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As.Tro: 'Marchio No slot tutela davvero i malati di Gap?'

25 luglio 2017 - 15:29

L'associazione As.Tro s'interroga sulle sfaccettature dei marchi regionali “No slot” e sulla loro reale efficacia per il contrasto al Gap.

Scritto da Redazione
As.Tro: 'Marchio No slot tutela davvero i malati di Gap?'

"'Il mio bar non ha le slot, abbassatemi l’Irap, la Tarsu-Tari-Tasi, e fatemi accedere ai fondi a titolo perduto per il rinnovo locali'. Questo è il jingle che in alcuni uffici inizia a suonare, insistentemente, soprattutto da parte di quei titolari di punti vendita che non hanno (o hanno smesso di avere) le apparecchiature lecite Awp. Nella documentazione che solitamente correda una siffatta pratica si 'esigono' solenni certificazioni attinenti la mancata presenza di apparecchi leciti per il gioco, unitamente ad un 'granitico ed eterno impegno' a non installarne mai (o mai più). In un contesto ove la fiscalità del Preu erode pesantemente anche la spettanza dell’esercente, i diecimila euro annui che quattro Awp garantiscono (mediamente) come entrata netta ad un esercente, possono essere 'ammortizzati' con altre entrate. Quali? Lotto e suoi derivati, Gratta e Vinci – Scommesse sportive – Servizi di pagamento bollette abbinati ai terminali delle lotterie ad estrazione". Con una nota l'associazione As.Tro torna sulle conseguenze della diffusione dei marchi regionali “No slot” e sulla loro reale efficacia per il contrasto al Gap.

 
"Questi 'sostitutivi' possono lavorare h. 24 (e non le risicate ore concesse dalle varie ordinanze orarie sulle slot), beneficiano di enorme pubblicità su tv-radio-internet, promettono 'la vincita della vita' (ma anche la 'micro-vincita' immediatamente ri-giocabile che genera la dipendenza), non consumano elettricità, garantiscono utenza diversificata nell’età, nel portafoglio, nella razza, permettono di annotare ricavi 'totalmente riversabili' nel valore dell’avviamento commerciale (mentre le slot si accingono ad essere espulse quasi ovunque e quindi 'non danno valore' al locale), consentono sgravi fiscali e accessi privilegiati ai finanziamenti regionali (il privilegio sta nell’esclusione a cui vanno incontro i colleghi che le slot ancora le ospitano), non attirano i controlli delle forze dell’Ordine e dei Monopoli, visto che il punto vendita non viene più censito all’elenco speciale del Ries", sottolinea ancora As.Tro.
 
 
"Se poi qualche 'rappresentante' concede l’uso di qualche 'studiato tablet', la svolta dei guadagni è assicurata per lungo tempo (visto che la non appartenenza al circuito Ries estromette il locale dalle verifiche pianificate).
Questo marchio 'No slot' tutela le fasce deboli? Impedisce alla pensionata di Voghera di rovinarsi? Eleva il bar da 'bisca' a 'ristoro protetto' per gli amanti del cappuccino?
Ovviamente no.
Se tutto ciò fosse solo demagogia e non costasse ai cittadini saremmo ancora nella media della (in-) efficienza politico-amministrativa delle città italiane, ma in realtà questo messaggio equivoco (in virtù del quale si dice che 'il prodotto cattivo non c’è', affermando implicitamente che tutti gli altri 'sono buoni'), costa parecchio.
Costa molto a quel 30 percento di malati di Gap che non giocano agli apparecchi; costa molto alle Regioni che impegnano ore-settimane-mesi per decidere di che colore fare il marchio, di che materiale fare il logo, nonché pagare l’implementazione telematica della modulistica on line necessaria per inserire la procedura.
Costa a tutti gli utenti dei servizi sociali e sanitari che 'vedono' i dipartimenti addetti alla loro tutela impegnati a costruire il progetto di marchiatura dei locali no-slot come accreditamento per il riparto dei 50 milioni riservati dal Bilancio Statale per i progetti di prevenzione al Gap", afferma l'associazione.
 
 
"La strada che porta agli errori madornali è sempre lastricata di buone intenzioni, e sicuramente chi ha avuto l’idea del 'marchio No-slot' pensava a qualcosa di simile al 'no-azzardo', ma 'il topolino' che ne è fuoriuscito non ha reso l’idea, e chiunque può oggi apprezzarlo nella sua portata equivoca, forse più riconoscibile se lo si 'trasporta per simulazione' al contesto dell’alcool: 'no-campari', sì-grappa, sì–vodka.
Molti cittadini iniziano ad assumere consapevolezza sempre maggiore su tali temi, e con sempre più resistenza si prestano a essere convinti da spot equivoci a valenza demagogica e dall’elevato costo di sistema.
Chi beve sa benissimo che l’assenza del campari non lo salverà dall’ubriacatura; chi gioca sa benissimo che 'con quel tablet studiato apposta per lui' potrà fare nello stesso bar quello che faceva prima, e senza sporcarsi le mani con le monete, e chissà, a forza di cappuccini etici inizierà pure a chiedere ma questa lotteria come funziona? Quanto si vince?”, conclude la nota dell'associazione.
 

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