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Campione d'Italia, i mille ritardi e le mille difficoltà dell'enclave

17 dicembre 2018 - 10:39

Il governo è finalmente intervenuto per cercare di salvare Campione d'Italia, ma il rischio è che si arrivi con grandissimo ritardo.

Scritto da Anna Maria Rengo

Le vicende recenti concernenti Campione d'Italia sono state tutte caratterizzate da ritardi, causati dai più disparati motivi. Il ricorso al Tar dei dipendenti comu ali contro la dleibera che dispone il trasferimento di 82 di essi è stata rinviato al tribunale amministrativo laziale e, dopo la prima udienza che ha portato alla concessione della sospensiva, il merito è stato rinviato a febbraio del prossimo anno. Come pure, la discussione dei reclami contro la sentenza del tribunale di Como che ha disposto il fallimento per insolvenza della società di gestione del Casinò, è stata, per un impedimento dell'ultimo minuto (il legame di parentela di un giudice a latere con l'avvocato dell'ex sindaco Roberto Salmoiraghi, in verità non una circostanza imprevista e imprevedibile) rinviata al 13 dicembre, e in quella data, peraltro, rinviata al 17 gennaio 2017. Nel frattempo, però, l'iter della legge 223/91, con la procedura avviata per il licenziamento collettivo di tutti i dipendenti della Casa da gioco, si è concluso, e le lettere sono arrivate, con decorrenza dal 31 dicembre. Davvero un capodanno amarissimo, per la comunità campionese e peri dipendenti della Casa da gioco in particolare (del resto, quale famiglia non ne ha – anzi aveva – uno in casa?).

Tutto questo, forse, si poteva evitare. Ovviamente, e questo andrebbe scritto a caratteri cubitali, si sarebbe dovuto evitare prima, con una gestione oculata di Comune e conseguentemente Casinò. Perché ovviamente alla situazione attuale non si è giunti dal giorno alla notte, ma essa è il frutto di errori, anche macroscopici, che sono stati compiuti nel corso degli anni, sotto gli occhi di tutti e mentre solo qualche Cassandra gridava inascoltata.

Però si sarebbe potuto evitare anche “durante”. Dal fallimento in poi, i tempi avrebbero dovuto essere più brevi e senza tutti questi inciampi e rinvii. E anche l'intervento governativo (a breve sarà pubblicata in Gazzetta la legge fiscale, che prevede norme per Campione, su tutte la nomina di un commissario straordinario per il Casinò che dovrà occuparsi di trovare le soluzioni per poterlo riaprire), pur fortemente positivo, giunge in un momento in cui la crisi è ormai diventata gravissima e forse alcune conseguenze sono diventate irreversibili, o quasi. I clienti sono andati a giocare altrove, e magari si sono trovati anche bene. I macchinari si stanno deteriorando. L'immagine pubblica di Campione e del Casinò è negativa. Molti dipendenti si sono già mossi per trovare un lavoro altrove. Milioni e milioni di euro sono venuti a mancare, e non sono più affluiti nelle tasche dei lavoratori del Casinò ma anche in quelle del Comune e, di conseguenza, in quelle dei dipendenti dell'ente pubblico. Quando arriverà il commissario straordinario, i dipendenti del Casinò saranno già ufficialmente licenziati, e anche se i reclami venissero accolti dalla Corte d'appello di Milano (un elemento positivo in questa vicenda giudiziaria è che il pubblico ministrero non è costituito), nel frattempo, appunto, i dipendenti saranno già ufficialmente licenziati, con l'interrogativo se quest'atto è da considerare nullo o, più probabilmente, legittimo.

Ciascuno deve forse fare il mea culpa, ma non tanto per cospargersi il capo di cenere, ma per capire se e come si può oggi correre a tardivi ripari. La situazione è tutt'altro che facile, ed è aggravata dal fatto che non ha precedenti in Italia. Ma certamente, senza la riapertura in tempi brevissimi del Casinò, la sopravvivenza di Campione come comunità sociale ed economica è a forte rischio.
 

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