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Cassazione: "Reato di riciclaggio per scambio scommesse su siti non autorizzati"

13 luglio 2012 - 10:30

Lo scambio di scommesse tra giocatori attraverso siti esteri non autorizzati configura il reato di esercizio abusivo dell’attività di scommesse e anche di riciclaggio e di associazione a delinquere. Lo ha deciso la Seconda sezione penale della Corte di Cassazione, respingendo il ricorso di un dirigente di una società di scommesse che sfruttava “piattaforme di scommesse online preesistenti per assumere, su ogni singolo evento sportivo, il ruolo di banco e di giocatore”. Il Comune non può limitare l'apertura di nuove sale: il Tar Lombardia segna la storia del gioco pubblico

Scritto da Redazione GiocoNews

Gli imputati erano così certi di non perdere, annullando i rischi di gioco, ma pagando una minima provvigione sulle vincite richiesta dal sito di scambio scommesse. Un’attività che pur non essendo "produttrice di ricavi", scrivono i giudici nella sentenza che annulla la scarcerazione dell’indagato, potrebbe avere "una diversa spiegazione, quale il riciclaggio di denaro giocato".

I giudici hanno accolto il ricorso della Procura della Repubblica di Napoli sul provvedimento di riesame del Tribunale della Libertà, che aveva sostenuto l’inapplicabilità delle sanzioni per l’offerta di scommesse senza autorizzazione, perché in contrasto con le norme europee. Niente di tutto ciò: il sistema delle concessioni in Italia resta pienamente legittimo. La decisione del Tribunale di Napoli è stata così ritenuta troppo superficiale della Cassazione, che imputa ai giudici napoletani di aver omesso il controllo sull’attività effettiva dell’operatore estero e sull’eventuale discriminazione subita e di avere considerato il reato di scommesse abusive "come tacitamente abrogato", fa sapere Agipronews.

La Cassazione ha ribadito che nessuna sentenza della Corte di Giustizia Europea “ha mai affermato l’incompatibilità assoluta del sistema concessorio italiano. Per ogni causa è necessario valutare scrupolosamente la posizione di chi opera in Italia senza licenza e senza concessione: chi ha già partecipato alle gare ma ha avuto una revoca - si legge nella sentenza - non può ritenersi discriminato, così come chi non ha mai mostrato interesse a partecipare e non possiede alcun titolo autorizzatorio anche estero”.

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