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Nuovo Parlamento in arrivo: 'Intervenire sul costo del lavoro dei croupier'

27 settembre 2022 - 15:37

Ecco una lettera aperta in vista della costituzione delle nuove commissioni parlamentari, per invitare a intervenire sul costo di lavoro dei croupier.

Scritto da Mauro Natta
foto Bericht, CC0, via Wikimedia Commons

foto Bericht, CC0, via Wikimedia Commons

Lettera aperta ai futuri commissari per la normativa sul gioco 
Oggetto: intervento sul costo del lavoro dei dipendenti tecnici delle case da gioco.

È logico che mi si domandi quale sia la via ed ecco come vedo il modus operandi. Premetto, per quanto alla mia esperienza basata su pareri più che qualificati esperti e la non applicabilità in tutti i settori produttivi, che  soltanto nei casinò e limitatamente ad una categoria di lavoratori mi pare applicabile. Ciò non toglie che, a fronte di una migliorata economicità della gestione, possa derivarne un beneficio per il restante personale. 
E’ rilevante il fatto che l’attività in discorso rientri nel campo del turismo e che i relativi decreti istitutivi abbiano definito con legge la natura giuridica delle entrate che ne derivano agli enti precedentemente citati. Al tempo stesso mi pare decisivo riconoscere che la Corte Costituzionale ne abbia, recentemente, affermato l’interesse nella sentenza n. 90 del 2022.

Innanzi tutto occorre considerare che la mancia rilasciata dai giocatori vincenti nei casinò è una donazione non remuneratoria in quanto non collegata al servizio. Che se ci fosse sarebbe penalmente perseguibile.
La sentenza n. 1776 del 18 maggio 1976 della Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione, a proposito della mancia al croupier, recita: “Il sistema mancia è retto da un uso normativo - si ricava dall’indirizzo  consolidato della giurisprudenza dal 1954 – tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti e il gestore…”.
 

Non pare logico trattare in modo differente la parte principale della vincita ottenuta dal giocatore e quella minore della quale beneficia il croupier.
Pare si possa credere che trattando fiscalmente la mancia come la vincita (della quale, appunto la mancia, è la parte più piccola) si avvia un percorso virtuoso che, evitando una partita di giro, concorre al mantenimento dell’occupazione diretta e dell’indotto, consente allo stesso tempo il raggiungimento dell’obiettivo dell’ente pubblico titolare di una casa da gioco di cui ai decreti istitutivi delle stesse.
Non c’è dubbio, costo del lavoro e occupazione non possono essere coniugati disgiuntamente. Ecco il senso della domanda che rispettosamente mi permetto di rivolgere a chi di dovere: perché non trattare fiscalmente la mancia allo stesso modo della vincita della quale ne è parte?

L’approvazione della Legge Europea del 2015 (Art.7, Disposizioni in materia di tassazione delle vincite da gioco. Esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’unione europea 22 ottobre 2014 …) ha definitivamente statuito che le vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate in Italia o negli Stati membri dell’Unione Europea o nello Spazio economico europeo non concorrono a formare reddito nel periodo di imposta. 
Si comprende benissimo come tale nuova norma trovi conforto e supporto nella evidente conclusione che poteva crearsi con la tassazione delle vincite al casino: un drastico calo delle entrate tributarie e un duro colpo all’occupazione diretta e dell’indotto. 

La precedente normativa italiana prevedeva, al comma 1 dell’art.69 del Tuir (Dpr 22 dicembre 1986, n.917) che le vincite in discorso costituivano reddito ed erano considerati quali redditi diversi (art.67, comma 1, lettera d).
In occasione della conversione in legge della L. 31 dicembre 1996 (legge finanziaria per il 1997) n. 669, fu inserito l’art.10 ter della L. 28 febbraio 1997, n. 30. Detta aggiunta consiste in una disposizione volta a non applicare l’art.30 del D.P.R. n.600 del 1973 sulle vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate poiché è compresa nell’imposta sugli spettacoli. L’imposta in parola è aumentata del 10% ed è applicata al 50% nel caso di gestione diretta dell’ente pubblico. Questo intervento legislativo era mirato proprio al mantenimento dell’occupazione.

Il disposto del decreto legislativo 314/97 ha stabilito che la mancia, tassata ai fini Irpef, è assoggettata a contribuzione pensionistica, ciò contribuisce ad incrementare il costo del lavoro. Proprio per detta combinazione che da diversi anni preoccupa, e non poco, i gestori pubblici delle case da gioco, c’è da ritenere che l’argomento proposto sia di sicuro interesse e attuale.

Si discute di cuneo fiscale, ecco un esempio di come si potrebbe realizzare un incremento dell’introito globale del dipendente, un calo dei costi per datore di lavoro unitamente ad altri provvedimenti. Il tutto per migliorare il netto per il lavoratore con conseguente calo del costo del lavoro. 
Aggiungo, con l’augurio di buon lavoro e nel caso specifico, l’aumento delle entrate a favore dell’ente pubblico periferico.

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