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Decreto sostegni: il conto supera i 40 miliardi, il gioco rimane in attesa

17 marzo 2021 - 11:08

Con il pressing delle forze politiche e della varie categorie, cresce la spinta al nuovo scostamento, ma non riuscirà ad anticipare il via libera al decreto.

Scritto da Ac
Decreto sostegni: il conto supera i 40 miliardi, il gioco rimane in attesa

Occhi puntati sull'imminente decreto Sostegni. Sia da parte delle imprese - ormai allo stremo, in molti settori, dopo la prolungata serrata delle attività e l'ulteriore chiusura di queste settimane – ma anche dalla politica, con le varie forze di maggioranza che continuano ad esercitare un pressing sull'esecutivo allo scopo di poter veder ristorate la maggior parte delle filiera in difficoltà. Ma non sarà affatto semplice, tenendo conto dell'ampiezza della platea dei richiedenti e delle risorse ancora piuttosto limitate: almeno in proporzione alle necessità del momento, tutt'altro che banali. Anche perché le riunioni tecniche e politiche che si stanno susseguendo in queste ore per definire l’impianto del decreto “sostegni”, incrociano quelle degli esperti che studiano i nuovi dati del contagio, con le ulteriori chiusure che ne derivano. Una congiunzione che complica ulteriormente la situazione, già difficile da districare, sia nei numeri che nei contenuti da tradurre nel provvedimento. Non si può non notare, infatti, come negli ultimi tre mesi le misure restrittive di contenimento del virus risultano scorrelate dagli aiuti economici forniti alle categorie colpite. Anche per questo tutti confidano nel prossimo Dl sostegni, per scongiurare la chiusura, in un clima generale di sofferenza e attesa per commercianti, lavoratori autonomi e partite Iva, di tutti i settori. E in modo particolare all'interno del comparto del gioco pubblico, che oltre ad essere stato uno dei più colpiti dalla pandemia e dai conseguenti lockdown, risulta anche uno dei meno “ristorati” dai precedenti provvedimenti governativi. Ora però il nuovo decreto, andando a rimuovere il meccanismo dei codici Ateco che aveva precluso la possibilità di accesso ai contributi per molte imprese del gioco, sembra andare incontro anche al comparto. Ma solo fino a un certo punto, per come è stato fin qui impostato, visto che il limite massimo di fatturato aziendale previsto per l'accesso ai contributi risulta un tetto troppo basso per un settore che, come quello del gioco, movimenti molto denaro, ma a fronte di costi altrettanto alti, con la soglia dei 5 (o 10) milioni di fatturato che rischia di tenere fuori in troppi, nei giochi. Oltre a questo, peraltro, c'è il discorso generale della scarsa capienza, visto che i fondi previsti, cioè circa 10 miliardi stando alla griglia elaborata fin qui dal Mef, sono tanti, tantissimi, ma non bastano.

MANCANO 10 MILIARDI – Stando ai numeri che circolano in queste ore tra Palazzo Chigi e Via Venti Settembre, mancherebbero almeno 10 miliardi. Che porterebbero il conto complessivo del provvedimento a superare quota 40 miliardi. Nel capitolo ristori la sfida è quella fra le risorse a disposizione e l’arco temporale da coprire. Il governo, infatti, sta lavorando per cercare di completare il quadro di aiuti del 2020, per compensare chi è stato ignorato o trascurato dal sistema dei codici Ateco e dal parametro legato alle sole perdite di aprile. Tra cui, appunto, le aziende del gioco. Ma le soluzioni fin qui individuate, che prevederebbero nuovi interventi al doppio del calo medio mensile nel fatturato 2020 rispetto al 2019, offrirebbero una copertura molto parziale. E non riuscirebbero a sostenere gli operatori economici per le chiusure di quest’anno. Le quali, come detto, continuano ad aumentare in numero, oltre ad essere ulteriormente prorogate. Fino a data da destinarsi, per quanto riguarda i giochi, come apprendiamo oggi dal Mef.

LA SPINTA AL NUOVO SCOSTAMENTO - Il problema, dunque, fa crescere ulteriormente la spinta verso il nuovo scostamento, su cui il governo ha già avviato una discussione. L’agenda ipotizzata guarda al Def, con il nuovo quadro di finanza pubblica che sarà costruito nelle prossime settimane. Ma nelle file della maggioranza si discute anche di un’accelerazione per trovare risorse aggiuntive nel decreto sostegni: anche se ciò imporrebbe un ulteriore slittamento di una decina di giorni all’approdo del testo in consiglio dei ministri, che è già scivolato alla prossima settimana. Tempi troppo lunghi comprometterebbero l’obiettivo di assicurare i nuovi aiuti entro il 30 aprile. Per questo, la richiesta alle Camere di nuovo indebitamento potrebbe accompagnare il decreto nel suo cammino parlamentare, perché a complicare i conti non ci sono solo gli aiuti diretti ad autonomi e piccole imprese. La spinta che arriva dalla maggioranza riguarda anche i dispositivi per garantire la liquidità alle imprese, su cui insiste il Movimento 5 Stelle, ma non solo. Per un altro tema particolarmente critico per le aziende del gioco, quello dell'accesso al credito, per le quali tuttavia non si esprimeranno certo i grillini: anche se la materia, nel frattempo, ha trovato udienza nelle altre forze politiche, di maggioranza e opposizione, al punto da finire anche sotto osservazione della Commissione banche.

IL TEMA DEL PREU - Altro fronte caldo, in generale e per i giochi, è quello fiscale, a partire dalla questione delle scadenze, su cui Lega e Fi chiedono interventi a maglie non troppo strette. Tra le richieste, c'è anche quella – di nuovo – del comparto del gioco pubblico, con le imprese del settore che continuano a chiedere il rinnovo della proroga dei versamenti del prelievo erariale unico che, specie nel segmento degli apparecchi da intrattenimento, diventa una questione di vita o di morte. Dopo mesi di totale assenza di entrate a fronte di costi fissi più o meno costanti, le aziende del comparto hanno ormai eroso gran parte delle riserve di liquidità: per questa ragione, se non dovesse arrivare una proroga dei versamenti, il rischio è quello di veder saltare molte imprese, soprattutto tra le medie, piccole e micro. Sul tema specifico - secondo quanto apprende GiocoNews.it da fonti parlamentari - si starebbero occupando diverse forze di maggioranza, anche se le possibilità di successo sembrano ad oggi scarse. Visto che la coperta delle risorse in mano al governo, ancora troppo corta, rischia di mettere in discussione ogni altro discorso. A meno che, appunto, i fondi a disposizione possano crescere ancora.

LA RIPRESA ECONOMICA E' UN MIRAGGIO – Ma c'è di peggio. Mentre la politica si interroga sul da farsi, l'economia continua a franare. Con la ripresa della pandemia e il rallentamento della campagna vaccinale di questi giorni che potrebbero portare ad un calo del Pil del 4,7 percento su base mensile, secondo le ultime stime di Confcommercio. Peggio ancora se si considera, poi, che l'allentamento delle restrizioni a febbraio non ha evitato un forte calo dei consumi.

Il quadro che emerge dall'ultimo numero della Congiuntura Confcommercio ricalca più o meno la situazione (critica) di marzo e aprile dello scorso anno. Vincoli alla mobilità, chiusure degli esercizi commerciali e dei luoghi di scambio sociale, seppure relativamente meno stringenti e più articolate sul territorio rispetto a quelle di un anno fa, che rischiano di avere effetti ancora più dirompenti in un sistema economico già fortemente compromesso. E' chiaro che anche il rallentamento della campagna vaccinale con gli accadimenti degli ultimi giorni, mette in discussione anche una previsione di crescita del Pil attorno al 4 percento per l’anno in corso. Si ampliano i divari tra settori: gran parte dei servizi di mercato si trovano ormai da un anno nell’impossibilità di operare mentre almeno alcuni settori dell’industria stanno recuperando le perdite registrate nei peggiori momenti dello scorso anno. Secondo i dati dell'Icc (Indicatori dei consumi Confocommercio) a febbraio c'è un un andamento negativo su base annua con una flessione del 12,2 percento che segue la contrazione del 17,5 percento di gennaio.

La ripresa economica rischia dunque un brusco stop nel mese di marzo per il quale si stima una riduzione del Pil del 4,7 percento su base mensile. Su base annua, il confronto con il mese iniziale della crisi porta, comunque, a una crescita del 7,3 percento. Nel complesso del primo trimestre la variazione dovrebbe attestarsi al -1,5 percento rispetto all’ultimo quarto del 2020 e al -2,6 percento rispetto ai primi tre mesi dello scorso anno.

LA CRISI DELL'ENTERTAINMENT - Anche a febbraio gli andamenti settoriali evidenziano un quadro particolarmente articolato, in linea con le limitazioni imposte dalla pandemia che hanno toccato in misura differenziata i settori. Solo per i prodotti ed i servizi di comunicazione e per l’elettronica di consumo i consumi si confermano in territorio positivo. In ripresa è risultata, sulla spinta delle nuove incentivazioni, la domanda di autovetture da parte dei privati. Addirittura, per la prima volta dopo molti mesi, anche il settore dell’alimentazione mostra qualche elemento di difficoltà: situazione determinata anche dal confronto con un periodo in cui l’affacciarsi della crisi sanitaria aveva portato a un forte aumento delle scorte da parte delle famiglie. Ma la filiera turistica, la mobilità ed i settori legati alla fruizione del tempo libero continuano ad essere i più penalizzati. Con il settore ricreativo che subisce una riduzione di circa il 70 percento a febbraio.

fipe crisi

Il protrarsi di riduzioni prossime o superiori al 50 percento da un anno rende sempre più difficile immaginare un’uscita dalla crisi, peraltro non immediata, che non implichi pesanti ripercussioni su questi settori con effetti che potrebbero durare più a lungo della crisi sanitaria. In forte difficoltà continuano a trovarsi l’abbigliamento e le calzature (-24,5 percento nel confronto con febbraio 2020) e la domanda di carburanti (-21,2 percento) segmento che risente pienamente delle limitazioni alla mobilità.

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