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Cjeu, Whal: 'Doppia autorizzazione bancaria non comporta discriminazione'

16 giugno 2016 - 09:22

Ecco le conclusioni dell'avvocato generale della Corte di Giustizia Europea sul caso Politanò e la doppia fideiussione chiesta in Italia per partecipare al bando scommesse.

Scritto da Giuseppe Tondelli
Cjeu, Whal: 'Doppia autorizzazione bancaria non comporta discriminazione'

Secondo l'avvocato generale della Corte di Giustizia Europea, Nils Wahl, "la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, e in particolare il suo articolo 47, non è applicabile a una normativa nazionale che disciplini, nel settore dei giochi d’azzardo, la procedura di gara finalizzata al rilascio delle concessioni, come quella oggetto del procedimento principale". Queste le conclusioni, attese per oggi, sul ricorso presentato dalla società maltese BetUniq contro la doppia autorizzazione bancaria prevista dal bando Monti.

Inoltre, "La libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 TFUE nonché i principi di equivalenza e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, per il rilascio delle concessioni nel settore dei giochi d’azzardo, escluda dalla procedura di gara gli operatori che non sono stati in grado di fornire dichiarazioni provenienti da due istituti bancari diversi, nei limiti in cui tale condizione soddisfi il principio di proporzionalità. Spetta al giudice nazionale verificare se un siffatto requisito, tenuto conto del complesso delle circostanze del caso di specie, sia giustificato e proporzionato rispetto all’obiettivo prefissato".

LE PREMESSE - In premessa, Nils evidenzia, entrando nel merito se la direttiva 2004/18, e segnatamente il suo articolo 47, possa ostare alla misura controversa, che è “indubbio che detta direttiva, e segnatamente il suo articolo 47, non trovi applicazione nel procedimento principale, che si riferisce a un sistema di concessioni non qualificabili come 'appalti pubblici'”. “Risulta che la concessione relativa all’organizzazione di scommesse, come quella oggetto del procedimento principale, non costituisce un appalto pubblico di servizi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2004/18. Non solo il servizio ivi previsto non è prestato per conto dell’amministrazione aggiudicatrice, ma, inoltre, gli operatori economici offerenti non sono remunerati tramite fondi pubblici. Peraltro, il concessionario sopporta integralmente il rischio connesso all’esercizio dell’attività di raccolta e trasmissione delle scommesse”. 
L'avvocato evidenzia, ancora, che “nulla consente di concludere che l’obbligo di produrre due dichiarazioni provenienti da banche europee costituisca un requisito insormontabile per un operatore affidabile che desideri intraprendere l’attività di raccolta delle scommesse. Sul punto, rammento che il giudice del rinvio si è limitato a indicare che il ricorrente nel procedimento principale non era stato in grado 'per giustificati motivi' di presentare le due referenze bancarie richieste. Si possono tuttavia nutrire dubbi sulla natura di tali motivi e chiedersi se la vera causa dell’asserita impossibilità del ricorrente nel procedimento principale non risieda, in realtà, nella sua scarsa affidabilità finanziaria. Dagli atti di causa risulta infatti che l’unica referenza prodotta dall’UniqGroup non era, in ogni caso, idonea a dimostrare la sua capacità economico-finanziaria” Inoltre, “spetta al giudice nazionale valutare se, riguardo agli obblighi concretamente imposti ai concessionari, si possa affermare che, tenuto conto del margine che deve essere lasciato agli Stati membri nell’organizzazione del settore dei giochi d’azzardo, il requisito in questione vada ben oltre quanto necessario. Su quest’ultimo punto, mi sembra opportuno ricordare che la particolare natura delle attività economiche nel settore dei giochi d’azzardo, costantemente riconosciuta dalla Corte e che, inoltre, spiega il perché tale settore non sia ancora oggetto di misure di armonizzazione, deve consentire agli Stati membri di adottare strumenti adeguati tali da, segnatamente, rendere sicura l’attività sia dal punto di vista della tutela dei consumatori sia al fine di prevenire le frodi e lo sviluppo di attività criminali. In tale contesto, a mio avviso, alle autorità concedenti non può essere addebitato il fatto di non accontentarsi di dichiarazioni e attestazioni qualsiasi al fine di accertarsi della capacità economico‑finanziaria dei candidati concessionari. Le dichiarazioni rilasciate dalle banche, come quelle richieste dalla misura controversa, in linea di principio, sono più affidabili di quelle provenienti dai candidati alla concessione nel settore dei giochi d’azzardo”.

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