skin

Case da gioco fuori della delega, è davvero equilibrio normativo in Italia?

25 agosto 2023 - 12:32

I casinò italiani sono esclusi dal riordino normativo del gioco pubblico statuito dalla legge delega fiscale, ma la Corte costituzionale e diverse proposte di legge suggerivano un intervento sulla materia.

Scritto da Mauro Natta
 Foto di Patrick Fore su Unsplash

Foto di Patrick Fore su Unsplash

Ho letto con vivo interesse l’articolo “Case da gioco fuori della delega, Comune e Casinò Venezia: di riordino non c’è bisogno”.
Inizio con questa dichiarazione del neo presidente della Casinò SpA. “Anche se ricopro da poco tempo il nuovo ruolo ho già avuto modo di aggiornarmi. Ed effettivamente di riforme pesanti dei Casinò non se ne sente proprio il bisogno. Mi pare che ci sia un buon equilibrio in Italia. C’è da intervenire per mettere a regime certe cose dopo molto tempo ma niente di che”.

In cosa consistono certe cose che meritano di richiamare il “niente di più”?
Vado a braccio: il 1927 anno nel quale fu concesso al Comune di Sanremo e successivamente a quello di Venezia il casinò (segue la motivazione ripresa dal decreto), il 1946 quando per simili motivazioni alla Regione Autonoma Valle di Aosta fu concesso di aprire il casinò di Saint Vincent, il 1986 quando la Legge 488 definì la natura giuridica delle entrate derivanti dalla casa da gioco a Comuni e, aggiungo, alla Regione, il 1997 quando il decreto 314 con l’art. 3 definì le mance quale reddito di lavoro dipendente e vi risparmio l’iter precedente ad iniziare dallo stipendio convenzionale, il 1999 con l’apertura di Ca’ Noghera che permise, quasi immediatamente, al Casinò di Venezia di raggiungere il primo posto nel mercato nazionale. 

Decreto n. 62 del 14 gennaio 1937
Visto l’art.3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926 n.100;
Ritenuta la necessità assoluta ed urgente di provvedere;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del capo del Governo, Primo Ministro, Ministro Segretario di Stato per gli affari dell’interno;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1. È data facoltà al Ministro dell’interno di autorizzare, anche in deroga alle leggi vigenti, purché senza aggravio per il bilancio dello Stato, il comune di Venezia ad adottare tutti i provvedimenti necessari per poter addivenire all’assestamento del proprio bilancio e all’esecuzione delle opere pubbliche inderogabili.

Non è mia abitudine criticare il pensiero altrui ma affermare che ci sia in Italia un buon equilibrio mi pare lecito ma eccessivo. Forse era abbastanza per fermare gli italiani che si recavano in Francia o in Jugoslavia per giocare, ma allora i casinò erano, credo, in numero minore; ora la situazione è ben diversa. Ma in fin dei conti mi chiedo per quale motivo siano stati presentati in Parlamento, dal 1992 in poi tanti disegni e progetto di legge che, forse non tutti prevedevano i casinò sulle navi da crociera. Desidero evidenziare che la situazione di molti enti pubblici periferici si adatta alla motivazione del citato decreto  “ad adottare tutti i provvedimenti necessari per poter addivenire all’assestamento del proprio bilancio e all’esecuzione delle opere pubbliche inderogabili”.

Allorché ho scritto, credo a ragione, che la casa da gioco sul proprio territorio è una forma di autofinanziamento per l’ente pubblico periferico non sono andato fuori tema o distante.
Nella sentenza della Corte costituzionale n. 90 del 2022 si può leggere: “La possibilità, prevista per la regione autonoma Valle d’Aosta, di istituire e gestire una casa da gioco in deroga al divieto penale del gioco d’azzardo è stata fondata sulla attribuzione, che lo statuto speciale ha riconosciuto alla stessa, della competenza in materia di turismo. I ricavi derivanti dall’attività della casa da gioco in linea con quanto disposto dal legislatore statale a partire dl 1949 in armonia con lo Statuto hanno alle entrate regionali, al fine  (…) di sovvenire alle finanze di comuni o regioni ritenute dal legislatore particolarmente qualificate dal punto di vista turistico e dalla situazione di dissesto finanziario” (dalla sentenza 152 del 1985). Ho indicato anno e numero della sentenza con la quale si invitava il Parlamento a legiferare in tema di case da gioco poiché mancava e manca una legislazione organica, forse avrei dovuto comprenderla nelle precedenti annotazioni. 

Si può condividere la convinzione che il divieto di pubblicità non sia stato un valido aiuto per le case da gioco nazionali ma, ancor più che “i casinò sono nati per aiutare quei Comuni dove sono stati istituiti” come dichiarato dall’assessore Michele Zuin.
Per quanto riportato non deve essere considerato fuori tema se come sostengo, e non sono il solo, che abbinare turismo e casinò è corretto. Sicuramente, come ogni iniziativa mirata deve essere orientata a determinate caratteristiche del territorio come, ad esempio, la rilevanza in campo turistico, il possesso di adeguate strutture, una tradizione di numerose e qualificate presenze alle spalle ed alto ancora. Poi, per non dimenticare, forse la questione più rilevante, ma senza dubbio da tenere nella dovuta considerazione è stabilire che la proprietà non può essere che pubblica e che la dirigenza e gli azionisti (nel caso di una tipologia gestionale differente da quella pubblica) devono sottostare a determinate condizioni come si può leggere nei disegni e progetti di legge citati.

Non aggiungo altro, sono sicuro di aver comunicato il mio pensiero sull’argomento; non pretendo di essere nel giusto e/o ragionevole ma, allo stesso tempo e come ho già precisato, certe idee le posso comprendere ma non condividere.

Altri articoli su

Articoli correlati