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Divieto pubblicità gioco, CdS ribalta sentenza del Tar Lazio: 'Google Ireland colpevole'

13 maggio 2024 - 15:30

Il Consiglio di Stato conferma la sanzione – ma ridotta a 50mila euro – inflitta dall'Agcom a Google per la violazione del divieto di pubblicità al gioco per la pubblicazione di un annuncio di casinò online.

Scritto da Fm
Consiglio di Stato - Palazzo Spada © Giustizia amministrativa - sito ufficiale

Consiglio di Stato - Palazzo Spada © Giustizia amministrativa - sito ufficiale

La condotta realizzata da Google Ireland si pone in contrasto con il divieto di pubblicità al gioco introdotto dal decreto Dignità, “dal momento che è stata pubblicata dalla società la pubblicità di un sito che a sua volta conteneva una lista di link ad ulteriori siti web che, in alcuni casi, consentivano di giocare a pagamento online.

Quindi, sebbene le parole chiave ('casino online') cui era associato l’annuncio nel motore di ricerca e le parole dell’annuncio medesimo non contenevano di per sé riferimenti a giochi a pagamento, la pubblicazione di tale annuncio rappresenta una violazione, da parte di Google, del precetto di cui all’art. 9 cit. in quanto, attraverso le parole utilizzate ed i link ivi presenti, ha promosso il raggiungimento, da parte dell’utente, di siti di giochi con vincite in denaro”.

Non lascia dubbi il Consiglio di Stato nella sentenza con cui accoglie l’appello principale proposto dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per la riforma della sentenza del Tar Lazio che nel 2021 aveva annullato la sanzione comminata a Google Ireland Limited per la violazione del divieto di pubblicità del gioco. 

Google è stata riconosciuta colpevole pur avendo obiettato di “utilizzare un software automatico per impedire agli inserzionisti di pubblicare annunci pubblicitari in violazione di tali norme e che detto strumento nel caso di specie non ha potuto funzionare a causa dell’impiego da parte dell’inserzionista di un meccanismo fraudolento, cosiddetto cloaking, che consiste nel mostrare al software di verifica di Google una pagina di destinazione dell’annuncio conforme alla normativa e differente da quella che effettivamente compare agli utenti”.

Per il Collegio infatti Google “non ha provato l’avvenuta effettiva realizzazione di tale sistema fraudolento da parte del proprio inserzionista, essendosi limitata a produrre, sia in sede procedimentale che processuale, una relazione firmata dal responsabile del proprio dipartimento Trust & Safety Ads Content & Investigation (doc. 23 depositato da Google in primo grado) ove viene solo affermata l’avvenuta verificazione di tale episodio, senza alcun documento, anche di natura tecnica, che consenta di comprovarlo.

Anche a fronte delle specifiche contestazioni mosse al riguardo dall’Autorità, sia nel provvedimento impugnato che nel corso del giudizio, deve ritenersi che Google non abbia provato la verificazione a suo danno di tale sistema di cloaking e, pertanto, non ha provato la sussistenza di elementi idonei ad escludere la propria colpa”.

Ma la società segna anche un punto a suo favore.

Google, ricorda la sentenza, ha contestato “il provvedimento dell’Autorità laddove, in considerazione dei due giorni in cui è stato pubblicato l’annuncio (14 e 15 novembre 2019), ha ritenuto essere avvenute 'due distinte violazioni per ciascuna giornata' applicando il 'concorso materiale di illeciti' dovendosi, invece, secondo la tesi di Google, rilevare un'unica condotta sanzionabile”. Inoltre, Google contesta “l’applicazione che è stata data ai parametri di quantificazione della sanzione di cui all’art. 11, L. n. 689/1981”.

In questo caso per i giudici di Palazzo Spada la censura è fondata: “L’annuncio pubblicitario oggetto di contestazione è stato pubblicato per due giorni consecutivi e, pertanto, deve considerarsi integrata un’unica violazione del precetto di cui all’art. 9 del Decreto dignità che prescrive un obbligo di non facere. Nel caso di specie, tale obbligo è stato violato da Google con un’unica azione, consistente nella pubblicazione dell’annuncio vietato, integrandosi così un illecito istantaneo (perfezionatosi al momento della pubblicazione) con effetti che si sono protratti per due giorni”.

Pertanto, “è errata la violazione dell’Autorità che ha ritenuto integrate più condotte, una per ciascuna giornata, dal momento che - essendo il medesimo l’annuncio, unico il contesto spazio-temporale in cui la pubblicazione è avvenuta ed unico il fine realizzatosi con detta pubblicazione - deve di ritenersi integrata un’unica violazione del precetto di cui all’art. 9 del decreto Dignità”.

Quindi, la sanzione inflitta dall'Agcom al Google Ireland – che ammontava a 100mila – è stata rideterminata dal Consiglio di Stato in 50mila euro.

 

Il testo integrale della sentenza è disponibile in allegato.

 

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