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Società gestione casinò, un dibattito politico di lungo corso

27 febbraio 2024 - 10:34

Già nel 1992, nell'ambito di un disegno di legge sull'apertura di nuovi casinò, si sollevava l'attenzione sulla dirigenza delle società di gestione.

Scritto da Mauro Natta
Foto di Miguel Henriques su Unsplash

Foto di Miguel Henriques su Unsplash

L’aver letto l’articolo sulla proposta del Movimento 5 Stelle sulla trasparenza nella selezione dei soggetti apicali nelle società partecipate dagli enti pubblici, mi ha ringiovanito di moltissimi anni.

Correva l’anno 1992, si parlava di incrementare il numero della case da gioco nel Paese estendendo, tramite disegni e progetti di legge, la possibilità di avere anche casinò stagionali e sulle navi da crociera battenti bandiera nazionale oltre lo stretto di Gibilterra e il Canale di Suez.
Non rammento con precisione quale disegno o progetto di legge e tantomeno l’articolato specifico; mi sovviene soltanto che l’argomento riguardava la dirigenza delle società di gestione senza distinzione tra pubbliche o private. 
Un articolo era mirato ad identificare le qualità morali e professionali sino a prevedere un Albo dei gestori e, se la memoria non mi fa ulteriore danno a 83 anni suonati, un Albo anche per gli impiegati di gioco.
A mio avviso il non fare distinzioni sulla tipologia di gestione è ampiamente giustificato dalla natura giuridica delle entrate che ne possono derivare per l’ente pubblico periferico titolare della autorizzazione e, soprattutto, per la destinazione di dette entrate. 

D’altra parte non si può ignorare il Regio decreto legge in data 22 dicembre 1927, n. 2448, che recita:
Visto l’art.3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926 n. 100;
Ritenuta la necessità assoluta ed urgente di provvedere;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del capo del Governo, Primo Ministro, Ministro Segretario di Stato per gli affari dell’interno;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1. E’ data facoltà al Ministro dell’interno di autorizzare, anche in deroga alle leggi vigenti, purché senza aggravio per il bilancio dello Stato, il comune di San Remo ad adottare tutti i provvedimenti necessari per poter addivenire all’assestamento del proprio bilancio e all’esecuzione delle opere pubbliche inderogabili.
L’articolo 19 del decreto legge n.318 del 1 luglio 1986 convertito in Legge n.488/86, dal titolo: Entrate speciali a favore dei comuni di  Sanremo e Venezia, recita al comma 1: “Le entrate derivanti ai Comuni di Sanremo  e Venezia alle gestione di cui al Rdl 22 dicembre 1927, n. 2448 convertito dalla L. 27 dicembre 1928 n.3125, nonché al Rdl 16 luglio 1936, n. 1404 convertito dalla L. 14 gennaio 1937 n. 62, sono considerate, fin dalla loro istituzione, entrate di natura pubblicistica da classificarsi nel bilancio al titolo I, entrate tributarie. Non si dà luogo al rimborso delle imposte dirette già pagate”. Credo confermi quanto precede.

Tra le tante proposte, una affrontava la cessione di quote o azioni di società a capitale privato cui era affidata la gestione sino a dettarne le modalità in caso di mortis causa. Prevedeva, mi pare di rammentare, l’obbligatorietà di ripartire la partecipazione con gli altri soci se non si trovava una soluzione ammissibile.
Ritengo che si possa comprendere, al di là di ogni ragionevole dubbio, che proprio dalla specifica destinazione delle entrate e dalla natura giuridica che le disposizioni di legge impongono, il fatto che dette entrate non sono tassabili tramite imposizione diretta. L’articolo richiamato, infatti, ne impone la non tassabilità per il passato a mente la specificità.
Ecco, aggiungo a conferma, una delle conclusioni dall’ordinanza della Corte dei conti, sezione di Como, depositata in segreteria il 16 giugno 2009 perché di questo si tratta cioè che, come specificato in precedenza, non sono tassabili tramite imposizione diretta.
E dalla ordinanza di cui sopra: sulla ratio del richiamato art. 19 si è più volte espressa la Cassazione mettendo in luce che la disposizione citata, inquadrata nella finalità generale della legge di emanare provvedimenti per la finanza locale, era specificatamente dettata al duplice scopo di stabilire, da un lato, la collocazione nel bilancio dei Comuni di Sanremo e Venezia delle entrate derivanti dalla gestione delle rispettive Case da gioco, dall’altro lato, di risolvere, anche con riferimento al passato, il dubbio presente in giurisprudenza circa l’assoggettabilità o meno di esse all’imposizione tributaria diretta.
Concludo con una certezza che si è formata nel tempo ed ha trovato, penso, nelle vigenti disposizioni una conferma: i proventi che la gestione della casa da gioco, qualunque sia la tipologia societaria, hanno natura tributaria e sono collegati alla quantità dei cosiddetti proventi aleatori che la gestione riceve dai dipendenti tecnici.
Non mi pare, infatti, che le mance rientrino nelle differenze tra perdite e vincite dei giocatori come, d’altra parte, intendo ”specifico ed esclusivo all’attività di gestione del gioco”.
Il significato di “esclusivo”, per mio conto, è che l’attività di gestione del gioco è fondata, di fatto e di diritto, su una piena ed unica pertinenza nel senso di competenza. L’esercizio del gioco è potestà esclusiva del Comune trattandosi di una deroga alle disposizioni di cui al codice penale dagli articoli 718 al 722.
Se non la penso nel modo corretto spero vogliate scusarmi.

A prescindere da ogni altra possibile considerazione ho un solo rilievo che ritengo il più importante e che richiama la mia passata esperienza che ha visto anche una gestione a capitale privato.
Non posso nascondere che i tempi erano diversi, che la situazione economica permetteva una ben diversa frequentazione delle case da gioco e, in specie, quella in cui ho lavorato per tanti anni, che era sufficiente aprire le porte e non è la prima volta che lo scrivo.
Non trovo necessario evidenziare i risultati del gioco d’azzardo autorizzato come ho già fatto in altre occasioni ma, indubbiamente, allora lo scopo complessivo per il quale le case da gioco sono state ideate dal 1927 in poi, era più facilmente raggiungibile.
Ed ora la mia annunciata considerazione sorta da una libera interpretazione di: la proposta di legge prevede, intervenendo sull’articolo 9 citata testo unico sulle partecipate, “una procedura di selezione dei componenti da nominare sul principio di trasparenza.”
Ecco la personale interpretazione: in un certo modo mi ricorda quanto ho narrato in merito al progetto o disegno di legge sulle case da gioco del 1992 nel quale tra le qualità richieste si impone la competenza al pari della moralità entrambe da provare.

Sono convinto che esperienza, competenza e moralità siano le condizioni alle quali deve rispondere chi, responsabilmente, dovrà occuparsi della gestione di una casa da gioco e non importa la tipologia gestionale.
Non può ammettersi che lo scopo riassumibile nell’interesse generale sia raggiungibile diversamente, l’utilità per tutte le parti in causa, concedente con le entrate da impiegare sul territorio, concessionario per remunerare giustamente il capitale impiegato che deve concedere la continuità operativa e l’occupazione diretta e dell’indotto.

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