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Nuovi casinò, un business possibile per gli enti locali

11 gennaio 2016 - 08:39

Gli enti locali tornano alla carica sui nuovi casinò, e quelli esistenti confermano che possono tornare a crescere.

Scritto da Anna Maria Rengo

Anno che vai, richiesta di apertura casinò che trovi. Anzi: ritrovi. Il 2016 si è infatti aperto con le dichiarazioni del governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, che ha anticipato che sottoporrà al premier Matteo Renzi la richiesta di inserire la riapertura del Casinò di Taormina nel Patto per lo sviluppo. Una rivendicazione sicuramente non nuova, alla quale l’anno passato sembrava che si potesse dare qualche celere risposta, così come all’analoga, proveniente da San Pellegrino Terme. Tuttavia, così non è stato, ma l’anno che si è chiuso ha segnato, per la prima volta dopo ben sette, un risultato complessivo, per le quattro case da gioco esistenti, che può consentire di controbattere agli scettici che opinano, da lungo tempo: i casinò attivi in Italia sono in crisi, perché aprirne altri? Ebbene, come reso noto con soddisfazione da Federgioco la scorsa settimana, il segno accanto alla voce incassi, per le quattro case da gioco, è stato positivo, seppur di poco. Ma può costituire una inversione di tendenza dopo anni che, per diversi motivi, sia gestionali che politici, non sono stati molto favorevoli al business dei casinò.

 

I DISTINGUO - Certamente, ci sono da fare, a uso e consumo dei non addetti ai lavori, due considerazioni che appariranno scontate alla maggior parte dei lettori di Gioconews.it. Come ripetutamente precisato, parlare di incassi in crescita non è necessariamente sinonimo di bilancio in utile. E il bilancio, dal punto di vista di una proprietà che ha affidato a una società la gestione della ‘sua’ casa da gioco, è l’indicatore più importante, per quanto influenzato da fattori, come il ‘quantum’ da corrispondere all’ente di riferimento, in grado di incidere spesso in maniera determinante sulle sorti dei conti finali, anche se ovviamente è una precondizione di cui dover tenere doverosamente conto nel redigere i proprio piani aziendali. Inoltre, anche se il 2015 è stato positivo per almeno due casinò (sia Campione che Saint Vincent lo hanno chiuso col segno più, determinando la positività del risultato complessivo, e in particolare il primo ha raggiunto il record, perlomeno da quindici anni a questa parte, della sua quota di mercato, superando Venezia), sono ben lontani gli anni d’oro. I record assoluti, per quanto riguarda l’ultimo ventennio, risalgono al passato. A un passato in cui, è doveroso precisare, il gioco pubblico era diffuso in misura assai minore di oggi, e soprattutto non avevano fatto la loro comparsa sul mercato le ‘temibili’ sale Vlt. Perché è vero, verissimo, che la clientela di casinò è tendenzialmente differente da quella che va a giocare al bar sotto casa, ma è lecito supporre che almeno una piccola parte di quelle centinaia di milioni di euro che ogni anno vengono spesi in ricevitorie, bar appunto, sale scommesse e sale Vlt, sarebbe stata destinati ai casinò, se non ci fosse stata una così capillare diffusione del gioco sul territorio. Ecco comunque per gli amanti delle statistiche i record delle quattro case da gioco nell’ultimo ventennio: Campione l’ha totalizzato nel 2002, con 123,3 milioni di euro di incassi (per la Casa da gioco dell’enclave un discorso aggiuntivo andrebbe fatto sul cambio euro-franco, che potrà essere oggetto di un approfondimento successivo, ma per il momento ci limitiamo al dato nudo e crudo), mentre Saint Vincent nel 2001 con 148,6 milioni di euro. L’anno record di Venezia è stato il 2006 con 192,2 milioni dei euro (mance escluse, of course!), mentre Sanremo ricorda i 102,6 milioni di euro incassati nel 2004.Si tratta di ordini di grandezza differenti, ma ora che la situazione del mercato del gioco pubblico si è più o meno stabilizzata (nel senso che non si va più verso un allargamento dell’offerta, ma semmai a una riduzione) e che le condizioni economiche del Paese vanno verso un timido miglioramento, i casinò sembrano tornare ad avere un proprio posto e, dati alla mano, a mostrare anch’essi dei segnali di ripresa. Un motivo in più per far tornare d’attualità una questione, quella della riapertura dei casinò, che finora governo e parlamento hanno tralasciato, finti sordi ai richiami della Corte costituzionale che sollecitava un riordino normativo. E bene ha fatto Crocetta a inserire la richiesta in un contesto di sviluppo del territorio. Se ben gestiti, i casinò possono essere un volano per lo stesso, e possono essere qualcosa in più di una ‘fabbrica’ di incassi. Questo in uno scenario di revisione complessiva dell’offerta, cui gli enti locali, come prevede la legge di Stabilità in vigore, sono chiamati a dare un contributo programmatorio fondamentale.

 

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