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Conteggio mance nei casinò, metodi e finalità sotto la lente

28 marzo 2024 - 09:56

Il conteggio delle mance nei casinò è un'operazione fondamentale, ecco come la si può condurre e con quali finalità.

Scritto da Mauro Natta
Foto di Ibrahim Rifath su Unsplash

Foto di Ibrahim Rifath su Unsplash

Spesso, forse troppo e volentieri, ho scritto della rilevanza del conteggio del netto e delle mance tavolo per tavolo ai fini della metodologia utilizzata e personalmente sperimentata in ordine al problema del controllo a posteriori sulle regolarità del gioco e dell’incasso.

Sicuramente, e anche qui sono frequentemente come suol dirsi sul pezzo, e sono parzialmente soddisfatto perché in internet, così come ho fatto cenno altre volte, in un elaborato a cura di un controllore del casinò municipale di Sanremo, ho trovato risultati dal 1946 al 2022.
Il lavoro che ho citato espone, annualmente: i proventi netti dei giochi, l’importo dei contanti rinvenuti nelle cassette in dotazione ai tavoli e le mance gioco per gioco. Certamente, come scrivevo i dati sono annuali e, per quanto alle mance, non conosco ancora perché è mia intenzione informarmi, se sono conteggiate tavolo per tavolo o gioco per gioco, propendo per la seconda ipotesi.

Chiaramente ho sempre sostenuto e sostengo che il conteggio per totali o, se volete, gioco per gioco, ha una scarsa utilità e sono pronto a dimostrarlo in qualsiasi momento. Quale anticipo potrei citare la storiella del pollo. Al tempo stesso riaffermo e non posso pretendere che il metodo da me adottato sia l’unico, la sola garanzia che posso sottoscrivere è che funziona egregiamente, ciò non toglie che ne possano esistere altri affidabili.

Il controllo sulla regolarità del gioco e degli incassi, a mio parere, è imposto dalla natura giuridica delle entrate derivanti all’ente pubblico periferico titolare della autorizzazione ad avere sul proprio territorio un casinò. 

Questo non autorizzerebbe il concedente a imporre la metodologia in discorso al gestore che, a ben vedere, aggiungendo alcune notizie a quelle applicate possono ricavarne un agglomerato di argomenti atti ad indirizzare la politica produttiva.
Infatti, se unitamente alle notizie acquisite si aggiungono ad esempio le ore tavolo, il cambiamento dei minimi l’intensità della partita magari appoggiata da una relazione specifica non si potrà negare di poter disporre di validissime indicazioni in ausilio alla gestione sia relativamente all’offerta che ai servizi offerti alla clientela.

Ma, per mio conto c’è di più! La severità alla quale tutte le parti in causa si indirizzano: l’ente pubblico che, dovendo garantire l’autonomia economica della gestione ha la necessità di un agire certo e sicuro, la gestione che, in un clima siffatto, diventa maggiormente collaborativa con il concedente e i dipendenti che, operando in tutta tranquillità non solo rendono un servizio alla clientela ma concorrono utilmente alla fidelizzazione del frequentatore occasionale.

Mi piace ripeterlo: il concedente non dovrebbe imporre al gestore, anche contrattualmente, norme  particolari in ordine al controllo in parola, ma una considerazione finale me la concedo: sarà più che sufficiente stabilire la formazione dei documenti contabili relativi a giochi e mance per quanto è utile al concedente e il gestore potrà apportare tutte le integrazioni che servono allo stesso per disporre di notizie ulteriori che, in ogni caso, sono costituite da argomenti utili che integrano i precedenti.

Purtroppo in materia di case da gioco esistono solo i provvedimenti legislativi istitutivi delle stesse, per il rimanente nulla se non delle sentenze autorevolissime ma, come ritengo giustamente ha lamentato la Corte costituzionale nel lontano 1985, manca una legislazione organica della quale se ne sente la necessità.

A ben vedere la legge ha statuito la natura giuridica (tributaria) delle entrate che dalle case da gioco derivano all’ente pubblico periferico titolare dell’autorizzazione con art.19 Dl n. 319 del 18/5/86 convertito in L. n.488/86 e ancor prima la Cassazione, sentenza n. 672 del 19/3/1954 e la Cassazione sezione lavoro, sentenza n. 1776 del 18/5/1976 nella quale si richiama la n. 672 citata.

L’art. 3 del Dm n. 334/1997 (dell’armonizzazione) ha definito a quale categoria di reddito sono ascritte le mance percepite dal personale tecnico dei casinò, e, se la memoria non mi fa danno ed è possibile, non ne conosco altre o, meglio, non ne ricordo altre.

Premetto che non sono un legale e quel poco che conosco è il risultato, certamente non tutto, dello studio in materia fiscale antecedente al citato decreto del 1997 ma non riesco a trovare quali possano essere le implicazioni specifiche, in qualunque tipologia di affidamento della gestione, eccedenti il controllo del quale si è detto, il quantum e il tempo del versamento al concedente, le relative modalità e gli eventuali premi o, se si desidera, contributi dell’ente alla gestione in particolari occasioni quanto meno collegabili al quantum del versamento.

Certamente la tipologia dei giochi esercitati deve essere approvata dal concedente, per le attività extra idem così come quali possono essere, eventualmente, affidate a terzi, per gli accessi credo siano sufficienti le disposizioni di cui al testo unico di polizia e ciò che è in essere relativamente alla maggiore età al riguardo dei locali pubblici ed eventuali segnalazioni inerenti la ludopatia. Le restanti disposizioni dovrebbero essere simili a quelle che si possono comprendere in un contratto similare.

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