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Cassazione ribadisce: 'No a raccolta scommesse senza licenza Tulps'

14 aprile 2017 - 08:59

La Corte di Cassazione conferma la condanna al titolare di un internet point che ha raccolto scommesse senza avere la licenza ex articolo 88 Tulps.

Scritto da Fm
Cassazione ribadisce: 'No a raccolta scommesse senza licenza Tulps'

 

"In mancanza della concessione e della licenza, per escludere la configurabilità della fattispecie incriminatrice, occorre la dimostrazione che l'operatore estero non abbia ottenuto le necessarie concessioni o autorizzazioni a causa di illegittima esclusione dalle gare (Sez. 3, sent. n. 40865 del 20/09/2012, Maiorana, Rv. 253367) o per effetto di un comportamento comunque discriminatorio tenuto dallo Stato nazionale nei confronti dell'operatore comunitario. In siffatti casi, il giudice nazionale, anche a seguito della vincolante interpretazione data alle norme del trattato dalla Corte di giustizia Ce, dovrà
disapplicare la normativa interna per contrasto con quella comunitaria".

 

A ribadire il principio, è la Corte di Cassazione, che ha ritenuto inammissibile il ricorso del titolare dell'esercizio commerciale internet point contro la condanna a quattro mesi di reclusione con il beneficio della non menzione nel certificato del casellario giudiziale per aver esercitato la raccolta di scommesse, senza aver richiesto l'autorizzazione secondo l'art. 88 Tulps, mediante collegamento, tramite server, ad un sito estero.


La Cassazione sottolinea che "non integra il reato di cui alla legge 401 del 1989, art. 4, la raccolta di
scommesse in assenza di licenza di pubblica sicurezza da parte di soggetto che operi in Italia per conto di operatore straniero cui la licenza sia stata negata per illegittima esclusione dai bandi di gara e/o mancata partecipazione a causa della non conformità, nell'interpretazione della Corte di giustizia CE, del regime
concessorio interno agli artt. 43 e 49 del Trattato CE (Sez. 3, sent. n. 28413 del 10/07/2012, Cifone, Rv. 253241, Sez. 3, n. 37851 del 4/6/2014, Parrelli, Rv. 260944; Sez. 3, n. 12335 del 7/1/2014, Ciardo, Rv. 259293). E' di tutta evidenza che, in questo quadro normativo e giurisprudenziale, la disapplicazione
presuppone la dimostrazione che colui che intende esercitare l'attività di cui all'art.4 deve aver richiesto l'autorizzazione ex art. 88 e che il diniego di autorizzazione sia motivato sulla mancanza di concessione in capo alla società estera illegittimamente discriminata dal bando.
Nel caso in esame, l'assenza di richiesta dell'autorizzazione ex art. 88 Tulps da parte del ricorrente esclude in radice la possibilità per il giudice di valutare la presunta discriminazione del diniego dell'autorizzazione da parte del Questore, e di conseguenza di valutare la concreta discriminazione".

I giudici concludono ricordando che, n"ella consolidata interpretazione di questa Corte, un ricorso per cassazione inammissibile, per manifesta infondatezza dei motivi o per altra ragione, "non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p." (Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013, Ciaffoni, Rv. 256463, Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv 217266; Sez. 4, n. 18641 del 20/01/2004, Tricorni) cosicché è preclusa la dichiarazione di prescrizione del reato maturato dopo la pronuncia della sentenza
in grado di appello ( da ultimo Sez. 5, n. 15599 del 19/11/2014, Zagarella, Rv. 263119)".
 

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