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Uso contanti e debiti di gioco, casinò tra norme e organizzazione del lavoro

31 gennaio 2024 - 10:26

L'uso dei contanti, nei casinò e non solo, è disciplinato da norme che si sono aggiornate nel tempo, e anche l'assolvimento o meno dei debiti di gioco sono regolate dalla legge.

Scritto da Mauro Natta
Foto di Chris Abney su Unsplash

Foto di Chris Abney su Unsplash

Come scrivevo recentemente, nel 1992 l’idea che l’art. 1933 del codice civile potesse costituire un ostacolo allo sviluppo delle case da gioco italiane, è sostenibile ancor più oggi quando esiste una limitazione all’uso dei contanti.
Allora si raccomandava una deroga per quanto riguardava i debiti di gioco anche e soprattutto prendendo l’avvio dallo spirito con il quale, a datare dal 1927, furono istituite le case da gioco in deroga alle norme del codice penale.

Pare sufficiente ricordare il Rdl 22 dicembre 1927, n. 2448 nel quale si consentiva al Comune di Sanremo di assumere iniziative onde addivenire alla realizzazione di opere inderogabili e il successivo articolo 19 del decreto legge n. 318 del 1 luglio 1986 convertito in legge n. 488/86, nel quale è dato leggere al comma 1: “Le entrate derivanti ai Comuni di Sanremo  e Venezia alle gestione di cui al Rdl 22 dicembre 1927, n. 2448 convertito dalla L. 27 dicembre 1928 n. 3125, nonché al Rdl 16 luglio 1936, n. 1404 convertito dalla L. 14 gennaio 1937 n. 62, sono considerate, fin dalla loro istituzione, entrate di natura pubblicistica da classificarsi nel bilancio al titolo I, entrate tributarie”. 
Ora, per la motivazione precedentemente esposta, il richiamo alla deroga delle disposizioni di cui all’art. 1933 cod. civ., appare sempre più attuale. 
Provo ad esaminare l’organizzazione del lavoro e della produzione  nella casa da gioco: il frequentatore che utilizza solo ed esclusivamente contanti ben difficilmente potrà superare il massimo concesso perché, se anche cambia spesso tavolo, è facilmente scoperto. A nulla servirebbe operare in più amici che, facendo la spola tra tavolo e cassa, non hanno una conclusione differente. E avrebbero difficoltà a superare il massimo in quanto, oltre a questo, il cassiere offre la possibilità di pagamenti in assegni, senza contare i controllori dell’Ente concedente.

C’è anche chi ha possibilità di approvvigionarsi di gettoni tramite la carta di credito e non gli è semplice trasformare il prelevato in contanti, ovvero fingere di giocare non rappresenta una occupazione priva di inconvenienti.
Se l'improponibilità dell’azione  non fosse applicabile ai debiti di gioco, forse, si potrebbe constatare un incremento nei ricavi delle case da gioco terrestri e, senza dubbio, una operatività più tranquilla sia per i gestori sia per i clienti che vedrebbero limitate le loro, magari frequenti, partecipazioni.

Visto che sono in argomento, ricordo che un disegno di legge conteneva una norma mirata a non utilizzare, da parte dell’Autorità preposta, le notizie apprese nelle case da gioco a meno che coinvolgessero disposizioni del codice penale.
Desidero continuare con quanto, da sempre, continuo a sostenere: il servizio alla clientela è, in primis, dovuto alla professionalità degli addetti al gioco; una qualità che si forma dalla multifunzionalità premiata.
Sicuramente non posso sottacere che la metodologia applicata non soltanto riguarda il servizio ma, l’adeguamento dell’offerta alla domanda e, in  parte, il contenimento del costo del lavoro.
Come faccio a disconoscere la complessità della situazione che viene a formarsi? Il fatto rilevante è che, almeno inizialmente, ogni dipendente tecnico non è in grado di operare in tutti i giochi presenti nella sala, quindi, non tutti sono sempre chiamati a lavorare e ciò rappresenta il classico inciampo parzialmente retributivo.

La difficoltà è rappresentata dalla necessità di classificare il personale sulla scorta dei giochi conosciuti in modo professionale e, allo stesso tempo, incentivare gli impiegati rimanenti a migliorare continuamente.
La mia passata esperienza, pur dovendo ammettere che i tempi sono cambiati, mi rinfranca nella convinzione che una alta e considerevole professionalità contribuisce ad innescare quel processo di fidelizzazione che torna sempre a beneficio della casa. Nemmeno mi sento di non citare la rilevanza del “passaparola” in un clima operativo ove la pubblicità è vietata.
Non posso negare che il contenimento dei costi, in specie quello del personale, può passare anche dall’assumere, per così dire, alla bisogna. Certamente e per conto mio il sistema può essere anche utile sulle navi da crociera piuttosto che nelle case da gioco tradizionali, ma, come ho anticipato, trattasi di un mio convincimento e nulla più.

A mio parere, e mi avvio a chiudere, l’alta professionalità è una esigenza indispensabile così come il servizio alla clientela che, molto probabilmente, consentiranno il ritorno dei cosiddetti giochi tradizionali.  
Con questi aumenta la qualità del gioco e delle frequentazioni a tutto vantaggio del fattore occupazionale che, unitamente al canone di concessione, mi permetto di chiamarlo così, permette di raggiungere lo scopo fiscale complessivo per il quale sono state create le case da gioco ed altre se ne volevano, un tempo, istituire.

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