In definitiva una azienda è sana quando il direttore giochi può controllare il direttore amministrativo e viceversa, in buona sostanza a ciascuno il suo ma estrema reciproca fiducia e collaborazione sulla scorta della provata competenza.
Questo il sunto di quanto un mio ex collega sosteneva e sostiene ancora oggi e non posso che condividere, ancora oggi, completamente.
Allorché si parla di politica produttiva capita di scontrasi con esigenze diverse che alla fine dovranno o dovrebbero convergere in una unica direzione. È proprio allora che potrebbero aver inizio quelle discussioni dove ognuno, per così dire, tira l’acqua al proprio mulino.
Da una parte un Cda o chi lo rappresenta preoccupato in primis del bilancio e dei costi di produzione in un mondo in cui la difficoltà della scelta spetta ad altri. La si può accettare in quanto è il risultato di molte analisi e ricerche in un mercato complicato da molteplici fattori dove competenza, esperienza e professionalità del direttore giochi forniscono l’indispensabile sintesi di un lavoro che lo stesso è in grado di concludere in breve tempo in conformità al decisionismo razionale.
Mai, come in questo mercato il tempo è denaro; probabilmente il direttore giochi non è direttamente interessato al bilancio ma, senza dubbio, tiene conto degli interessi, economici e non, del datore di lavoro.
Non va sottovalutata la capacità esclusiva del direttore giochi di calcolare, sulla base delle scelte di politica, la capacità produttiva sia presunta dalla consistenza numerica del personale che effettiva. Il tutto migliorabile, forse non dall’immediato, adottando, come spesso mi piace ripetere, la multifunzionalità.
Al di là di quanto precede e, credo, dimostri la rilevanza della competenza e della reciproca fiducia che devono sussistere nell’impresa, passo ad esaminare alcuni compiti che un direttore giochi responsabile è tenuto a svolgere, alcuni in proprio altri tramite una sua specifica organizzazione in aggiunta a quella che il concedente possa aver organizzato.
In sostanza egli si interessa stabilmente di una importantissima parte del conto economico: ricavi e costi di produzione Infatti non si può fermare a conoscere gli introiti e le mance tavolo per tavolo e gioco per gioco, al calcolo dell’incidenza del singolo gioco sul totale, ma integra con le ore tavolo, con le presenze, con la tipologia di giornata e delle alte notizie sempre collegate al gioco delle quali incarica i suoi collaboratori.
Uno dei compiti a cui è chiamato il direttore giochi non è solo quella di evidenziare la resa oraria di un gioco la frequenza con la quale si verifica perché, se del caso, potrebbe chiedere una modifica dell’orario di apertura e di chiusura di alcun tavoli, un diverso posizionamento produttivo o altro ancora. Ma il più difficile non solo, importante ed impegnativo, è quello di tentare il prolungamento delle frequenze positive e l’unica strada percorribile consiste nel lavoro preparatorio appena accennato e nella fantasia di introdurre novità assolute o di integrazione ai giochi praticati.
Certamente non ci si può illudere di incrementare ciò che rende a discapito di quello che non va nella medesima direzione, lui è il primo a conoscere che l’offerta deve adeguarsi alla domanda e non viceversa.
Dobbiamo, a mio parere, distinguere le esigenze dell’ente pubblico concedente da quelle del gestore anche se trattasi di una società a capitale pubblico.
Il primo può anche fermarsi al controllo sulla regolarità del gioco e degli incassi, un dovere che la natura giuridica delle entrate di cui trattasi imporrebbe, il secondo ha il dovere di una gestione amministrativamente ineccepibile nel senso che tutto quanto era possibile fare è stato fatto.
Così com’è conditio sine qua non la necessità che ognuno si occupi del suo e non interferisca, magari in questioni tecniche, senza essere in possesso delle indispensabili conoscenze applicative.
Neppure andrebbe dimenticato la finalità attraverso la quale sono stati autorizzati, in deroga alle nome del codice penale, le case da gioco a datare dai decreti del 1927 e 1933 successivamente convertiti in legge.
Ecco quanto l’esperienza lavorativa accumulata mi ha insegnato in tantissimi anni alle dipendenze del privato e del pubblico. La presente narrazione altro non è che un mio personale convincimento e desidero che non venga interpretata diversamente.