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Nodo mance al Casinò Campione, nella giurisprudenza alcune chiavi di soluzione

14 agosto 2023 - 09:40

Il nodo della ripartizione delle mance al Casinò Campione non è stato ancora sciolto: una disamina sulle pronunce giurisprudenziali e sulle norme contrattuali.

Scritto da Mauro Natta
© Softcodex / Pixabay

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Curioso lo sono sempre stato ma, con l’età, lo sono diventato ancora di più. Forse per il fatto che alla fine del 1983 ero in servizio e molti “vecchi” si ricorderanno di quanto avvenne in tema di mance ai croupier dal punto di vista fiscale e contributivo. Alcuni rammentano il periodo dello stipendio convenzionale che, pur se limitatamente all’importo soggetto ad imposta sul reddito delle persone fisiche, era valido ai fini pensionistici.

Nel 1983 il fisco è arrivato a reclamare l‘imposta sulla totalità delle mance e tutte le organizzazioni sindacali si sono attivate per cercare una soluzione che terminò con il decreto legislativo n.314 del 30 settembre 1997 se non erro, ma solo per la data.

Anch’io, all’epoca dirigente sindacale, mi sono attivato e ho studiato per quanto mi era possibile e seguito la situazione; è per questi motivi che la vicenda “mance ai dipendenti tecnici delle case da gioco” la conosco discretamente.

Ho potuto leggere alcune volte che l’argomento mance interessa spesso il casinò di Campione e, finalmente, proprio a causa della mia rinata curiosità sono andato in internet per reperire l’articolo del contratto di lavoro che ne tratta.

Qui penso di aver confuso, ma sempre nella identica direzione, il vecchio impiegato in pensione dal 2001 l’ex dirigente sindacale e quanto ritengo doveroso, cioè fare conoscere ad altri probabili interessati quello che, credo diligentemente, ho appreso dai professori dei quali ho avuto il piacere di leggere le relazioni.

Ho preso visione dell’articolo 42 del contratto di lavoro relativo al casinò di Campione d’Italia.

2. Tutto il personale avrà diritto di partecipare al monte mance nella misura massima del 50 percento quale compenso proveniente direttamente dai clienti del Casinò.

Prima di passare ad esaminare gli altri punti del contratto (1, 3 e 4) mi soffermo su quanto precede.

In primis desidero precisare che non si tratta assolutamente di compenso e, al tempo stesso che non tutti avrebbero diritto a beneficiarne salvo accordi che, personalmente, non condivido, e rammento alcune sentenze che riporto di seguito.

Cassazione, 9 marzo 1954, n. 672. Veniva preso in esame Il caso specifico dei dipendenti delle case da gioco, in una causa instaurata da alcuni dipendenti della casa da gioco di Sanremo contro il Comune perché fosse dichiarato nullo il patto di devoluzione di una quota del monte mance all’ente gestore del Casinò (da notare che non si parla del quantum di percentuale ndr.). La sentenza ampiamente motivata pone una serie di principi ai quali si è conformata la giurisprudenza successiva:

a) le mance assumono carattere retributivo quando il contratto di lavoro le include e congloba nel trattamento economico dei dipendenti:

b) per tali ragioni le mance vanno computate gli effetti dell’indennità di preavviso, della tredicesima mensilità e dell’indennità di anzianità;

c) il patto che attribuisce all’azienda una parte delle mance non è nullo per mancanza di causa dato che il datore di lavoro offre al lavoratore l’organizzazione e l’occasione per ricevere le mance (da notare che non si parla del quantum di percentuale ndr.).

Cassazione, 18 maggio 1976, n,1775, si legge tra l’altro: Questa S.C. ha ripetutamente affermato il principio che le mance possono essere considerate parte integrante della retribuzione (...) e sempre che le parti abbiano attribuito alle medesime, in sede di contrattazione individuale o collettiva, la funzione di coefficiente integrativo della mercede.
Cassazione, 18 maggio 1976, n. 1776. Ha fissato i seguenti principi: l’uso normativo in forza del quale il giocatore è tenuto ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti al gioco ed il gestore secondo percentuali predeterminate opera l’attribuzione immediata e diretta a ciascuno dei beneficiari (...).

Il decreto n. 314 del 1997, art.3, lett. i. per quanto alla tassazione come reddito da lavoro dipendente e, per questo, valido ai fini contributivi e pensionistici: “è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali in relazione al rappoto di lavoro. Si specifica espressamente con la parola croupier unitamente ad impiegati tecnici delle case da gioco.

Mi pare si possa ritenere che le mance risultanti dalla sommatoria di quanto rinvenuto nelle apposite cassette posizionate nei tavoli da gioco siano a beneficio soltanto dei croupiers e dell’Azienda nella percentuale concordata e in vigore.

Passo ora ad eseminare gli altri punti dell’articolo 42:

1. Per tutta la durata del presente contratto tutte le mance corrisposte dalla clientela saranno versate dai soggetti percettori alla Casa da gioco.

L’espressione “tutte le mance” pare troppo generica. Per quale motivo non si prevede la possibilità che la somma di competenza egli impiegati venga gestita dagli stessi con il solo onere fiscale a carico dell’Azienda (contributi e trattenuta)?

Ritengo sia opportuno sostituire corrisposte con elargite. Il primo termine richiama pur se indirettamente la definizione inziale.

3. Non credo sia possibile imporre la suddivisione dell’importo spettante a ciascuno degli aventi causa (impiegato di gioco, croupier) da parte dell’azienda ma soltanto la parte burocratica ricordata al precedente punto 1. tra parentesi.

4. Quale significato hanno inteso attribuire i firmatari del contratto al termine “omnicomprensivo”? Chiaramente le mance non solo non provengono dal datore di lavoro, non sono compensi ma liberalità d’uso. Se fossero compensi, stante l’acquisizione a seguito di una vincita, sarebbero penalmente perseguibili, probabilmente, come truffe.

Mi permetto in conlusione, aggiungere una parte di un parere che ho potuto leggere:
Il primo beneficiario della mancia è, indiscutibilmente, il croupier. Il gestore non ha titolo originario a parte della vincita (cioè la mancia); d’altro canto sarebbe paradossale che partecipi alla vincita chi, perdendo, la deve finanziare: il gestore. Il fatto che quest’ultimo soggetto partecipi ad una parte delle mance, fondato su un patto o un accordo di devoluzione con il quale i lavoratori consentono al datore di lavoro di sottrarre parte di quanto elargito da terzi (Cassazione, 9 marzo 1954, n. 672), non pare giustificare un diritto originario del gestore ma, piuttosto, una forma di prelievo forzoso (stante la natura giuridica delle entrate) anche se non è stato regolato il presupposto, la base imponibile, ecc..
Quanto precede mi conforta nella personale covinzione che il punto 2 dell’articolo 42 non sia condivisibile (Cassazione sentenza 18 maggio 1976, n. 1776, evidenziata).
Mi scuso se il mio pensiero non sarà condiviso da molti ma è così che la penso e credo di aver esternato le motivazioni che hanno contribuito a dettarmi quanto ho scritto e motivato, bene inteso a mio modo di vedere.
Ho sostenuto e sotengo che le mance ai dipendenti tecnici delle case da gioco sono mere liberalità d’uso, elargite in occasione della vincita, prive di carattere remuneraorio, ed erano irriducibili – antecedentemente al decreto n. 314/97 – alle categorie reddituali previste dal legislatore e, pertanto, refrattarie all’applicazione delle norme fiscali strumentali. Questo pensavo, sostenevo e condividevo confortato da illustrissimi pareri come ho già accennato.
Non senza riportare ciò che un esperto aveva scritto il 19 gennaio 1990: “E’ evidente infatti che, ove la giurisprudenza più autoevole concludesse nel senso che le mance sono reddito di lavro subordinato e perciò tassabili, le Organizzazioni Sindacali muoverebbero all’attacco per chiedere (richiesta naturale, legittima ed inoppugnabile) che esse ric siano onsciute come tali anche ai fini rtribuivi e previdenziali.
E’ infatti inconcepibile che una somma possa essere riconosciuta come reddito ai fini fiscali e non anche a tuti gli altri fini!
Conseguentemente aumenterebbe il costo di gestione dei Casinò con una grossa contrazione dell’utile netto degli stessi e quindi, con una rilevantissima vanificazione dello scopo fiscale complessivo per il quale le case da gioco sono state ideate ed esistono.
(...) Una tassazione parziale ha il pregio di (...) limitare i danni, per la parte pubblica”.
E mi sia concesso di ritenere che la realtà di quanto è avvenuto, parzialmente complice il trend del mercato, sia agevolmente constatabile.

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