skin

Avv. Agnello: ‘Giocatore non può essere soggetto passivo di imposta’

19 febbraio 2020 - 09:50

Irpef e Ctd: attribuire la soggettività passiva allo scommettitore per alcune imposte dirette viola i principi dell’Unione, secondo il legale Daniela Agnello.

Scritto da Alessio Crisantemi
Avv. Agnello: ‘Giocatore non può essere soggetto passivo di imposta’

Lo scommettitore non può diventare il soggetto passivo a cui attribuire talune imposte dirette perché tale orientamento violerebbe quanto statuito e garantito dall’articolo 56 del Tfue, configurando una discriminazione tanto nei confronti dello scommettitore quanto in quelli dell’operatore estero. E' questa la tesi difensiva di Daniela Agnello, esperta in materia e nelle giurisdizioni italiane e comunitarie da oltre vent’anni, in risposta alla sollecitazione proveniente da GiocoNews.it in materia di scommesse nei Ctd e di conseguenze per i giocatori.

Secondo alcune interpretazioni, di cui abbiamo dato notizia, gli scommettitori che giocano con bookmakers che non pagano l’imposta unica in Italia (discriminati o meno, secondo la Corte di giustizia europea) dovrebbero denunciare le vincite nella dichiarazione dei redditi. A differenza di chi consegue vincite presso Concessionari autorizzati, dove la trattenuta avviene "alla fonte", attraverso il versamento dell’Imposta unica. Secondo tale principio,  le vincite realizzate presso i Ctd (Centri trasmissione dati) di bookmaker esteri non autorizzati, le vincite sono sempre soggette a tassazione Irpef. E ora, con i moduli antiriciclaggio che risultano obbligatori per vincite superiori ai mille euro, essere scoperti dal fisco diventa più probabile, oltre al fatto che da quest’anno ci saranno nuovi controlli previsti sui conti correnti.

Secondo l’avv. Agnello, tuttavia, a venire in soccorso dei giocatori sarebbe la giurisprudenza comunitaria: “L’attività di giochi e scommesse – spiega l’avvocato - è un settore non armonizzato a livello europeo e la Corte di Giustizia europea si è già occupata delle divergenze di trattamento fiscale fra gli Stati Membri che spesso si sono tradotte in ostacoli alla libertà di prestazione dei servizi, già previsti dagli articoli del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. La Corte Ue ha sempre ritenuto che ‘se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati Membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario’.
La prima pronunzia capostipite in materia è la sentenza del 13 novembre 2003, causa C-42/02, Lindman. La controversia riguardava una normativa finlandese che prevedeva l’imposizione in capo alle persone fisiche delle vincite di gioco provenienti dalle lotterie estere, mandando invece esenti le vincite provenienti dalle lotterie nazionali. La Corte ha concluso che 'l’art. 49 CE si oppone alla normativa di uno Stato Membro secondo cui le vincite provenienti da giochi d’azzardo organizzati in altri Stati Membri sono considerate come un reddito del vincitore assoggettabile all’imposta sul reddito, mentre le vincite provenienti da giochi d’azzardo organizzati nello Stato Membro di cui trattasi non sono imponibili…'.”
Ma non si tratta dell’unico contributo utile. “L’insegnamento della sentenza Lindman ha trovato significativa conferma nella successiva sentenza della Corte 6 ottobre 2009, causa C-153/08, Commissione c. Spagna. Si trattava, in quel caso, di un giudizio d’infrazione instaurato dalla Commissione nei confronti del Regno di Spagna per sentire dichiarare la contrarietà al diritto dell’Unione di una normativa spagnola che tassava le vincite provenienti dalla partecipazione a tutti i tipi di lotterie, giochi e scommesse organizzati all’estero, mentre le vincite provenienti da taluni tipi di lotterie, giochi e scommesse organizzati in Spagna ne erano esentate”. La Corte Ue giunge quindi ad analoghe conclusioni rispetto a quelle del caso Lindman.
“In particolare, la Corte asserisce che la legislazione fiscale spagnola in causa, avendo per ‘… effetto di trattare più favorevolmente le vincite distribuite dagli enti [nazionali] … costituisce una discriminatoria restrizione alla libera circolazione dei servizi a svantaggio degli enti che esercitano attività [analoghe] in uno Stato Membro che non sia il Regno di Spagna …’.
Ma non è tutto. Come sottolinea il legale: “Da ultimo, segnalo che la medesima linea argomentativa sostenuta nelle pronunce Lindman e Commissione c. Spagna ha trovato puntuale riscontro anche nella sentenza Blanco e Fabretti, Causa Riunite C-344/13 e C-367/13, vertente sulla compatibilità con l’art. 56 del Tfue di una normativa italiana che assoggettava a imposta sui redditi le vincite da giochi d’azzardo conseguite presso case da gioco situate all’estero, mentre mandava esenti le medesime vincite allorché ottenute presso case da gioco ubicate sul territorio italiano. Anche in questo caso, si trattava di un’imposizione non armonizzata a livello europeo e, anche in questo caso, venivano in luce modalità discriminatorie di applicazione del tributo che confliggevano con la libertà di prestazione dei servizi transfrontalieri di gioco prevista dall’art. 56 Tfue. Il Giudice comunitario ha rilevato che ‘una differenza di trattamento fiscale, per effetto della quale soltanto le vincite al gioco conseguite in un altro Stato membro sono considerate redditi assoggettati ad imposizione, riduce l’attrattività di uno spostamento in un altro Stato membro allo scopo di giocare a giochi d’azzardo … Pertanto, una normativa nazionale come quella in esame nei procedimenti principali genera una restrizione discriminatoria della libera prestazione dei servizi, quale garantita dall’articolo 56 Tfue, nei confronti non soltanto dei prestatori ma anche dei destinatari di tali servizi’. La Corte aggiunge che ‘una restrizione discriminatoria è compatibile con il diritto dell’Unione soltanto qualora ricada sotto le previsioni di un’espressa norma derogatoria, come l’articolo 52 Tfue …. E ancora, ‘Di conseguenza, una normativa nazionale come quella in esame nei procedimenti principali può essere giustificata soltanto nella misura in cui persegua obiettivi corrispondenti ai motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica di cui all’articolo 52 Tfue. Inoltre, … le restrizioni imposte dagli Stati membri devono soddisfare i requisiti di proporzionalità’. La Corte conclude che tali motivi non ricorrono nel caso della normativa italiana.
Ecco quindi che si possono ricavare principi utile per una disamina del caso della tassazione delle vincite realizzate in Italia su Ctd esteri: “Riconducendo gli insegnamenti delle sentenze Lindman, Commissione c. Spagna e Blanco e Fabretti – conclude l’avvocato Agnello - si potrebbe sostenere che attribuire la soggettività passiva allo scommettitore per talune imposte dirette viola quanto statuito e garantito dall’art. 56 Tfue, configurando una discriminazione tanto nei confronti dello scommettitore quanto in quelli dell’operatore estero. Vi sono poi altre valide argomentazioni difensive in materia di mutuo affidamento e altri principi e diritti eurounitari che lascio alle sedi giurisdizionali”.

Secondo l’avv. Agnello, tuttavia, a venire in soccorso dei giocatori sarebbe la giurisprudenza comunitaria:

L’attività di giochi e scommesse – spiega l’avvocato - è un settore non armonizzato a livello europeo e la CGUE si è già occupata delle divergenze di trattamento fiscale fra gli Stati Membri che spesso si sono tradotte in ostacoli alla libertà di prestazione dei servizi, già previsti dagli articoli del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. La Corte Ue ha sempre ritenuto che ‘se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati Membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario’.

La prima pronunzia capostipite in materia è la sentenza del 13 novembre 2003, causa C-42/02, Lindman. La controversia riguardava una normativa finlandese che prevedeva l’imposizione in capo alle persone fisiche delle vincite di gioco provenienti dalle lotterie estere, mandando invece esenti le vincite provenienti dalle lotterie nazionali. La Corte ha concluso che «l’art. 49 CE si oppone alla normativa di uno Stato Membro secondo cui le vincite provenienti da giochi d’azzardo organizzati in altri Stati Membri sono considerate come un reddito del vincitore assoggettabile all’imposta sul reddito, mentre le vincite provenienti da giochi d’azzardo organizzati nello Stato Membro di cui trattasi non sono imponibili …».”

Ma non si tratta dell’unico contributo utile. “L’insegnamento della sentenza Lindman ha trovato significativa conferma nella successiva sentenza della Corte 6 ottobre 2009, causa C-153/08, Commissione c. Spagna. Si trattava, in quel caso, di un giudizio d’infrazione instaurato dalla Commissione nei confronti del Regno di Spagna per sentire dichiarare la contrarietà al diritto dell’Unione di una normativa spagnola che tassava le vincite provenienti dalla partecipazione a tutti i tipi di lotterie, giochi e scommesse organizzati all’estero, mentre le vincite provenienti da taluni tipi di lotterie, giochi e scommesse organizzati in Spagna ne erano esentate”. La Corte Ue giunge quindi ad analoghe conclusioni rispetto a quelle del caso Lindman.

In particolare, la Corte asserisce che la legislazione fiscale spagnola in causa, avendo per ‘… effetto di trattare più favorevolmente le vincite distribuite dagli enti [nazionali] … costituisce una discriminatoria restrizione alla libera circolazione dei servizi a svantaggio degli enti che esercitano attività [analoghe] in uno Stato Membro che non sia il Regno di Spagna …’.

Ma non è tutto. Come sottolinea il legale: “Da ultimo, segnalo che la medesima linea argomentativa sostenuta nelle pronunce Lindman Commissione c. Spagna ha trovato puntuale riscontro anche nella sentenza Blanco Fabretti, Causa Riunite C-344/13 e C-367/13, vertente sulla compatibilità con l’art. 56 del Tfue di una normativa italiana che assoggettava a imposta sui redditi le vincite da giochi d’azzardo conseguite presso case da gioco situate all’estero, mentre mandava esenti le medesime vincite allorché ottenute presso case da gioco ubicate sul territorio italiano. Anche in questo caso, si trattava di un’imposizione non armonizzata a livello europeo e, anche in questo caso, venivano in luce modalità discriminatorie di applicazione del tributo che confliggevano con la libertà di prestazione dei servizi transfrontalieri di gioco prevista dall’art. 56 Tfue. Il Giudice comunitario ha rilevato che ‘una differenza di trattamento fiscale, per effetto della quale soltanto le vincite al gioco conseguite in un altro Stato membro sono considerate redditi assoggettati ad imposizione, riduce l’attrattività di uno spostamento in un altro Stato membro allo scopo di giocare a giochi d’azzardo … Pertanto, una normativa nazionale come quella in esame nei procedimenti principali genera una restrizione discriminatoria della libera prestazione dei servizi, quale garantita dall’articolo 56 TFUE, nei confronti non soltanto dei prestatori ma anche dei destinatari di tali servizi’. La Corte aggiunge che ‘una restrizione discriminatoria è compatibile con il diritto dell’Unione soltanto qualora ricada sotto le previsioni di un’espressa norma derogatoria, come l’articolo 52 TFUE …. E ancora, ‘Di conseguenza, una normativa nazionale come quella in esame nei procedimenti principali può essere giustificata soltanto nella misura in cui persegua obiettivi corrispondenti ai motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica di cui all’articolo 52 TFUE. Inoltre, … le restrizioni imposte dagli Stati membri devono soddisfare i requisiti di proporzionalità’. La Corte conclude che tali motivi non ricorrono nel caso della normativa italiana.

Ecco quindi che si possono ricavare principi utile per una disamina del caso della tassazione delle vincite realizzate in Italia su Ctd esteri: “Riconducendo gli insegnamenti delle sentenze LindmanCommissione c. Spagna e Blanco e Fabretti – conclude l’avv. Agnello - si potrebbe sostenere che attribuire la soggettività passiva allo scommettitore per talune imposte dirette viola quanto statuito e garantito dall’art. 56 TFUE, configurando una discriminazione tanto nei confronti dello scommettitore quanto in quelli dell’operatore esteroVi sono poi altre valide argomentazioni difensive in materia di mutuo affidamento e altri principi e diritti eurounitari che lascio alle sedi giurisdizionali”.

Altri articoli su

Articoli correlati