Ho avuto più volte l’occasione di definire anomalo il mercato delle Case da gioco in Italia. In effetti la situazione in cui operano i casinò rappresenta un “unicum” che non ha eguali in Europa e nel resto del mondo.
I casinò in Italia sono attualmente gestiti da società per azioni a capitale interamente pubblico e non v’è dubbio alcuno che la politica in qualche modo condizioni la loro attività.
Non era così in passato: i quattro casinò italiani erano gestiti da Società a capitale interamente privato che con alterne vicissitudini e in tempi diversi hanno dovuto cedere il passo generando la situazione attuale.
Quando il business dell’azzardo era fiorente le proprietà, che sono sempre state assolutamente pubbliche, la Regione autonoma Valle d’Aosta per il Casinò di Saint-Vincent e i Comuni di Campione d’Italia, di Sanremo e di Venezia per le omonime case da gioco, beneficiavano di ritorni economici oggi impensabili.
Basti citare come esempio quanto stabiliva la convenzione o il contratto siglato tra il gestore privato del Casino de la Vallée di Saint-Vincent e l’amministrazione regionale che prevedeva il versamento decadale (ossia ogni dieci giorni) del 72 percento dei proventi lordi di gioco. In estrema sintesi, per ogni 100mila lire incassate la Regione Valle d’Aosta ne introitava 72 mila, con le restanti 28mila il gestore privato sosteneva tutti i costi, dal personale, alle utenze, alle manutenzioni, ecc.. Le mance, suddivise al 50 percento con il personale tecnico, quindi con i croupier, contribuivano a comporre l’utile di gestione della società insieme a quanto avanzava dalla propria quota di riparto dei proventi.
Per la Regione la cospicua liquidità derivante dalla gestione del casinò significava la possibilità di costruire strade, scuole e infrastrutture che, grazie anche all’autonomia concessa dallo Stato con lo Statuto speciale, permisero a una piccola e povera regione di montagna di diventare una destinazione turistica di primaria importanza.
Oggi la cosiddetta quota di riparto dei proventi è scesa al 10 percento, ma si sono anche drasticamente ridimensionati i proventi anche se restano tuttora degne di nota le ricadute economiche che il casinò genera in termini di occupazione diretta e indiretta.
Dopo questo breve excursus storico che, salvo qualche piccola diversità, possiamo attribuire a tutti i casinò italiani, torniamo all’argomento principale: politica e casinò possono rappresentare un virtuoso connubio?
Io dichiaro solennemente di no!
I casinò sono aziende e come tali devono essere orientate alla massimizzazione del proprio business. Ciò comporta, spesso e volentieri, la necessità di adottare decisioni rapide, qualche volta anche rischiose o impopolari, che a mio parere non vanno d’accordo con i tempi e i modi spesso eccessivamente riflessivi che sono propri della politica.
Alla politica affido il ruolo tutt’altro che facile di vigilare sulla correttezza delle gestioni e quello di investire i proventi di sua competenza derivanti dal gioco d’azzardo in attività di promozione della cultura, di cura e di tutela del “sociale” e della “salute pubblica” in tutte le sue espressioni.
Non trovo “etica” l’attuale commistione di ruoli che la politica ha assunto, di controllore da una parte e di gestore, seppure indiretto, dall’altra. Una confusione che reputo pericolosa e del tutto priva di senso ai tempi nostri.
Non solo, la politica ha per sua natura obiettivi e tempi diversi rispetto ad ogni tipologia di business. I politici si curano di massimizzare la propria attività e conseguire risultati nel volgere del proprio mandato elettorale senza pensare a cosa accadrà nel successivo futuro.
Un’impresa non può permettersi questa leggerezza e quindi deve traguardare obiettivi di lungo periodo avendo cura e attenzione alle tendenze e agli sviluppi del proprio mercato.
Vero è che anche per il business le situazioni sono cambiate, fare previsioni è diventato sempre più difficile e poi, a breve, occorrerà fare i conti con l’Intelligenza artificiale che impatterà sulle decisioni di manager e stakeholder.
In conclusione, alla politica spetta in via esclusiva occuparsi della res publica il resto non è, purtroppo o per fortuna, affar suo…