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Riordino gioco: una soluzione oggi per riscrivere il domani

02 aprile 2024 - 11:16

Governo ed enti locali discutono la possibile soluzione della Questione territoriale attraverso l'atteso riordino dell'offerta di gioco: alla ricerca di un difficile compromesso che non cambia solo le sorti dell'industria.

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E' arrivato il momento del redde rationem per il comparto del gioco pubblico e della sua regolamentazione. Finalmente, verrebbe da dire: dopo oltre dieci anni di attesa, caratterizzati dalla continua deriva intrapresa dalle Regioni e dagli enti locali, nonché dal continuo lassismo degli ultimi governi, che hanno portato – insieme – alla situazione di estrema difficoltà in cui si trova oggi l'intera filiera, come pure gli stessi territori, che da tempo ormai non sanno più come gestire la situazione. Se non fosse, tuttavia, che la resa dei conti non sembra essere necessariamente positivo per agli addetti ai lavori. Ma andiamo per ordine. Intanto, perché l'attuale discussione avviata nei Palazzi del poter è da ritenersi positiva, e per tutti. Dovrebbe essere evidente in effetti – e lo scriviamo continuamente – che le stesse amministrazioni locali dopo le ripetute campagne anti-gioco, spesso anche rabbiose, che le hanno spinte a normare in maniera ultra-restrittiva il settore, si sono ritrovate nella maggior parte dei casi a dover fare marcia indietro o comunque a limare e smussare gli angoli delle proprie leggi regionali, di fronte alla palese inapplicabilità delle stesse. E, soprattutto, una volta compresi gli effetti devastanti che quelle stesse norme avrebbero provocato sulla comunità locale e sul tessuto imprenditoriale. Con gravi ripercussioni in termini di economia e occupazione ma anche sotto il profilo della sicurezza e dell'ordine pubblico, visto che avrebbero provocato la scomparsa dell'offerta di gioco di Stato dal territorio. Ecco quindi che il fatto di poter risolvere una volta per tutte l'annosa “Questione territoriale”, come sembra poter accadere oggi, rappresenta un obiettivo da raggiungere non solo per l'industria, ma anche e soprattutto per le Ragioni: e, prima ancora, per il governo, tenendo conto dei vari benefici che ne ricaverebbe l'intero paese. A partire da quelli economici, visto che la soluzione sul territorio consentirebbe (finalmente, anche qui!) di poter bandire quelle varie gare per il rinnovo delle concessioni che aspettano da troppo tempo di poter essere emanate. Dalla gestione della rete degli apparecchi da intrattenimento alle scommesse sportive, passando per il bingo: materie pressoché dimenticate dal Legislatore, se non in quei pochi ma ripetuti interventi legislativi attraverso i quali si sono concesse proroghe su proroghe, senza mai puntare a una vera soluzione del problema a monte. E ora, dunque, la soluzione potrebbe davvero arrivare. Con la settimana corrente è destinata a giocare un ruolo decisivo rispetto a tale processo di razionalizzazione, iniziando proprio con un (atteso) vertice tra governo ed enti locali (nel senso più ampio dell'espressione), dopo le osservazioni inviate nei giorni scorsi al ministero dell'Economia e delle finanze dal Gruppo tecnico delle regioni e delle province autonome sub area dipendenze, nelle quali si propone una nuova proposta per il riordino del gioco fisico. Nel testo, come riportato su queste pagine, si parla anche della ridefinizione dell'elenco dei luoghi sensibili, così come determinato dalle diverse norme regionali in materia, in raccordo con le proposte avanzate da Anci, includendo: servizi per la prima infanzia; istituti scolastici di ogni ordine e grado; università; centri di formazione per giovani e adulti; luoghi di culto; impianti sportivi; ospedali, strutture ambulatoriali, residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o sociosanitario; residenze per anziani, strutture ricettive per categorie protette; luoghi di aggregazione socio-culturale, oratori e circoli da gioco; istituti di credito e sportelli bancomat; esercizi di compravendita di oggetti preziosi e di oro usati. Anche se la parte più significativa potrebbe essere quella della “razionalizzazione territoriale e numerica dei luoghi fisici di offerta di gioco”, per cui il numero massimo di luoghi fisici di offerta di gioco dovrebbe essere definito secondo criteri che contemplino densità abitativa, disponibilità di alternative al gioco, tipologia di punti vendita, analisi ed evidenze scientifiche avvalendosi del lavoro dell'Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave e del Consiglio nazionale delle ricerche. Ipotizzando la definizione di standard di "sostenibilità territoriale” per disciplinare il decremento delle slot (da sostituire con le Awp da remoto, peraltro) e delle Vlt, osservando che il riordino potrebbe essere l'occasione per disporre con una norma nazionale l'aggiornamento dei criteri e dei parametri numerico quantitativi per l'installabilità di apparecchi. Solo che il problema che emerge nelle ultime ore è che - come in molti temevano - nonostante l'apertura mostrata dai territori, l'accordo che si prepara ad imbastire il Mef potrebbe essere al ribasso: così, almeno, dal punto di vista degli operatori di giochi. Questo, infatti, sembra emergete dal parere del Ministero dell'Economia sul possibile punto di incontro tra le due posizioni: in particolare, tra le varie necessità che subentrano nella regolamentazione di un fenomeno così complesso come quello del gioco pubblico: dalla tutela della salute, al diritto di impresa, dalla salvaguardia del presidio di legalità al mantenimento delle entrate erariali. Tutti principi di cui tenere conto e che compartecipano ognuno a suo modo nella ricerca di quell'equilibrio complessivo che prende il nome di sostenibilità. Ma se le maglie saranno troppo strette, allora a venire meno sarebbe la sostenibilità economica, senza la quale nulla può stare in piedi, neppure tutto il resto.
La sfida, dunque, è tutt'altro che banale ma assolutamente decisiva perchè nel risolvere la situazione attuale e quindi il presente, si è chiamati a (ri)scrivere il futuro del comparto e in qualche modo anche quello del nostro paese (almeno negli usi e costumi, oltre che nell'economia). Sì, perché in base alle decisioni che verranno prese in questi giorni sulla regolamentazione del gioco pubblico, si potrà delineare un nuovo paradigma che andrà a caratterizzare il mercato del domani: e la difficoltà per il Legislatore sta proprio nell'interpretare nel modo migliore le esigenze della filiera di oggi, indirizzandola verso i prossimi traguardi. Tentando di unire la memoria storica del settore a una visione futura e possibilmente avanguardista. Se, infatti, è vero che l'evoluzione tecnologica e il processo di continua digitalizzazione stanno portando il settore del gioco – come ogni altro della nostra economia – verso un orizzonte sempre più online, è altrettanto vero che, ancora oggi, circa il 55 percento delle Entrate erariali viene garantito dal gioco “fisico”: anzi, più precisamente, dai doli apparecchi da intrattenimento, dovendo quindi aggiungere anche i proventi degli altri giochi a terra (come le scommesse sportive e il bingo). Certo, va detto, è difficile oggi immaginare che i giovanissimi di oggi possano coltivare le stesse abitudini di gioco degli adulti di adesso, vedendoli con fatica all'interno di un'attuale sala slot o vlt: ma al tempo stesso non bisogna neppure commettere l'errore opposto di semplificare eccessivamente la transizione verso la digitalizzazione del gioco, ricordando l'importanza di quel fondamentale presidio di legalità che è garantito oggi dalla rete di gioco pubblico sul territorio. Ecco perchè, non a caso, sono le stesse Regioni – anche quelle un tempo palesemente proibizioniste – a chiedere addirittura la creazione di una nuova generazione di Awp, cioè quella da remoto, che per gli addetti ai lavori del comparto potrebbe voler dire una certezza di futuro: sia pur chiedendo una razionalizzazione del numero complessivo di macchine installate, che possa essere coerente con le esigenze locali. Per quella che potrebbe apparire, una volta tanto, una richiesta ragionevole e il ricorso a un ritrovato buon senso. Segno evidente che la politica, quando si ricorda di svolgere il proprio mestiere, è ancora in grado di esercitare il proprio potere nella ricerca di una mediazione, possibilmente orientata al bene comune, e non all'interesse di pochi. Ma per capire se sarà davvero questo il risultato finale, bisognerà attendere di conoscere l'accordo con il quale ci si alzerà dal tavolo del Legislatore. Per adesso bisogna accontentarsi di sapere che è stato avviato un confronto e che c'è una volontà vera di trovare una soluzione: di questi tempi, non è affatto poco. Anzi.

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