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Pubblicità, gioie e dolori per i casinò

11 ottobre 2023 - 08:49

Il decreto Dignità ha completamente vietato la pubblicità anche dei casinò tricolori, segnando un punto di svolta nelle strategie di marketing.

Foto di Jo San Diego su Unsplash

Foto di Jo San Diego su Unsplash

Il tema che desidero trattare è alquanto controverso. Non posso esimermi, prima di procedere, dal citare nuovamente l’intervento legislativo adottato nel 2018, il cosiddetto decreto Dignità, per il cui tramite il legislatore italiano ha sancito il divieto assoluto di pubblicità legate in qualsiasi modo al gioco d’azzardo.

Dal succitato anno per le aziende che operavano nello specifico settore è nato un problema di non poco conto che, di fatto, ha generato l’impossibilità di comunicare la propria offerta sul mercato potenziale, in sintesi di fare pubblicità.
Per approfondire ulteriormente la questione, penso sia opportuno un breve excursus su come, in particolare i casinò, agivano in tema di
pubblicità nel periodo ante divieto.

La pubblicità seguiva due canali distinti, il primo, che definirei generalista, era allineato per tipologia di comunicazione a quello utilizzato da aziende di altri settori.
Pagine pubblicitarie, spot radiofonici e televisivi erano il mezzo per comunicare l’offerta di divertimento che ogni casinò proponeva al cliente potenziale puntando in particolare sul contorno che ogni casa da gioco era in grado di garantire in abbinamento al gioco. I grandi eventi giocavano anch’essi un ruolo molto importante perché rappresentavano un’occasione aggiuntiva per richiamare l’attenzione della clientela. Premi musicali, cinematografici e televisivi, concerti e spettacoli sono stati per anni la punta di diamante di ogni strategia di comunicazione messa in campo dai casinò.

Un secondo canale, molto efficace, era quello che si occupava della clientela fidelizzata, quindi dei frequentatori assidui del casinò i
quali autorizzavano l’invio al proprio recapito di inviti e comunicazioni sulle attività organizzate dalle case da gioco. La tecnologia agevolava moltissimo questa strategia di comunicazione grazie al sempre più massiccio utilizzo di strumenti come le email e i messaggi telefonici, poi soppiantati dai più recenti servizi di messaggistica istantanea.

Secondo la mia esperienza entrambi i canali si rivelavano efficaci. Il primo, che definirei indiretto, consentiva di dare visibilità al brand di ogni casinò e nei casi in cui lo stesso brand era abbinato a eventi di prestigio e di richiamo funzionava certamente meglio. Il secondo assicurava un’importante continuità di rapporto con il cliente abituale che sicuramente si sentiva gratificato dal fatto di essere oggetto di comunicazioni per certi versi personali e a lui solo riservate.

L’avvento del decreto Dignità, in uno scenario del gioco d’azzardo profondamente mutato, soprattutto per numero di soggetti interessati che si sono aggiunti ai casinò sul mercato di riferimento, in un primo momento ha generato grande disorientamento, ma ha certamente penalizzato ex nunc il potenziale di comunicazione di ognuno degli operatori. Stessa situazione si verificò nel 2001 nei confronti delle aziende che vendevano alcolici e nel 2003 delle multinazionali del tabacco, seppure per gli alcolici i distinguo non siano mancati.

Lo scenario resta tuttora complicato, il brand di un casinò può essere oggetto di comunicazione, ma senza alcun riferimento al gioco.
Ne consegue che l’ultima spiaggia non può che essere rappresentata dall’utilizzo di leve di comunicazione indirette che fanno  riferimento ad eventi, di ogni genere e tipologia, organizzati all’interno dei casinò o nelle location in cui gli stessi operano.

È alquanto difficile misurare l’efficacia di siffatta strategia, mentre sono assolutamente certi gli elevati costi per metterla in campo. Più volte ho speso parole a favore della differenziazione dell’offerta che ogni casinò dovrebbe proporre alla propria clientela. Una differenziazione che consentirebbe di pubblicizzare servizi diversi dal gioco per richiamare clienti potenziali.

In estrema sintesi il casinò dovrebbe diventare un luogo in cui divertirsi e godere di servizi di accoglienza di eccellenza, lounge bar, ristoranti, negozi, centri benessere e tutto quanto si può pensare per rendere attraente una destinazione.
Si tratta di una rivoluzione culturale tutt’altro che facile da concretizzare, per i costi da affrontare e per l’inevitabile obbligo di creare non facili sinergie con altre aziende alle quali affidare i servizi complementari a cui ho fatto accenno.
Un’ipotesi che mi piace, soprattutto in ottica futura, perché spero che il mondo di cui scrivo possa tornare a crescere non solo per volume di affari anche per filosofia di business, strizzando l’occhio al modello Las Vegas, nel rispetto del Made in Italy che ci ha resi famosi e apprezzati in tutto il mondo.

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