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La scommessa in bookmaker non autorizzati, rischio stangata per i giocatori

19 febbraio 2020 - 09:37

Chi gioca in bookmakers senza concessione potrebbe dover pagare l’imposta Irpef in virtù di una norma antica che torna di attualità con i controlli tributari 2020.

Scritto da Ac
La scommessa in bookmaker non autorizzati, rischio stangata per i giocatori

Chi scommette sui punti vendita non autorizzati, collegati alla rete di bookmaker esteri, come noto, può godere in genere di quote migliori e, quindi, di maggiori probabilità di vincita. Ma la convenienza potrebbe essere compensata da una vera e propria stangata, che scaturirebbe dall’obbligo di dichiarare eventuali vincite al Fisco. Una tesi che sta facendo il giro della rete: sia quella delle raccolta, che quella virtuale, cioè il web. Dove la materia sta scatenando alcuni dibattiti tra operatori, scommettitori ed esperti.

In effetti, secondo le norme tributarie in vigore nel nostro paese, tutte le vincite e i premi si devono indicare nella dichiarazione Irpef, alla voce “redditi diversi”, senza la detrazione delle eventuali perdite. Ad eccezione di quelle realizzate sulla rete dei concessionari di Stato in quanto in questo caso i giochi sono tassati alla fonte, attraverso l'assolvimento dell'imposta unica da parte del concessionario stesso.

Nel settore delle scommesse, però, esistono dei bookmaker esteri – discriminati o meno dalla legge italiana - che operano in Italia con punti vendita fisici, attraverso i ben noti “Ctd” (Centri trasmissione dati), in assenza di una concessione e senza versare l'Imposta unica per propria scelta, in quanto risulta ancora pendente un contenzioso su questa specifica materia presso la Corte di Giustizia europea (la quale, peraltro, si esprimerà il prossimo 26 febbraio).

Ebbene, stando alle norme vigenti, gli scommettitori che realizzano delle vincite presso i centri scommesse di questi bookmaker, dovrebbero inserire tali vincite nella propria dichiarazione dei redditi. Una pratica che, a quanto pare, solo raramente viene eseguita dai giocatori anche perché, va detto, fino allo scorso anno appariva molto difficilmente che il Fisco potesse venire a conoscenza di queste vincite, con la conseguente omissione di molti giocatori. Dal 2020, tuttavia, cambia musica, in quanto la nuova Manovra economica che pone tra i principali obiettivi quello di combattere il riciclaggio, l’evasione e l’elusione fiscale, ha previsto controlli a tappeto su tutte le transazioni finanziarie eseguite tramite bonifici su conti bancari, carte di credito, carte prepagate, e altro. Inoltre quando si ottiene una vincita pari o superiore ai duemila euro, questa è soggetta alla procedura antiriciclaggio e i dati arrivano automaticamente anche al fisco. Senza contare, inoltre, che a partire da quest'anno, in virtù della stessa manovra sono anche previsti dei controlli ulteriori attraverso l'impiego dei nuovi “agenti sotto copertura”, che possono presentarsi presso i punti di raccolta di gioco. Ecco quindi che il rischio di essere scoperti, per i giocatori, diventa decisamente superiori. E neppure banale visto che, sempre in base alle nuove norme, si rischia anche la reclusione fino a 8 anni per un’imposta Irpef evasa superiore ai 100mila euro annui. Cifra che, secondo gli esperti, non è così difficile da raggiungere per i giocatori abituali, tenendo conto che, come accennato in precedenza, non si conteggiano le scommesse perse. 
 
I PRECEDENTI – Per quanto riguarda la questione delle vincite realizzate all'estero, esistono alcuni precedenti, tra cui quello forse più popolare che riguarda il giocatore di poker Cristiano Blanco che all'Ept di Dortmund dell'11 Marzo 2007 si aggiudicò un premio da 380mila, che furono sottoposti a tassazione dallo Stato Italiano. Salvo poi giungere, dieci anni dopo, alla sentenza della Corte di Giustizia Europea che ritenne discriminatoria la tassazione delle vincite realizzate presso Casinò terrestri all'interno della Comunità Europea rispetto a quelli Italiani. Con l'Italia che, successivamente, legiferò in merito, sia pure limitando la portata della nuova norma ai “casinò fisici” e non a quelli online.
Ecco quindi che alcuni esperti ritengono che, in virtù delle norme attuali, le vincite conseguite con bookmaker esteri sono da ritenere soggette alla tassazione Irpef. Tenendo anche conto che nelle motivazioni della Corte Europea si legge: "la differenza di trattamento fiscale tra le vincite ottenute nei casinò italiani ed esteri non appare né idonea e né proporzionata a raggiungere l'obiettivo di tutelare l'ordine pubblico, di prevenire il riciclaggio e di contrastare il fenomeno della ludopatia". E inoltre: "Le autorità di uno stato membro non possono validamente presumere, in maniera generale e senza distinzioni, che gli organismi e gli enti stabiliti in un altro stato membro si dedichino ad attività criminali e che l'esclusione generalizzata del beneficio disposta dall'Italia va al di là di quanto è necessario per lottare contro il riciclaggio di capitali". 
 
LA “CONVENIENZA” DELLA RETE LEGALE - Quello che è certo, in ogni caso, è che le vincite realizzate presso i concessionari autorizzati italiani non sono oggi soggette ad imposizione in capo al percettore della vincita, in quanto – come detto - l’imposizione reddituale sui vincitori è sostituita dall’imposta sugli intrattenimenti, dovuta dallo stesso concessionario. Quindi, nel caso della rete legale, un’imposta viene versata allo Stato. Cosa che invece non accade, naturalmente, nel caso di soggetti non concessionari, o almeno privi di concessione in Italia. Per questa ragione, dunque, è senz'altro più conveniente e sicuro, per un giocatore, scommettere esclusivamente sulla rete autorizzata. Al di là di tutto.
Anche se la materia fiscale si rivela comunque particolarmente complessa e tutt'altro che chiara. Se, infatti, le “case da gioco” estere non possono fungere da “sostituti d’imposta” (ai sensi dell’art. 30 del Dpr. 29 settembre 1973, n. 600), differentemente da quelle italiane, tali soggetti non applicano alcuna imposizione sostitutiva. Quindi, è ragionevole ritenere che la tassazione sulle vincite dovrebbe essere a carico scommettitori. Ma anche su questo si è poi instaurato contenzioso comunitario che dice che la tassazione Irpef ordinaria sarebbe discriminante nei confronti della tassazione sostitutiva inferiore a carico degli scommettitori con concessionari (che però ha quella motivazione). Per tale ragione occorrerebbe forse intervenire con una norma chiarificatrice che risolva la questione una volta per tutte. Ed è forse ciò che potrebbe avvenire dopo l'attesa pronuncia della Corte europea del prossimo 26 febbraio.
 
 
 

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