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Cassazione: 'Imposta scommesse, dal 2011 dovuta da Ctd e bookmaker'

01 aprile 2021 - 09:48

La Cassazione rigetta ricorso di Stanleybet ed evidenzia che dopo il 2010 l'imposta sulle scommesse è dovuta sia dal Ctd che dal bookmaker straniero. Il commento del Ceo Garrisi.

Scritto da Fm
Cassazione: 'Imposta scommesse, dal 2011 dovuta da Ctd e bookmaker'

"Il legislatore, con l'art. 1, comma 66, I. n. 220/10, da un canto ha stabilito che l'imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio e, d'altro canto, ha esplicitato l'obbligo delle ricevitorie operanti, come nel caso in esame, per conto di 'bookmaker' privi di concessione, al versamento del tributo e delle relative sanzioni; a questo riguardo ha escluso che l'equiparazione, ai fini tributari, del 'gestore per conto terzi' (ossia del titolare di ricevitoria) al 'gestore per conto proprio' (ossia al 'bookmaker') sia
irragionevole".

Questo il principio attorno al quale ruota l'ordinanza della Corte di cassazione che ha rigettato il ricorso promosso da Stanleybet Malta Limited contro l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, che con un avviso di accertamento aveva contestato al concessionario il mancato versamento dell'imposta unica sulle scommesse per l'anno 2012, quale soggetto obbligato in solido con una società che svolgeva l'attività di ricevitoria, in ottemperanza della norma sull’imposta unica per i centri scommesse senza concessione inserita nella legge di Stabilità 2011, che equiparava dal punto di vista fiscale i Ctd alle normali agenzie di betting.

Mentre, da altre ordinanze pubblicate in queste ore, emerge che "per le annualità d’imposta antecedenti al 2011 non rispondono le ricevitorie, ma rispondono i bookmaker, con o senza concessione".

I giudici, pur riconoscendo - come già fatto dalla Corte costituzionale con la sentenza 23 gennaio 2018, n. 27 - l'incertezza correlata all'interpretazione dell'art. 3, d.lgs. n. 504/98 per il periodo antecedente alla disposizione interpretativa del 2010 (nel senso che era incerto se la pretesa impositiva si potesse rivolgere anche nei confronti dei soggetti che operavano al di fuori del sistema concessorio), ribadiscono che sia la ricevitoria che il bookmaker partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell'attività di "organizzazione ed esercizio" delle scommesse soggetta a imposizione, sicché entrambe svolgono l'attività gestoria delle scommesse.

Inoltre, si legge nell'ordinanza, "l'Amministrazione ha adeguatamente chiarito le motivazioni che l'hanno indotta ad adottare l'atto impugnato e cioè l'omesso versamento dell'imposta unica sulle scommesse da parte di un soggetto tenuto a tale adempimento e per ciò che concerne l'aliquota, la stessa Amministrazione ha chiarito che l'applicazione della misura massima è dovuta al fatto che l' obbligato principale, pur a fronte di specifica richiesta in tal senso, non ha fornito all'Ufficio la documentazione necessaria per stabilire l'aliquota applicabile, la
ricorrente non ha riprodotto il contenuto dell'avviso, onde evidenziarne le carenze motivazionali che (secondo le precisazioni rese da questa Corte, per le quali si veda, tra le tante, Cass. 21 novembre 2018, n. 30039) sono riscontrabili quando l'Agenzia si sia limitata a enunciare la pretesa impositiva, senza indicarne 'petitum' e 'causa petendi' e senza ricostruirne gli elementi costitutivi"

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del Dpr n° 115 del 2002, la Cassazione "dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto".
 
GARRISI (CEO STANLEYBET): “CONTENZIOSO SUL PASSATO CONTINUERÀ, PRONTI A PAGARE TASSE DAL 1° GENNAIO 2021” - Non si è fatto attendere il commento all'ordinanza di Giovanni Garrisi, Ceo di Stanleybet. "Ho piena fiducia nella giustizia, una decisione della Corte di Cassazione va accettata anche quando è negativa. Una cosa però deve essere chiara: il contenzioso sul passato continuerà. Reagiremo all’ordinanza pubblicata ieri, a tutela dei nostri diritti nei modi consentiti dall’ordinamento interno ed europeo".
Ma, aggiunge Garrisi, "Non è la prima volta che la Suprema Corte, in altre composizioni, ha poi cambiato orientamento. Sono convinto che ci sarà una lettura e una disamina ulteriore delle molteplici istanze difensive rimaste senza risposta. Per la Cassazione penale l’attività della compagnia è pienamente lecita, ma ci viene chiesto dal regolatore di pagare l’imposta unica sulla base di una legge che ha come presupposto lo scoraggiamento del gioco illecito. Insomma, anziché dirci che, dato che la nostra attività è lecita, abbiamo anche il dovere di pagare l’imposta unica (il che è pacificamente accettabile) ci viene detto che dobbiamo pagare l’imposta unica sulla base di una legge fatta per gli operatori illeciti, il che, anche moralmente, è difficile da accettare. Che si creda o no, questo è il nocciolo del problema.
Stiamo cercando, nella nostra interlocuzione con Adm, di trovare soluzioni per il pagamento dell’imposta unica sulle scommesse per il futuro. Una mia lettera in tal senso, spedita al direttore Adm in data 01.03.2021, ove è contenuta addirittura la proposta di iniziare a pagare l’imposta unica in Italia con decorrenza retroattiva 01.01.2021, è in attesa di risposta. Lettere di disponibilità al pagamento dell’imposta unica in Italia sono state inviate dalla Stanley ad Adm fin dal 30.06.2016.
Ma una vera interlocuzione è iniziata, con l’attuale direttore, solo dall’inizio dello scorso anno e sicuramente sono stati fatti progressi nella giusta direzione. Continueremo ad impegnarci per far comprendere in tutte le sedi giudiziarie di tutti i gradi le ragioni del nostro dissenso dalla recente ordinanza della Cassazione, che lascia aperte vaste aree di incertezza e non affronta diverse questioni costituzionali e di diritto europeo.
Sotto altro riguardo, non posso non ricordare che l’ordinanza appena pubblicata è stata resa con procedura di camera di consiglio non partecipata, vale a dire, senza udienza pubblica e senza audizione orale dei difensori, nonostante specifiche istanze depositate e reiterate in ogni singola causa, che sono state espressamente rigettate. Questa scelta procedurale della Suprema Corte, non realmente motivata e francamente poco comprensibile, trattandosi di una vicenda giunta per la prima volta al suo massimo grado di giurisdizione, che ha impegnato per anni e anni i giudici di ogni ordine e grado in migliaia di cause, la Corte costituzionale e la Corte di giustizia europea, ha visto nella oggettività violato un elemento-chiave del giusto processo: il diritto fondamentale all’udienza pubblica con la presenza fisica in udienza dei difensori e il contradditorio reale con il Procuratore generale ed il Collegio giudicante.
La compagnia inizierà immediatamente a lavorare su un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Non è sorprendente che l’atto finale di un immenso contenzioso lungo ben 11 anni – che coinvolge l’economia e, in definitiva, il reddito e la vita di migliaia di famiglie, per di più, nei tempi difficili della pandemia – sia stato celebrato senza la presenza fisica e il contraddittorio della difesa dei Ctd e della Stanley? Ma c’è di più: è ora sotto attenta valutazione anche il rifiuto da parte del Collegio giudicante di considerare, e dare giusto seguito, alla nostra richiesta di un nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia per fare chiarezza sulla quanto mai oscura sentenza ‘Stanleyparma’. Un rifiuto che noi non possiamo accettare e, per il quale, ben conosciamo i rimedi consentiti dal nostro ordinamento.
È forte l’impressione che l’ordinanza della Cassazione, che ha, in sostanza, completamente ignorato gli argomenti della difesa, possa apparire, per così dire, 'già scritta' e che le sue motivazioni abbiano ricostruito in ‘buona forma’ una conclusione già raggiunta. Ciò nonostante, ribadisco la mia fiducia nella giustizia, ed il mio rispetto per la decisione della Corte. Quindi, fatto salvo l’esercizio in parallelo dei nostri diritti, e ogni ulteriore iniziativa giudiziaria, la compagnia intende proseguire il dialogo con il regolatore per cercare di delineare una applicazione quanto più possibile condivisa delle conseguenze dell’ordinanza".
 

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