Isi: imposta sugli intrattenimenti. Mi permetto una considerazione da non esperto in imposte e tasse ma seguendo, la mia logica personale che potrebbe anche dimostrarsi errata.
Per le case da gioco, l’imponibile è costituito giornalmente dalla differenza tra le somme incassate per il gioco e quelle corrisposte ai giocatori per le vincite, includendo nel calcolo anche gli accantonamenti di parte delle giocate ai fini della costituzione o dell’incremento del jackpot, poiché non costituiscono ancora vincite pagate ai giocatori, ed escludendo quanto dovuto dalle case da gioco agli enti pubblici concedenti, ai quali la legge riserva in via esclusiva l’esercizio di tale attività.
Nell’articolo del 6 dicembre 2024; “Casinò Venezia oltre le attese: più compenso a gestione e più Isi da pagare” ed ancora “Come noto, infatti, secondo la convenzione vigente, che era stata modificata durante il periodo del Covid, al Comune spettano tutto gli incassi di gioco del Casinò. Salvo poi ridarne il 75 percento alla Casinò di Venezia Gioco S.p.a. come compenso di gestione”.
“Nel bilancio di previsione 2024 – 2026 approvato (...) era previsto come introiti annuo lordo dei giochi un importo di 105 milioni di euro per il 2024, e conseguentemente il compenso previsto a favore della società era pari a 78.750.000 euro...”
“Come detto, già a giugno si era reso necessario integrare il compenso alla gestione di altri 7,5 milioni di euro e la somma per pagare l’Isi di altri 750mila euro”.
Nell’articolo del 4 febbraio 2025; Comune Venezia, nel 2025 previsti incassi per 105 milioni di euro “Lo si ricorda nella determina del dirigente con la quale si impegnavano 78.750.000 per compensare la gestione della Casa da gioco. (...) La determina impegna anche 7.875.000 euro per pagare l’imposta intrattenimento sugli incassi di gioco all’Agenzia delle entrate (...)”
Se, ad esempio, l’utile di bilancio, nel caso di una gestione affidata in concessione ad una società a capitale pubblico, potesse sostenere una percentuale sugli incassi di gioco superiore a quella in vigore (quanto riportato di Venezia, della variazione in conseguenza del periodo Covid, me ne sembra una dimostrazione) a favore del concedente, si avrebbe un' imposta sull’utile ridotta proporzionalmente.
Stante che l’utile di bilancio è a beneficio dell’azionista, la differenza mi pare evidente.
Se, invece, la gestione è sempre in concessione, anche perché una diversa soluzione non è permessa trattandosi di una attività che comporta una deroga alle norme del codice penale, ad una società a capitale privato si dovrà tenere in debita considerazione che l’utile di bilancio dovrebbe essere tale da favorire l’assunzione dell’incarico.
Chiaramente non spetta a chi scrive indicare, pur in possesso di una certa esperienza sul tema in discorso, la via da seguire. Desidero evidenziare che con quanto precede ho provato ad illustrare un possibile accadimento dal mio punto di vista possibile stante la situazione a seguito della fine del periodo concordatario riguardante la Casa da gioco di Saint Vincent.
L’argomento attuale mi consente un aggancio a un altro che avevo trattato un po’ di tempo indietro e che la presente occasione mi permette di riprendere esprimendo le mie convinzioni che sono rimaste identiche e, volendo, rafforzate.
Come accennavo è trascorso qualche tempo da quando mi sono occupato dalla questione relativa al fatto se le mance elargite nelle case da gioco possono essere riconducibili all’espressione proventi di gioco.
Non rileva, a mio avviso, se al Casinò di Venezia troviamo l’espressione proventi netti e lordi, i secondi comprensivi delle mance rilasciate dai giocatori vincenti a quel tavolo.
Per le case da gioco, l’imponibile è costituito giornalmente dalla differenza tra le somme incassate per il gioco e quelle corrisposte ai giocatori per le vincite si legge nella legge istitutiva dell’imposta sugli intrattenimenti.
Per quel poco che rammento dalle nozioni di diritto alle superiori non mi pare che un uso o una consuetudine possa essere superiore alla definizione che troviamo nella legge.
Ritengo che non si possano nutrire dubbi sul fatto che “costituito giornalmente dalla differenza tra le somme incassate per il gioco e quelle corrisposte ai giocatori per le vincite” non comprende assolutamente le mance e neppure la parte di queste che gli impiegati di gioco devolvono alla gestione della casa da gioco. E neanche la descrizione dei proventi che spettano al Comune di Venezia dalla casa da gioco previgenti, quali entrate di diritto pubblico, le mance nella misura specificata sono ascrivibili ai proventi di gioco come specificati dalla richiamata legge istitutiva dell’Isi.
Sono nuovamente a scusarmi se, in qualche modo, posso essere andato fuori tema o, meglio, se ho allargato il discorso. L’occasione mi è sembrata da cogliere, e allora carpe diem!
Dalla Convenzione relativa al Casinò di Venezia nei rapporti col Comune: art. 19.1. il Comune è l’unico titolare delle entrate derivanti dalla gestione della casa da gioco, al cui esercizio è stato autorizzato dal Ministero dell’Interno. 2. Tali entrate hanno natura tributaria ai sensi dell’art. 19 del DL 1 luglio 1986, n. 318, convertito con la legge 9 agosto 1986, n. 488.
Aggiungo un riferimento in merito alla titolarità della mancia di cui trattasi: Il fatto che il gestore partecipi ad una parte delle mance, fondato su un patto o un accordo di devoluzione con il quale i lavoratori consentono al datore di lavoro di sottrarre parte di quanto elargito da terzi (Cassazione, 9 marzo 1954, n. 672), non pare giustificare un diritto originario del gestore ma, piuttosto, una forma di prelievo forzoso (stante la natura giuridica delle entrate) anche se non è stato regolato il presupposto, la base imponibile, ecc..
Chiudo con un parere di una Sezione regionale della Corte dei conti, ma non ne rammento la località. Si ritiene che l’attività svolta dalla società consistente nella gestione di una casa da gioco abbia natura imprenditoriale e che pertanto sia idonea a produrre utili in senso civilistico – commerciale. Tali utili – con riferimento specifico ed esclusivo all’attività di gestione del gioco – sono quelli derivanti dalla differenza tra i ricavi (ossia i proventi complessivamente prodotti dal gioco) e i costi di gestione. Il che mi pare in accordo: costituito giornalmente dalla differenza tra le somme incassate per il gioco e quelle corrisposte ai giocatori per le vincite” Infatti il quantum a beneficio del Comune corrisponde, nel caso in esame, esattamente al 25 percento del previsto, ovvero di 105 milioni di euro. Il 75 percento, che è l’imponibile ai sensi dell’Isi e proprio quanto precedentemente specificato in grassetto, in cifre 78.750.000 euro.
Art. 19 Dl n.318/86: 1. Le entrate derivanti ai comuni di Sanremo e Venezia dalle gestioni di cui al regio decreto – legge 22 dicembre 1937, n. 2448, convertito dalla legge 27 dicembre 1928, n. 3126, nonché al regio decreto-legge 16 luglio 1936. n. 1384. convertito dalla legge 14 gennaio 1937, n. 62, sono considerate ad ogni effetto, fin dalla loro istituzione, entrate di natura pubblicistica, da classificarsi nel bilancio al titolo I, entrate tributarie. Non si fa luogo al rimborso delle imposte già pagate.
Una mia personale impressione, ascrivibile alla lettura dell’art. 19, punto 1, della convenzione tra il Comune di Venezia e la Società di gestione del Casinò, è quella di non poterlo condividere appieno. Stante quanto precede vedrei meglio una specificazione del netto che rimane al Comune. Ma questa è soltanto una mia idea che, però, la realtà delle cose mi pare avvalli. Rimane inteso, per chi scrive, che le mance non ne fanno parte né per il loro totale, né per la parte che la sentenza 9 marzo1954, n. 672, pare identificare.