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Covid e chiusure: gioco, in crisi più della metà delle imprese

12 gennaio 2021 - 10:42

Istat conferma: gioco tra i settori economici più colpiti dall'emergenza Covid, tra le attività statiche in crisi chiuse da Dpcm, circa il 3 percento non prevede di riaprire.

Scritto da Redazione
Covid e chiusure: gioco, in crisi più della metà delle imprese

Statiche in crisi, questo il profilo che l'Istat traccia per oltre il 50% delle imprese del gioco che stanno subendo pesantemente l’impatto dell’emergenza sanitaria. L'istituto di statistica, per questa tipologia di imprese rileva che le stesse non hanno adottato strategie di reazione ben definite ma nel caso specifico del gioco questo risultà pressoché impossibile viste le chiusure imposte.

L'indagine Istat, la seconda in qeusto senso realtiva all'anno 2020, riguarda il periodo tra il 23 ottobre e il 16 novembre e fotografa la situazione e le prospettive delle imprese con almeno 3 addetti. Si tratta di circa un milione di realtà imprenditoriali, con oltre 12 milioni di addetti che, nel complesso, rappresentano quasi il 90% del valore aggiunto e circa tre quarti dell’occupazione complessiva delle imprese industriali e dei servizi.

Dall’analisi effettuata, l'Istat restituisce altri quattro profili aziendali: le imprese statiche resilienti ( unità che non hanno messo in atto strategie di reazione perché non hanno subito effetti negativi rilevanti); quelle proattive in sofferenza (unità duramente colpite dalla crisi ma che hanno intrapreso strategie strutturate di reazione); le proattive in espansione (imprese colpite lievemente che non hanno alterato il proprio sentiero di sviluppo precedente); e le proattive avanzate (colpite in maniera variabile dalle conseguenze della crisi, ma che nel corso del 2020 hanno aumentato gli investimenti rispetto al 2019). Nel settore del gioco, in quest'ultima categoria rientrano meno del 5 percento delle imprese.

Questa seconda indagine Istat, insomma, non fa che confermare la prima la quale era stata elaborata senza tener conto degli aiuti economici; quanto al gioco, visto il lockdown al quale è tuttora sottoposto, non poteva essere altrimenti. Il primo profilo (“statiche in crisi”) - rileva l'Istat - risulta più decisamente influenzato dalla situazione economica negativa, ha ridotte dimensioni aziendali e una minore produttività del lavoro, che unitamente a una più diffusa presenza nei settori economici maggiormente colpiti dall’emergenza sanitaria spiegano le maggiori sofferenze in termini di continuità dell’attività e di perdita di fatturato.

Oltre un terzo delle imprese di questo profilo manifesta difficoltà ad elaborare una strategia coerente come risposta alla crisi, benché la quasi totalità (circa il 94%) consideri di essere stata colpita negativamente dall’emergenza. Fra le statiche in crisi, c'è circa un 3% che non prevede di riaprire.

In generale, dall'indagine sulle Pmi prese in considerazione, il cluster più numeroso è quello delle imprese statiche resilienti (35,5% delle imprese); seguono le statiche in crisi (28,6%), le proattive in espansione (19,4%) e quelle in sofferenza (10,7%); l’insieme meno numeroso è quello delle imprese proattive avanzate, pari al 5,8% delle unità produttive.

 

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