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La natura delle mance: la parola a leggi e giurisprudenza

21 aprile 2023 - 15:42

Una disamina sulla natura e la ripartizione delle leggi, secondo le disposizioni tratte dalle leggi e dalla giurisprudenza.

Scritto da Mauro Natta
Foto di Dan Smedley su Unsplash

Foto di Dan Smedley su Unsplash

Le mance elargite dai giocatori vincenti al casinò di chi sono? Come vengono ripartite? Esistono disposizioni di legge in merito? In caso affermativo dove? 
Mi sono dedicato alla problematica relativa alla ripartizione delle mance  elargite al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti e il gestore... I quesiti sono obbligatori, in più: quale può essere o quale è la controparte contrattuale in tema di ripartizione delle mance?
Avevo promesso che non sarei più tornato sull’argomento; la discussione in atto a Campione, il momento dei rinnovi contrattuali e le condizioni operative del mercato nazionale mi hanno procurato la voglia di illustrare, per i molti che non la conoscono, una storia iniziata nel lontano 1983 o giù di lì.

Una vicenda che ha visto impegnati i dipendenti tecnici di tutte le case da gioco italiane e tutti i gestori molto probabilmente più interessati alle conseguenze sul costo del lavoro; d’altra parte come gli stessi avevano previsto e non poteva avere soluzioni molti differenti.
La parte tra virgolette è presa dalla sentenza n. 1776 del 18 maggio 1976 della Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione, a proposito della mancia al croupier, che recita: “Il sistema mancia è retto da un uso normativo - si ricava dall’indirizzo  consolidato della giurisprudenza dal 1954 – tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto...”. 
Dalla sentenza del 1954 citata, evidenzio: “il patto che attribuisce all’azienda una parte delle mance non è nullo...”. Mi permetto di aggiungere che, stante la definizione, la questione mi pare trattabile. 
Qui nasce un’altra questione: se, come ritengo, l’interlocutore ai quesiti non può che essere la proprietà, in considerazione che la parte di mance in discorso è un fattore a valere sulla percentuale dei proventi netti, come si può intervenire?
Nel senso che la proprietà nonché concedente si riserva una percentuale sui proventi netti dei tavoli; ne consegue che le mance, per la parte che non è a beneficio del personale tecnico di gioco, restando alla gestione in conto spese, concorre a determinare la percentuale di cui si è appena  accennato.

Mi pare si possa affermare che ad una riduzione della quota spettante alla proprietà in quanto entrata tributaria (L. 488/86), stante la copertura dei costi di gestione da garantire e sostenere, la soluzione della problematica in discorso non è di poco momento così come lo era allora, forse.
In buona sostanza se la quota delle mance a favore dei dipendenti tecnici aumenta, il quantum sui proventi netti che la gestione utilizza per gestire la società -  non importa la tipologia societaria se pubblica, privata, o mista aumenta,  la quota relativa alla tassa di concessione forse impropriamente definita non va nella stesa direzione.
Esistono precedenti in materia, esattamente al casinò di Venezia! Si veda nota. 

Una soluzione potrebbe consistere nel detassare le mance percepite dai dipendenti tecnici operando in modo da incrementarne il netto introitato senza intervenire sulla retribuzione.
Mi piace, a questo punto inserire quanto segue che attiene, piuttosto, alla questione fiscale ma può essere utile a comprendere il ragionamento complessivo.
L’11 dicembre del 1990 fu emanata la L. n. 381, che, all’art.1 – modificando il Dpr 22 dicembre 1996, n. 917 (T. U. II. D. D.), aggiunge all’art.47 dello stesso decreto, alla lettera l), le mance ai croupier in relazione all’attività di lavoro subordinato.
All’art. 3 della L.381/90 si afferma che le mance in parola costituiscono reddito nella misura del 75 percento del loro ammontare.

L’approvazione del decreto legislativo n.314/97, in tema di armonizzazione tra importo imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito e quello ai fini contributivi, le mance hanno registrato una ulteriore e giusta, proprio in funzione del loro trattamento fiscale, sistemazione che è stata la normale evoluzione di un concetto da sempre sostenuto dai dipendenti tecnici delle case da gioco autorizzate.
Non era logico e tollerabile, nell’ambito di uno stesso ordinamento giuridico, che una attribuzione patrimoniale fosse qualificata come compenso ad un effetto (quello fiscale) e non ad un altro effetto (quello lavoristico e previdenziale), proprio in un combinato normativo in cui quella qualificazione presuppone necessariamente quest’altra.
I

l 19 gennaio del 1990 un autorevolissimo parere prevedeva, a seguito del riconoscimento delle mance quale reddito di lavoro subordinato, un considerevole aumento del costo di gestione dei casinò con una grossa diminuzione dell’utile operativo e, quindi, una rilevante contrazione dello scopo fiscale complessivo per il quale le case da gioco sono state create (entrate dalla natura giuridica tributaria).
Non si poteva, e non si può, non condividere il seguito del citato parere. “La non tassabilità delle mance, invece, togliendo la premessa logico-giuridica per la sindacalizzazione anche ai fini retributivi e previdenziali, fa pesare parte del costo del lavoro sui giocatori. Ecco perché, la non tassazione delle mance, è la soluzione ideale per chi ha a cuore l’obiettivo pubblicistico di conseguire entrate tramite la casa da gioco”.

Il costo del lavoro - incrementato dalla normativa di cui al decreto legislativo n. 314/97 - e la contemporanea diminuzione degli introiti sia netti sia accessori (mance) contribuiscono non poco alla evidente riduzione (come si è potuto vedere negli ultimi anni) se non annullamento del risultato positivo di gestione.
Prima dell’entrata in vigore della L. n. 381/90 le mance erano tassabili solo ed esclusivamente per la parte assoggettata a contribuzione pensionistica. 
Il trattamento previdenziale delle mance discendeva dall’accordo tra le parti per cui le mance erano tassate e comprese nella dichiarazione dei redditi in aggiunta alla retribuzione nella misura in cui queste erano assoggettate a contribuzione pensionistica. Tale misura è stata fatta propria dal Ministro del lavoro nella determinazione presa al riguardo con decreto 14 aprile 1973, emesso ai sensi del 2° comma dell’art.4 del D. P. R. n. 1420 del 1971 emanato ai sensi della riforma pensionistica, L. 30 aprile 1969, n.35, lett. e).

Il problema mi pare possa essere presentato in questi termini: se non si intende diminuire la quota a beneficio della proprietà (concedente) composta da introiti netti e mance al 50 percento ed evitare richieste salariali in sede di rinnovo contrattuale, stante la situazione attuale, si potrebbe:

a) detassare ai fini Irpef e ritenute (pensioni) le mance al momento tassabili al 75 percento del loro ammontare (si tenga conto del regime agevolato per Campione d’Italia) e il datore di lavoro risparmia sui contributi pensionistici. Con il risparmio il dipendente può ricorrere alla pensione integrativa;

b) trasformare l’aumento di retribuzione in partecipazione agli utili esente da  contribuzione pensionistica forse sotto forma di premio di produzione e con imposta ridotta. La partecipazione agli utili potrebbe e/o dovrebbe essere estesa  a tutto il restante personale con il medesimo intento.

Un possibile rimedio alle richieste salariali dei dipendenti potrebbe consistere nell’orientare opportunamente la domanda con una offerta votata alla ricerca della qualità. Un tempo si organizzavano gala, gare di chemin de fer e di roulette francese, incontri dedicati alla cucina regionale, manifestazioni sportive o altro, forse è possibile farlo anche attualmente. Scusate il piccolo finale fuori tema. 

Nota: non ricordo l’anno ma è a mia conoscenza che al casinò di Venezia, avendo la direzione associato alla roulette giochi di carte meno produttivi in mance, gli impiegati prima addetti alla sola roulette, con l’intervento della proprietà, hanno ottenuto che la loro partecipazione alle mance, unitamene agli impiegati addetti ai giochi di carte (già definiti meno produttivi), fosse del 60 percento.  La suddivisione delle mance allo chemin de fer era e rimane del 46 percento ai dipendenti e del 54 percento al Comune. Logicamente il Comune lascia la propria parte alla società quale acconto sui costi di gestione.  In ogni caso desideravo soltanto evidenziare il fatto.

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