non abbia finora saputo assolutamente affrontare organicamente e strategicamente il problema. Urge insomma un nuovo impianto legislativo, improntato alla libera concorrenza e al rispetto di poche ma chiare regole, la violazione delle quali va però severamente sanzionata nel precipuo interesse degli operatori onesti e dei cittadini”.

 

Lei ritiene che l'ippica sia un settore da rilanciare? Attraverso quali misure?
“Si tratta di un settore che ormai da anni è stato lasciato a se stesso; ritengo vadano perseguiti obiettivi di rilancio in funzione della cultura e formazione nell'allevamento equino, nella qualificazione delle razze e degli esemplari per le diverse discipline ippiche, magari legando il tutto anche al fenomeno turistico e sportivo internazionale”.

 

Nel 2018 è stato chiuso il Casinò Campione d'Italia e su quello di Saint Vincent pende un'istanza di fallimento. A suo modo di vedere, ha ancora senso avere dei casinò in Italia o, viceversa, è proprio il momento di puntare su di essi, visto che sono luoghi più controllati e in grado di garantire lo sviluppo turistico di un territorio?
“Su questa tematica in particolare ritengo debbano essere effettuati degli studi comparativi a livello europeo, per capire al meglio qual è oggi la domanda reale del settore, che dovrà comunque essere inserita in una logica di turismo qualitativo ed elitario”.

 

Articoli correlati