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Caso Stanleybet: Cassazione ‘Nessun obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi’

03 luglio 2015 - 14:13

Roma - L'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi da parte di una società commerciale che ha sede legale all'estero ma opera in Italia non sussiste se la sede della direzione effettiva della società non è sita nel territorio italiano, atteso anche quanto previsto dalla norme internazionali contro le doppie imposizioni fiscali.

Scritto da Redazione
Caso Stanleybet: Cassazione ‘Nessun obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi’

 Per questa ragione, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza dello scorso 25 giugno 2015, ha confermato l'annullamento del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, reso tra l'altro, nei confronti di Giovanni Garrisi, membro del consiglio di amministrazione della Stanley International Betting Ltd, e fino alla concorrenza del valore corrispondente al profitto del contestato reato tributario di omessa dichiarazione dei redditi (di cui all'art. 5 del Decreto Legislativo n. 74 del 10/03/2000). In particolare la Corte ha rilevato che non sono stati ravvisati i tratti distintivi di una stabile organizzazione nell'attività del Gruppo Stanley in Italia, mancando una sede fissa di affari strumentalmente connessa all'esercizio dell'impresa estera e dotata di idoneità produttiva. Da qui il punto in favore del bookmaker estero.

 

I FATTI - A Garrisi e agli altri membri del board veniva contestata l'omessa dichiarazione di ricavi complessivi del periodo compreso tra il 2008 e il 2012, per un totale di circa 205mila euro, con imposta evasa quantificata in circa 56,3 milioni di euro, con conseguente superamento della soglia di legge. Secondo la Procura della Repubblica di Roma ricorrente, l'ordinanza del Tribunale del Riesame capitolino (di annullamento del sequestro), non avrebbe fatto corretta applicazione della normativa fiscale penale che regolamenta il pagamento delle imposte da parte di soggetti fiscalmente non residenti nel nostro Stato ove ad essi si riconosca una presenza sul territorio qualificata, che la normativa ha definito come "stabile organizzazione" dichiarata o anche solo "occulta". Dalla ricostruzione accusatoria è emerso che oltre venti manager, sotto l'egida del direttore commerciale della Stanley International Betting Ltd, hanno esercitato un controllo penetrante e continuo assicurando la massimizzazione della loro produttività e redditività nel solco delle scelte strategiche della casa madre. Il Tribunale cautelare, osservava la Procura, si è limitato ad ascrivere l'attività tanto dei manager quanto dei Ctd ad un'attività "preparatoria" rispetto a quella svolta dalla casa madre. Si sarebbe pertanto configurata, da parte del Tribunale, una errata applicazione delle norme dell'art. 5 della convenzione Ocse sulla doppia imposizione e dell'art. 162 Tuir.

LA DECISIONE DELLA CORTE - La Suprema Corte, nel respingere il ricorso, ha rilevato la congruità della motivazione con la quale non sono stati ravvisati i tratti distintivi di una stabile organizzazione nell'attività del Gruppo Stanley in Italia, mancando una sede fissa di affari strumentalmente connessa all'esercizio dell'impresa estera e dotata di idoneità produttiva. Il solo dato formale costituito dalla presenza sul territorio nazionale di manager o dei Ctd, sprovvisti di idoneità produttiva (attesa la loro funzione di mero supporto tecnico e l'assenza di autonomia organizzativa e gestionale) non è sufficiente, afferma la Corte, a radicare il collegamento e a far ritenere che in Italia possa ritenersi localizzato l'oggetto principale del Gruppo Stanley. L'attività di gestione della piattaforma di gioco non è in alcun modo svolta in Italia, osserva la Corte, e la presenza di figure manageriali, unitamente all'attività dei Ctd, non può certo esaurire la più complessa attività di gestione della suddetta piattaforma che il Gruppo deve necessariamente svolgere per l'esercizio dei giochi on line e che svolge interamente all'estero. Conclusivamente viene ribadito il principio di diritto secondo il quale ai fini della integrazione del reato contestato l'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi da parte di una società commerciale avente sede legale all'estero ma operante in Italia non sussiste quando la sede della direzione effettiva della società non è sita nel territorio italiano atteso anche quanto previsto dalla norme internazionali contro le doppie imposizioni fiscali.  

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