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Tar Puglia su Goldbet: “Per contestare il Bando necessario averlo impugnato, nulla cambia con Costa-Cifone”

13 aprile 2012 - 08:10

Per poter richiedere l'illegittimità di un bando di gara sotto il profilo del rispetto del diritto dell'Unione europea – come nel caso del bando 'Bersani' per le concessioni di scommesse, è necessario aver impugnato a tempo debito il bando stesso. Altrimenti, la richiesta appare infondata. E' questa, in estrema sintesi, la conclusione a cui arriva il Tar Puglia, attraverso una sentenza di questi giorni (in allegato), nella quale ribadisce l'impossibilità per l'allibratore estero (nel caso specifico, il bookmaker austriaco Goldbet) e per i suoi incaricati di dolersi solo successivamente di tale illegittimità nei giudizi successivi aventi ad oggetto il diniego dell'autorizzazione di pubblica sicurezza di cui all'art. 88 Tulps. “Tale impugnativa – specificano i giudici di Bari - avrebbe, quindi, consentito alla Goldbet, sempre che fosse risultata aggiudicataria di una concessione messa a gara, di operare sul mercato in situazione di sostanziale parità con gli altri operatori senza alcuna penalizzazione o discriminazione sul piano commerciale”. Normal 0 14 false false false MicrosoftInternetExplorer4

Scritto da Vincenzo Giacometti


LA VINCENDA DI BARI – La pronuncia del Tar di Bari arriva in seguito alla richiesta di un operatore avete un rapporto contrattuale con la società austriaca Goldbet di annulamento del provvedimento di diniego di licenza ex art.88 del Tulps emesso dalla questura di Bari ad agosto 2011. La sentenza appare particolarmente interessante in quanto i giudici del Tribunale di Bari, già espressa in precedenza sulla materia, hanno aggiornato la propria posizione tenendo conto degli sviluppi in ambito comunitario e, in particolare, della recente sentenza della Corte Europea 'Costa-Cifone' e, inevitabilmente, della precedente 'Placanica'. Ebbene, secondo i giudici, che citano i passaggi rilevanti di tali pronunce, “In nessuna delle pronunce la corte ha ritenuto in contrasto con l’ordinamento comunitario il sistema concessorio tout court”
Non solo. “La giurisprudenza amministrativa e la dottrina sono concordi nel ritenere che l’atto amministrativo adottato in violazione del diritto comunitario (illegittimità comunitaria “diretta”) è annullabile alla stregua degli ordinari canoni di valutazione della patologia dell’atto, prospettando l’onere di impugnazione dinanzi al giudice amministrativo entro il prescritto termine di decadenza, pena la sua inoppugnabilità.
Analoghi principi vanno seguiti in ipotesi di illegittimità comunitaria “indiretta”, ossia quando l’atto sia emanato sulla base di una norma statale che si asserisce anticomunitaria, non essendovi ragione alcuna che renda incompatibile il sistema impugnatorio con la denuncia dei vizi di tale forma di illegittimità comunitaria.
L’illegittimità “comunitaria” dell’atto amministrativo deve, dunque, essere parificata alla illegittimità dell’atto amministrativo per un qualsiasi vizio che ne può determinare l’annullamento ai sensi dell’art. 21-octies della legge n. 241/1990,
Ed allora la lesione all’interesse del ricorrente - e ancor prima dell’allibratore estero per conto del quale questi intendeva effettuare l’attività di raccolta mediante centro di trasmissione dati (CTD) - avrebbe dovuto dar luogo all’impugnativa del bando di gara “comunitariamente” illegittimo, immediatamente lesivo, poiché impeditivo della partecipazione alla gara onde ottenere la concessione. L’ordinamento avrebbe, infatti, consentito alla Goldbet, ove la stessa avesse diligentemente impugnato il bando di gara nelle parti in cui riteneva porsi in contrasto con l’ordinamento comunitario, di vedere valutata la doglianza relativa alla incompatibilità delle concessioni- autorizzazioni transfrontaliere con quelle italiane.
Tale impugnativa avrebbe, quindi, consentito alla Goldbet, sempre che fosse risultata aggiudicataria di una concessione messa a gara, di operare sul mercato in situazione di sostanziale parità con gli altri operatori senza alcuna penalizzazione o discriminazione sul piano commerciale.

 

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