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Quel premio di troppo nell'amusement

21 febbraio 2015 - 08:42

La giurisprudenza torna a pronunciarsi sulla questione della responsabilità del gestore/proprietario di apparecchi di intrattenimento comma 7/A con particolare riferimento al tema della rilevanza ‘della buona fede’ del gestore nella ipotesi in cui siano stati inseriti erroneamente - da parte di soggetti, quali i dipendenti, incaricati dall’esercente gestore - all’interno dell’apparecchio, premi di valore superiore alla soglia consentita.

Scritto da di Giuseppe Caruso (avvocato del Foro di Verona)
Quel premio di troppo nell'amusement

L’articolo 110 comma 9 lett. c del Tulps contempla ipotesi sanzionatorie riferibili sia al distributore, installatore (gestore) che all’esercente. La disposizione sanziona, ponendoli sul medesimo piano, sia il proprietario che l’utilizzatore. La giurisprudenza, accogliendo la tesi del proprietario degli apparecchi, ha statuito nuovamente che la responsabilità del gestore non può consistere in una responsabilità oggettiva, a fronte del comprovato e regolare affidamento in noleggio degli apparecchi da intrattenimento, e ancora, che è necessario, da parte dell’Adm, offrire elementi circa la sussistenza della colpa e, quindi, alla effettiva conoscenza e consapevolezza da parte del proprietario noleggiatore del compimento di condotte illecite dell’utilizzatore degli apparecchi noleggiati. Con altra recente sentenza di merito, pronunciata sempre su opposizione a sanzione elevata all’esito di accertamento svolto da Adm - accertamento questo, all’esito del quale, veniva riscontrato che un apparecchio comma 7 erogava premi in natura di valore commerciale superiore alla soglia stabilita dall’art.110 comma 7 lett a) Tulps e ciò in quanto all’interno dell’apparecchio venivano rilevati due telefoni cellulari e un lettore file audio e video e da cui conseguiva la violazione punita ex art. art.110 comma 9 lett. c) Tulps - la Corte ha avuto modo di pronunciarsi sulla rilevanza della ‘buona fede’ del gestore dell’apparecchio. Il gestore sosteneva che l’inserimento dei predetti premi era da riferirsi ad un errore di un dipendente che avrebbe confuso le varie scatole in magazzino. Il giudicante, come già ritenuto da altri tribunali, ha avuto modo di osservare come non può essere invocata la buona fede nel caso di specie. Infatti questa, come ritiene la giurisprudenza della Suprema Corte, “assume rilievo solo in presenza di elementi positivi idonei a ingenerare nell’autore della violazione il convincimento della liceità del suo operato (…) per aver egli tenuto una condotta il più possibile conforme al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso” (Cass. n. 13610/2007).

Se, quindi, si dovesse ammettere che l’inserimento dei summenzionati premi sia dovuta ad un errore di un dipendente, come si legge nella sentenza appena menzionata, “ciò non può valere ad escludere la coscienza e volontà della condotta attiva del gestore”. Infatti il gestore dell’apparecchio, “in qualità di datore di lavoro oltre che destinatario del precetto legislativo, aveva l’obbligo di vigilare sull’attività del dipendente, evitando che la stessa contribuisse ad integrare un illecito amministrativo”. La pronuncia si conclude con una considerazione da parte del tribunale sulla complessità della normativa. Nella sentenza è infatti dato leggere che “vertendo la condotta illecita sanzionata in un ambito in cui la normativa di settore non appare sempre di agevole esegesi (ed ancora che) la materia in parola è caratterizzata dalle medesime difficoltà interpretative”. L’ennesimo invito rivolto al legislatore a una semplificazione e riordino della materia.

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