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Un casinò per regione: un dibattito di lungo corso

09 febbraio 2024 - 11:08

La recente proposta di istituire un casinò per regione si incastona in un dibattito annoso, anche sulla necessità di un riordino normativo del settore.

Scritto da Mauro Natta
Foto di the blowup su Unsplash

Foto di the blowup su Unsplash

L’articolo dove è dato leggere da parte del relatore dello schema di decreto sul riordino del gioco in commissione Finanze al Senato “che occorrerebbe fare un casinò per ogni regione, così da concentrare in luoghi sempre più controllati l’attività del gioco” mi ha rammentato il periodo del 1992 e gli argomenti che mi hanno visto impegnato in tema di case da gioco nel Paese.
E sì, perché, in quell’anno e con meno entusiasmo dopo, si parlò di incrementare il numero delle case da gioco; ci fu chi ipotizzava casinò stagionali legati alla posizione geografica turisticamente rilevante anche per il prodotto interno lordo e i casinò sulle navi da crociera battenti bandiera italiana. 

Sicuramente la questione più rilevante e che mi sono permesso più volte di richiamare in diverse occasioni era, e continua ad essere, la concreta possibilità che sia varata una legge organica sul tema come, dal 1985, la Corte Costituzionale aveva indicato al Parlamento come una necessità.
Chiaramente non desidero introdurmi nel discorso con riferimento a problematiche politiche o di normative applicabili, non sarei all’altezza. L’esperienza maturata in tantissimi anni a datare dal 1959 mi permettono di affrontare alcuni argomenti, anche questi non per la prima volta.
Una delle ultime notizie apparse mi ha ricordato quanto sostenevo allora, la riconducibilità del debito di gioco tra le obbligazioni naturali e, conseguentemente, la mancanza di azione di recupero crediti nel caso che il titolo di credito negoziato all’interno del casinò, non fosse onorato. Forse una deroga specifica sarebbe opportuna e lo prevedeva il progetto di legge.
La questione mi pareva interessante allora e lo è ancor più oggi stante la limitazione nell’uso dei contanti; il tema mi pare, tra l’altro, rilevante ai fini del controllo di casi di gioco compulsivo senza tralasciarne altri molto più evidenti.

Dalla vicina Francia si potrebbe imitare un Corpo speciale di Polizia come era già stato proposto, formato da Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza, al quale demandare ogni forma di controllo ad iniziare da quello sulla regolarità del gioco e uguale per tutte le tipologie di gestione. Ma, come ricordo di aver letto su un disegno di legge del 1992, con la impossibilità di utilizzare notizie raccolte nei casinò ai fini fiscali salvo che si tratti di violazioni interessanti le disposizioni del codice penale.
C’erano altre norme che trattavano argomenti collegati alle disposizioni di legge vigenti a quel tempo e che potrebbero essere cambiate.
Si poteva leggere, nell’articolato, anche della ripartizione degli utili, della destinazione degli stessi per quanto entrate tributarie dell’ente concedente.

Mi pare che la proprietà fosse necessariamente dell’ente pubblico periferico, stante la deroga agli artt. 718 – 722 cod. pen., certamente in possesso di determinate qualità e che la gestione era prevista affidata a soggetti iscritti all’Albo dei gestori. Per questi ultimi erano previste norme stringenti sino ad interessare il trasferimento di quote e/o azioni anche mortis causa. Se la memoria non mi fa danno era accennato anche l’Albo dei dirigenti e del personale di gioco.
Torno un momento sul “turisticamente rilevante” non tanto per trovare o incentivare motivi che possano restringere il numero o agire al contrario, non mi sono domandato allora e non lo faccio oggi, se uno per regione è troppo o poco. Ma le caratteristiche richieste erano nel 1992 abbastanza circostanziate.

Non è che il Paese sia deficitario in tema turistico di località adatte ad ospitare una casa da gioco ma, avendo richiamato la Francia anche se per altra motivazione, non gradirei una situazione numerica al pari di quella dei nostri vicini, intendo con duecento casinò.
In questa ultima considerazione del tutto personale ho cercato di attrarre sul tema per il quale a datare dal 1927 sono state autorizzate le case da gioco in Italia, da Sanremo in poi: una sorta di autofinanziamento per i bilanci degli enti pubblici periferici che, in ultima analisi, non possiamo coniugare disgiuntamente dalle occasioni occupazionali che con il turismo possono nascere, sia in forma diretta che tramite l’indotto; ecco perché, a mio avviso, il sito riveste una particolare importanza.

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