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Covid-19 e gioco nelle zone bianche, As.tro: 'Una svolta con riserva'

26 gennaio 2021 - 15:12

L'avvocato Massimo Piozzi di As.tro mette sotto i riflettori la novità per ora solo teorica delle zone bianche: 'Riapertura del gioco a discrezione del Governo, ma su base epidemiologica'.

Scritto da Redazione
Covid-19 e gioco nelle zone bianche, As.tro: 'Una svolta con riserva'

Una svolta con riserva, ma comunque una svolta. Così, in un quadro ancora purtroppo solo teorico, potrebbe essere sintetizzata l'analisi dell'avvocato Massimo Piozzi (As.tro) delle nuove "zone bianche" introdotte dal decreto legge 2/2021 come annunciato in Aula dal ministro della Salute Speranza prima del Dpcm del 14 gennaio scorso.

L'avvocato in particolare, si concentra ovviamente sulla possibilità di riapertura delle attività del gioco piubblico legale, ad oggi serrate in tutte le regioni italiane, a prescindere dal colore che il Governo assegna loro sulla base dell'andamento epidemiologico del virus Covid-19 e mette in evidenza come questa, in caso di zona bianca (territorio in cui per tre settimane consecutive un’incidenza settimanale inferiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti), sia a totale discrezione dell'Esecutivo nazionale (e non più delle Regioni) il quale si riserva l'introduzione di misure restrittive "nei confronti di determinate attività particolarmente rilevanti dal punto di vista epidemiologico".

La formulazione del decreto in questione - fa notare il legale - introduce un elemento innovativo a cui si aggiunge un passaggio su cui occorre prestare particolare attenzione: "L’elemento innovativo riguarda l’espressa previsione, in presenza del parametro epidemiologico indicato dalla norma, della cessazione delle misure determinate ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto legge 19/2020: si tratta di quelle misure che impongono la chiusura di determinate attività tra cui rientrano anche quelle legate all’offerta del gioco. Questo automatismo, attenuato soltanto dalla necessità dell’emanazione di un apposito Dpcm per la determinazione dei protocolli di sicurezza con cui dovrà essere disciplinato lo svolgimento delle attività, segna un punto di svolta rispetto alla strategia che il Governo adottò in occasione delle riaperture che seguirono il primo lockdown del periodo marzo-aprile 2020, quando la scelta venne subordinata ad una valutazione dei governatori".
 
"Pur trattandosi di una procedura che doveva essere ancorata all’elemento obiettivo della compatibilità delle attività con il quadro epidemiologico in corso nel territorio regionale, essa - denuncia Piozzi - fu concretamente esercitata dalle Regioni sulla base di mere decisioni discrezionali ispirate da ragioni politiche. L’introduzione quindi dell’automatismo (semplicemente agganciato all’emanazione dell’ordinanza del Ministro della Salute e al successivo Dpcm finalizzato all’indicazione dei protocolli di sicurezza) previsto nella nuova disposizione contenuta nel comma 16 sexies dell’art. 1 del decreto legge n. 33/2020 (introdotto dall’art. 1, comma 5 del decreto legge n. 2 del 2021) fa legittimamente sperare che non possa più ripetersi una situazione analoga a quella vissuta, per il settore del gioco, nel periodo giugno-luglio dello scorso anno".
 
"L’elemento di insidia - prosegue Piozzi nella sua analisi per As.tro - potrebbe invece risiedere nell’ultima parte del comma 16 sexies del decreto legge 33/2020 in cui è prevista la possibilità che il governo possa prevedere, nello stesso Dpcm destinato a individuare i protocolli di sicurezza, specifiche misure restrittive – tra quelle previste dallo stesso articolo 1, comma 2, del d.l. 19/2020 – da adottare nei confronti di determinate attività particolarmente rilevanti dal punto di vista epidemiologico. Proprio l’espresso riferimento alle misure restrittive di cui all’art. 1, comma 2 del d.l. 19/2020, tra le quali è appunto prevista la possibile chiusura di determinate attività (tra cui quelle del gioco), potrebbe costituire un elemento di incertezza, dal momento che, attraverso tale previsione, sembrerebbe che il Governo si sia ritagliato uno spazio per poter continuare a mantenere chiuse alcune attività nonostante l’ingresso in “zona bianca” della regione in cui le stesse sono insediate.
 
L'ambito di valutazione però non è più ancorato al fattore esterno legato al quadro epidemiologico regionale, ma alla natura intrinseca dell’attività: "La decisione governativa di inibire una specifica attività - spiega Piozzi - dovrà essere supportata da un’adeguata e rigorosa motivazione in cui dovranno essere resi evidenti gli elementi istruttori idonei ad attribuirle una connaturata 'rilevanza dal punto di vista epidemiologico'. Si tratta, infatti, di un tipo di accertamento i cui esiti assumono, inevitabilmente, rilevanza generale; nel senso che una volta che ad un’attività economica venga attribuita una 'particolare rilevanza dal punto di vista epidemiologico' (in altri termini, la caratteristica di essere, per sua natura, un potenziale “focolaio” epidemiologico) tale caratteristica le resterebbe affibbiata, indipendentemente dallo specifico contesto territoriale in cui è svolta, con gli intuibili effetti devastanti sulla sopravvivenza futura di quell’attività nell’intero territorio nazionale.
Data la gravità dei suoi effetti ma soprattutto la loro portata generale, si ritiene che l’adozione di una simile decisione, anche se riferita ad una specifica regione classificata come “zona bianca”, non potrà che essere preceduta da una valutazione molto rigorosa e ponderata, supportata da dettagliati elementi istruttori. Eventuali propositi discriminatori (sempre in agguato per il nostro settore) non potranno infatti essere facilmente perseguiti, senza adeguate motivazioni relative agli aspetti epidemiologici oppure mediante motivazioni basate su semplici affermazioni apodittiche, ossia con la stessa tecnica normalmente utilizzata nei nostri confronti dalle Regioni e dai Comuni".
 
In buona sostanza, conclude l'avvocato, dal punto di vista degli operatori del gioco va colta comunque con favore la “centralizzazione” di questo passaggio decisionale che, a differenza di quanto avvenuto a fine maggio – inizi di giugno 2020, consente quantomeno di evitare, da una parte, di consegnare il destino di migliaia di imprese nelle mani dei singoli presidenti di regione o delle provincie autonome e, dall’altra, di restituire al governo nazionale l’intera responsabilità del destino di un intero settore economico del Paese, di cui lo Stato è peraltro titolare, con i suoi evidenti risvolti in termini di gettito fiscale e difesa della legalità

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