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Casinò, nessuno è profeta in patria

30 gennaio 2017 - 08:28

Tempo di addii per i manager 'esteri' che per qualche tempo hanno guidato alcuni casinò italiani.

Scritto da Anna Maria Rengo

La settimana che comincia oggi 30 gennaio dovrebbe segnare l'addio al Casinò di Venezia del secondo di quei manager 'esteri' che negli ultimi due anni avevano portato a una ventata di novità, per quanto riguarda la gestione a livelli apicali delle case da gioco tricolori. Qualche mese fa l'addio di Gianfranco Scordato al Saint Vincent & Casino, ora, pare certo, quello di Eros Ganzina alla Casa da gioco lagunare. I due direttori generali hanno molto in comune: la giovane età e la lunga esperienza, di successo peraltro, maturata in casinò esteri, tra cui, entrambi, in quelli maltesi.

Sicuramente per i due la breve esperienza tricolore ha rappresentato un momento di crescita e di confronto con una realtà che, pur essendo entrambi italiani (messinese Scordato e bolzanino Ganzina), era diversa e 'straniera' rispetto al loro prestigioso bagaglio professionale. Una realtà che forse si è rivelata più complicata del previsto. Nell'analizzarla freddamente, da fuori, pare che la discriminante principale, rispetto a quella 'estera' ma forse più semplice e amichevole, è che i casinò italiani sono pubblici e non privati come la maggior parte di quelli nei quali i due manager si sono trovati a operare. Gestiti dunque con logiche pubbliche, il che non significa necessariamente male, ma significa certamente che i manager devono fare i conti con una proprietà che è rappresentata dalla politica, alla quale dover rendere conto, volenti o nolenti delle proprie scelte gestionali, e con la possibilità che, per qualche motivo, tali scelte non si potranno e dovranno fare.
Altro elemento caratterizzante i casinò italiani, o meglio, tutte le imprese italiane (specie se hanno da quindici dipendenti in su!), è la forte presenza dei sindacati, anch'essi in grado di incidere pesantemente, piaccia o non piaccia, sulle scelte aziendali. Sicuramente una forza ben maggiore, forse addirittura imprevista, rispetto a quanto avviene in altri Paesi o in altre aziende private. Questa è la realtà dei casinò italiani, che il sindaco Orsoni voleva almeno parzialmente cambiare, affidando a un privato la gestione della Casa da gioco lagunare, e che ora la traballante giunta Rollandin sta cercando a sua volta di mutare, con la possibilità, inserita nella legge Finanziaria per il 2017, di procedere lungo la strada percorsa dai colleghi veneziani, e che si era poi rivelata senza uscita.
Forse, in un contesto diverso, non necessariamente privato, ma per esempio con una unica società di gestione centralizzata a livello nazionale (era questo il progetto portato avanti dal governo, e che sembra però da lungo tempo in stand by), le sorti dei due manager 'stranieri' sarebbero state diverse, e la loro vita professionale nei due casinò più lunga (e soddisfacente). Al momento, però, la 'morale' delle due storie è che l'esperienza maturata in casinò stranieri non è utile, o almeno non è ritenuta utile, a salvare le sorti di quelli italiani.

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