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Decreto dignità, l'Italia del gioco al buio senza pubblicità

15 luglio 2019 - 10:35

A partire da oggi, lunedì 15 luglio 2019, bandita ogni forma di pubblicità sul gioco su media e sport, con l'entrata in vigore definitiva del decreto Dignità.

Scritto da Redazione
Decreto dignità, l'Italia del gioco al buio senza pubblicità

 

Un anno fa entrava in vigore il decreto Dignità e dal 14 luglio di quest'anno la pubblicità sul gioco attraverso i mass media generalisti è bandita.

Lo aveva deciso un anno fa il ministro allo Sviluppo economico, Luigi di Maio, per far fronte al fenomeno del gioco d'azzardo patologico (pardon, del “disturbo da gioco d'azzardo, o Dga, come ribattezzato dallo stesso decreto) e dopo un anno, nonostante le varie perplessità, criticità e anomalie emerse durante gli ultimi mesi, relativamente all'interpretazione della norma, che neppure le Linee Guida di AgCom sono riuscite completamente a smarcare, lo “spegnimento” dei riflettori sul gioco diventa esecutivo.
 
Anche se, secondo alcuni, il confine tra divieto assoluto e parziale è ancora labile.
 
Non per lo sport, che a partire da oggi perde il finanziamento da parte dell'industria del gaming che era stato vitale nel corso degli anni, come emerge chiaramente dai dati, tenendo conto che soltanto la Serie A di calcio si stima perda circa 35 milioni di euro a causa del divieto.
 
Come pure il mondo dei media, con l'Associazione dei pubblicitari che parla di minori introiti per 150 milioni di euro, come riporta anche il quotidiano sportivo Tuttosport.
 
UN ANNO DIFFICILE - In questo anno appena trascorso, l'industria del gioco e le associazioni del settore hanno studiato e ponderato tutti i possibili effetti dell'entrata in vigore della legge, che nel mettere al bando ogni forma di comunicazione del gioco con vincita in denaro, ha concesso un anno di transizione unicamente per i contratti pubblicitari già in essere tra le società di gioco e gli editori, agenzie, club sportivi e altri soggetti interessati.
 
E quindi fino al 14 luglio del 2019, cioè fino a ieri.
 
Anche le linee guida dell'Autorità garante delle Comunicazioni (AgCom), pubblicate nello scorso mese di aprile, come detto, hanno potuto dare solo un'interpretazione parziale della legge: il gioco sparisce dai giornali, tv generalista e pay-tv, dallo sport (maglie dei giocatori), dalle manifestazioni culturali e di ogni altro genere, ma rimane sulla stampa specializzata.
 
A un anno di distanza da quel decreto, così fortemente restrittivo per l'intera industria del gioco che non colpisce, pertanto, solo il gioco online o le scommesse sportive, ma l'intero comparto, nonostante lo spegnimento dei riflettori venga confermato su tutta la linea (eccetto la stampa specializzata, coerentemente con quanto avviene in tutti gli altri settori in cui vige un divieto analogo, vedi tabacchi, armi o farmaci, ma solo grazie alle precisazioni di Agcom), da parte del Governo non ci sono ancora risposte chiare ai soggetti interessati che da un anno, appunto, le stanno chiedendo. Non ci sono ancora dei confini stabiliti entro cui l'industria del gioco può procedere.
 
LA POSIZIONE DELL'INDUSTRIA - In questo specifico momento, le richieste degli addetti ai lavori sono ormai rivolte al mantenimento del presidio di legalità e sicurezza garantito dal sistema del gioco legale e non mirate all'aumento del profitto o all'espansione del proprio business. Tutto questo è testimoniato dal fatto che la necessità del Riordino del comparto è rimasta una promessa e il Governo, ad oggi, non è mai intervenuto provando a risolvere le numerose criticità riscontrate sul territorio. Neanche di fronte alle richieste palesate dalle stesse Regioni o dai Comuni che dopo una battaglia senza quartiere nei confronti del settore, ora chiedono chiarezza. E la risposta del Governo non può certo essere quella di un divieto di pubblicità: o, almeno, non può limitarsi a questo.
 
Come pure una risposta dovrà essere data, prima o poi, alle società di gioco che hanno investito e stanno ancora oggi investendo sul settore del gioco, che continua ad essere legale e sotto il controllo dello Stato e per tale ragione dovrebbe rappresentare un mercato sicuro e protetto, e non pregiudicato dallo stesso Stato, in prima persona.
 
Si pensi soprattutto a quelle società appena entrate sul mercato italiano attraverso l'acquisto delle concessioni per il gioco online, messe a gara qualche mese prima dell'entrata in vigore del decreto Dignità, che ora si ritrovano con l'impossibilità di proporre i propri marchi agli italiani.
 
Per un autentico paradosso (e un palese squilibrio del mercato) di cui prima o poi qualcuno dovrà pur occuparsi. Magari prima che sia un tribunale a doverlo fare, come troppo spesso accade, soprattutto nel settore. Intanto, però, ad occuparsi di questa vicenda, sarà l'iGB Live di Amsterdam, la principale kermesse dedicato al settore del gioco online a livello internazionale, in programma dal 16 al 19 luglio, che propone un panel dedicato al divieto italiano di pubblicità promosso da GiocoNews.it nel quale si proverà a fare il punto della situazione, per capire come è stato recepito il divieto dalle aziende che operano nel comparto e quali conseguenze potrà avere sul mercato e sugli altri paesi europei che hanno sempre visto nell'Italia un punto di riferimento nella regolamentazione del gioco.
 
I POSSIBILI SVILUPPI - Dopo un anno di fuoco, sembra però che la caccia alle streghe (e al gioco), da parte del Governo, si sia affievolita. L'accanimento contro il settore ha prodotto numerosi interrogativi da parte degli operatori ma anche da parte della politica, perché senza gioco, lo Stato non guadagna più quelle risorse che “entravano” regolarmente e su cui l'Italia poteva contare.
 
Il Governo, in questo 2018-2019, ha provato a mettere le mani sul gioco, da un punto di vista economico, creandone addirittura dei nuovi come il restyling del Totocalcio e dal punto di vista politico con l'oscuramento della pubblicità dalla vista degli italiani.
 
E chissà che proprio queste nuove forme di gioco non possano rappresentare una ragione e un'opportunità per condurre veramente quell'operazione di riordino e di riforma del settore che l'industria continua ad attendere da tempo e con essa anche gran parte delle regioni e dei comuni che hanno intrapreso la strada della regolamentazione, anche se di stampo proibizionista, ma comunque motivata, in genere, da logiche di tutela e salvaguardia della comunità e non semplicemente di carattere punitivo per i lavoratori.
 
Il mondo del gioco legale, intanto, continua per la sua strada, a produrre e a dare lavoro, a condurre la sua quotidiana battaglia per difendere l'industria così come è nata e cresciuta (sana) in Italia, negli anni senza guerre né divieti. In attesa di una riforma, per continuare a farlo, in modo efficace e sostenibile. Per il bene di tutti.

 

 

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