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Gestione Casinò e Comune Campione, Corte d'appello Milano: 'Sentenza Gup congrua'

09 giugno 2023 - 16:06

Ecco le motivazioni della Corte d'appello di Milano che ha respinto il ricorso della Procura di Como alla sentenza del Gup sulla gestione di Casinò e Campione d'Italia.

@ Michelangelo Bortuna su Wikimedia Commons

@ Michelangelo Bortuna su Wikimedia Commons

La Corte ritiene che "l'appellata sentenza merita integrale conferma, in quanto le conclusioni assunte sono sorrette da motivazione congrua, coerente con le risultanze processuali, rispondente a criteri di logica e conforme al diritto".
Questo quanto afferma la Corte d'appello di Milano nella sentenza (che segue il dispositivo del 21 marzo) che contiene le motivazioni per le quali ha respinto il ricorso che la Procura di Como aveva presentato in merito al mancato rinvio a giudizio per alcuni soggetti e per alcune ipotesi di reato, in merito alla gestione di Casinò e Comune di Campione d'Italia dal 2013 al 2018, confermando dunque per intero la sentenza del Gup che aveva disposto sì numerosi rinvii a giudizio, ma anche diversi proscioglimenti.

Nella sentenza i giudici rilevano che "la cosiddetta riforma Cartabia ha modificato l'articolo 425 del codice di procedura penale, stabilendo che il Gup deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere se gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna".
Dunque "per tutti i capi di imputazione appellati, non è comunque possibile pervenire ragionevolmente a una sentenza di condanna in dibattimento, e quindi, anche sotto questo profilo, la sentenza del Gup".

LA RIDUZIONE DEL CONTRIBUTO AL COMUNE - Scendendo più nel dettaglio dei singoli capi di imputazione, i giudici sottolineano che "fu con la delibera del 2013 che venne approvata una entrata ridotta per il Comune, con vantaggio ingiusto per il casinò, che da quel momento beneficiò di uno sconto sulle contribuzioni non spettante, e conseguente danno ingiusto per l'ente, che percepì somme inferiori a quelle previste dalla legge.
La conseguenza è però che i delitti in esame si sono definitivamente prescritti alla data del 29.11.2019 e del 9.4.2020".

L'ABUSO D'UFFICIO - Quanto alle ipotesi di abuso d'ufficio, secondo i giudici il Pm "erra nel ritenere che sia possibile ravvisare (...) una espressa e specifica regola di condotta, ai sensi della fattispecie penale dell'abuso d'ufficio, nella formula attualmente in vigore.
Infatti, gli orientamenti giurisprudenziali citati dal Pm nell'atto di appello sono superati, perché riferiti alla fattispecie penale previgente". Infatti, "l'abuso d'ufficio è oggi integrato soltanto se sono state violate regole specifiche, e non di principio, espressamente previste dalla legge, tali da non lasciare margini di discrezionalità all'agente".

LA DILAZIONE NEI PAGAMENTI - Quanto alla contestazione che la giunta e il consiglio comunale avessero preso decisioni unilaterali, la Corte d'appello ritiene "errata" la prospettiva del Pm "in quanto la concessione, alla società di gestione del Casinò di Campione d'Italia, di una dilazione di pagamento delle somme di denaro dovute al Comune, l'approvazione dell'accordo di ristrutturazione del debito della società stessa, costituiscono caso mai, da parte dell'ente pubblico, violazione della Convenzione stipulata il 29.12.2104" e "la contestata violazione di un atto di natura privatistica, giammai potrebbe integrare un abuso di ufficio, non trattandosi di violazione di norma di legge o di atto avente forza di legge".

LE FALSE ISCRIZIONI A BILANCIO - I giudici si soffermano poi sulla "contestazione di false iscrizioni operate nei bilanci del Comune di Campione d'Italia, e nelle relazioni al bilancio relativi agli esercizi 2012-2017, per 'maggiori spese di personale", operate allo scopo di giustificare i pagamenti di indennità del trattamento retributivo non spettanti, dichiarandone [nelle relazioni] la compatibilità con le previsioni di spesa'", ricordando come secondo il Pm "le indebite indennità sono state imputate all'interno dei capitoli di bilancio relativi alle spese di personale, e sono state falsamente rappresentate nella contabilità dell'Ente, determinando l'approvazione dei bilanci di previsione per gli anni 2008-2017".
Tuttavia la Corte ritiene, come già fatto dal Gup, che "il dato contabile non può dirsi falso se, mancando qualsiasi immutatio veri, fu espressione di fatti realmente avvenuti", che "le somme di denaro sono state pagate ai dipendenti quali indennità aggiuntive, e come 'spese di personale' sono state iscritte nel titolo di bilancio, per cui erano facilmente individuabili". Di conseguenza "l'appostazione in bilancio non può dirsi falsa, in quanto il dato fattuale-storico dell'uscita di cassa è avvenuto, proprio secondo la iscrizione in bilancio. Che poi l'uscita di cassa fosse illegittima, perché le erogazioni non erano dovute, non incide certo sulla verità dell'appostazione".

L'USO DELLE INTERCETTAZIONI - Quanto al mancato uso delle intercettazioni, lamentato dal Pm, secondo la Corte d'appello milanese concorda con quanto stabilito dal Gup del Tribunale di Como "secondo cui le intercettazioni di cui si tratta non possono essere utilizzate come prova nell'ambito del presente procedimento penale, ai sensi dell'art. 270 cpp previgente. Si tratta infatti di intercettazioni di conversazioni, autorizzate per i delitti di peculato e bancarotta, che si vorrebbe utilizzare come prova del diverso delitto di corruzione".

IL MANCATO RINVIO A GIUDIZIO DI PALMA - La sentenza si sofferma poi sulla figura del commercialista Angelo Maria Palma, che aveva attestato la capienza patrimoniale della società che, quindi, non si sarebbe mai trovata con patrimonio netto negativa e che è definitivamente uscito dal procedimento giudiziario dopo la sentenza del Gup.
Il Gup aveva escluso "qualsivoglia rilevanza penale della condotta di Palma Angelo Maria, in quanto 'l'oggetto materiale del suo contributo concorsuale risulta estraneo al procedimento di formazione del bilancio che si assume falso, e dunque inconferente all'oggetto materiale del reato'".
Secondo la Corte, "l'appello non offre specifici spunti per individuare profili di illegittimità della decisione" e "il Pm ripropone le medesime argomentazioni già rigettate dal Gup, ma senza offrire specifici spunti di critica della decisione impugnata. Invero, l'appellante, dopo aver ripercorso la cronologia degli eventi posti a base delle imputazioni, formula alcuni quesiti (pag 21 dell'atto di appello), la cui risposta avrebbe potuto essere fornita soltanto dal dibattimento, se Palma fosse stato rinviato a giudizio". Il Pm pone inoltre quesiti che "sono per un verso irrilevanti (concernendo l'assunzione della perizia Gattavecchia, o le motivazioni dell'incarico di redigere l'impairment test allo stesso professionista che aveva redatto la perizia di stima), e per altro ininfluenti (concernendo comunicazioni telefoniche intercettate a distanza di anni dai fatti, che nulla dicono in merito all'attività svolta dall'imputato)".

IL MANCATO RINVIO PER FALSO IN BILANCIO - La sentenza concentra poi la sua attenzione sul mancato rinvio a giudizio, lamentato dal Pm, di Emanuela Maria Radice a Giampaolo Zarcone "quali concorrenti morali e materiali nelle condotte di falso in bilancio, relative alla gestione 2016, commesse da amministratori e da sindaci della Casinò Municipale di Campione d'Italia Spa, e della incorporante Casinò di Campione Spa", ricordando la sentenza di non luogoa procedere emessa dal Gup ritenendo che, "alla data di commissione del fatto, Radice e Zarcone non rivestivano più la qualifica di componenti del Consiglio di Amministrazione della società, e non hanno concorso all'approvazione del bilancio che si assume falso".
Nonostante i rilievi del Pm nel ricorso, la Corte ritiene che "l'assenza di qualsivoglia concreto contributo commissivo da parte dei due imputati impedisca di ritenerli responsabili anche per i fatti successivi alla cessazione dalla carica.
Il reato contestato si è consumato dopo la cessazione della carica, né dal capo di imputazione è dato evincere la contestazione di una condotta degli imputati diversa da quella attinente alla carica precedentemente rivestita, ad esempio a titolo di concorrente estraneo.
Né è possibile ritenere i due imputati responsabili dell'approvazione del bilancio 2016, solo perché avevano approvato i bilanci degli anni precedenti, o solo perché nell'esercizio 2016 rivestivano la carica di componenti del Cda della società".

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