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Scommesse: Il Tribunale di Prato condanna Stanley a risarcimento danni per concorrenza sleale

20 novembre 2012 - 14:42

Non basta la “Costa-Cifone” a legittimare l'operato di Stanleybet in Italia secondo il Tribunale civile di Prato il quale, in una sentenza di questi giorni, condanna il bookmaker inglese al risarcimento danni nei confronti di una agenzia titolare di una regolare concessione, per via di una condotta di concorrenza sleale. Si tratta di un verdetto particolarmente rilevante, anche alla vigilia dell'udienza del Tar Lazio dove il sistema concessorio italiano si scontrerà nuovamente contro il bookmaker di Liverpool, che potrebbe segnare la giurisprudenza nel settore delle scommesse, in quanto il giudice del Tribunale toscano prende atto dei principi contenuti nella Costa-Cifone – in virtù dei quali molte sentenze recenti erano risultate favorevoli a Stanley - ma non li considera rilevanti per la fattispecie trattata visto che si configura a tutti gli effetti una concorrenza sleale in termini di raccolta scommesse.

Scritto da Alessio Crisantemi

Il giudice di Prato “non ritiene che ricorrano gli estremi per sollevare davanti alla Corte di Giustizia della Comunità Europea questione di interpretazione pregiudiziale”, per conoscere se una norma nazionale di divieto di atti di concorrenza sleale sia compatibile con il diritto comunitario, “ben potendosi decidere la causa in oggetto alla luce della normativa in vigore e della interpretazione giurisprudenziale della medesima”.
Nel merito è emerso che il centro Stanley in questione, “offriva ai suoi clienti la possibilità di effettuare scommesse mettendo loro a disposizione il palinsesto degli eventi sportivi su cui poter scommettere e le rispettive quote”. Con tanto di “gestore che provvedeva alla raccolta del denaro contante ed al rilascio della ricevuta di scommessa”. Per queste ragioni, “deve ritenersi che si trovino in situazioni di concorrenza tutte le imprese i cui prodotti e servizi concernono la stessa categoria di consumatore che operino di conseguenza in una qualsiasi della fasi della produzione e del commercio, destinata a sfociare nella collocazione sul mercato di tali beni”.
Ed è proprio questo il caso, con il centro Stanley portato all'attenzione del Tribunale di Prato che “ha operato nell'ambito territoriali di un ristretto mercato” pur “essendo privo delle necessarie concessioni ed autorizzazioni, al di fuori degli oneri concessori e fiscali a cui sottostanno tutte le agenzie concessionarie”, svolgendo un'attività indirizzata alla pari di quella espletata dai concessionari.
Secondo il giudice, inoltre, l'assunto secondo il quale “il sistema normativo e regolamentare italiano in materia di scommesse confligge con i principi europei di libera prestazione dei servizi e libero stabilimento”, si limita a “prendere atto” della modalità operativa con cui la Stanleybet opera, “ma non sancisce la legittimità di siffatta modalità nel mercato dell'Unione Europea, rispetto al quale manca una normativa comune in tema di giochi e scommesse”.
Risulta pertanto evidente che dalla non applicazione di sanzioni penali nei confronti di gestori di centri Stanley, quale conseguenza delle eccessive restrizioni poste da singole previsioni della normativa nazionale, non si può desumere un definitivo riconoscimento di legittimità ad operare negli ordinamenti giuridici interni, prescindendo dalla normativa vigente e della loro conformità o meno ai principi del Trattato.

Alla luce della recente giurisprudenza, il Tribunale di Prato evidenzia una “condotta idonea a integrare sleale concorrenza”, provocando danni agli operatori in possesso di concessione che, nel caso in esame, comporta un danno stimato in 60mila euro, che la Stanley dovrà risarcire al ricorrente. Oltre alle spese per la costituzione in giudizio di oltre 12mila euro.

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