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Gioco, lecito sì ma non in orario di servizio!

30 maggio 2015 - 11:30

Il caso in esame concerne un provvedimento recentemente pronunciato dal Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria. Il ricorso al giudice amministrativo era stato proposto da una guardia giurata alla quale la Prefettura di Cosenza aveva revocato i titoli e il porto di pistola.

Scritto da Avv. Giovanni Adamo
Gioco, lecito sì ma non in orario di servizio!

La Prefettura, a giustificazione del proprio provvedimento, adduceva una condotta complessivamente inappropriata, che avrebbe trovato i propri momenti più significativi nell'abbandono dell'auto di istituto, nel consumo di bevande alcooliche, e nella dedizione al gioco (lecito) durante l'orario di servizio.

 

Occorre un breve incipit, volto a chiarire meglio il contesto nel quale la vicenda va inquadrata. In particolare, al fine di interpretare più correttamente la fattispecie, va osservato, in primo luogo, che la guardia giurata non è, quanto a qualificazione normativa, un soggetto assimilabile al ‘buon padre di famiglia’ (ovvero all'uomo medio), ma un soggetto che riveste la ben più pregnante e caratterizzata qualifica di incaricato di pubblico servizio (è, infatti, l'ultimo comma dell'art. 138 Tulps a stabilire che “salvo quanto diversamente previsto, le guardie particolari giurate nell'esercizio delle funzioni di custodia e vigilanza dei beni mobili ed immobili cui sono destinate rivestono la qualità di incaricati di un pubblico servizio”), che ha, dunque, doveri certamente più significativi di quelli di un soggetto che non sia possessore di una simile qualifica.

Nel contempo, al caso di specie devono ritenersi applicabili anche discipline e considerazioni ulteriori. È lo stesso art. 138 Tulps, ad esempio, a stabilire quale condizione imprescindibile per il rilascio (e per il successivo mantenimento) dei titoli in questione, che l'aspirante guardia giurata sia persona ‘di buona condotta morale’ (e questo ovviamente con tutte le naturali perplessità che possano accompagnarsi alla natura talora soggettiva di un simile giudizio, ed anche alla sua possibile variabilità nel tempo).

Inoltre, e questo valga in relazione a qualsiasi provvedimento amministrativo, il provvedimento stesso, e il procedimento che lo origina, devono essere improntati a criteri di ‘proporzionalità’ e ‘ragionevolezza’, intendendosi per principio di proporzionalità il fatto che la Pubblica Amministrazione, nell'esercizio dei propri compiti, è tenuta ad adottare la soluzione idonea e necessaria, comportante il minor sacrificio possibile per le posizioni dei privati coinvolti. In pratica, ed in altri termini, tale principio esige l'idoneità del mezzo prescelto rispetto al fine perseguito. Il principio di ragionevolezza, poi, imporrebbe che nel caso concreto la Pubblica Amministrazione supporti il proprio provvedimento con adeguata motivazione e tenendo conto di tutte le circostanze concrete e di tutti gli interessi coinvolti.

Il ricorrente, nel caso di specie, sosteneva, fra l'altro, anche la liceità dell'attività di gioco nei locali appositamente autorizzati. Tuttavia il Giudice amministrativo ha (peraltro correttamente) rilevato che l'Autorità amministrativa, nel campo di cui trattasi, è certamente investita di assai ampi poteri discrezionali, e che ha compiuto una valutazione del tutto prescindente e scissa da qualsiasi canone di liceità o illiceità dell'attività di gioco, focalizzando l'attenzione, invece, sulla complessiva affidabilità del ricorrente (che nel caso di specie, se le tesi esposte dall'amministrazione erano corrette, avrebbe tenuto anche altre condotte plausibilmente non del tutto compatibili con l'attività svolta) rispetto al ruolo – particolarmente delicato – che gli era stato affidato.

E sul punto la giurisprudenza, anche del Consiglio di Stato, sembra confermare le valutazioni espresse dal Tar Calabria. Ad esempio, per Cons. Stato, 23 maggio 2008, n. 2493, ‘non risulta affetto da inadeguatezza della motivazione il provvedimento di sospensione del rinnovo del decreto a guardia particolare giurata, che motivi tale sospensione con riferimento sia ad un procedimento penale, gravante sul destinatario del provvedimento, sia a comportamenti e personalità dello stesso, tali da pregiudicare il requisito dell'affidabilità’.

Elementi, questi, che inducono (comunque cautamente e con le riserve espresse in precedenza) a considerare la pronuncia in commento come aderente all'orientamento giurisprudenziale maggiormente condiviso. 

L'AUTORE - Giovanni Adamo, fondatore Studio Legame Adamo (www.studiolegaleadamo.it), avvocato in Bologna - cultore della materia di Diritto civile nell'Università di Bologna.

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