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Ccal casinò, questione mance sotto la lente

21 giugno 2023 - 12:33

Nella redazione o aggiornamento dei contratti collettivi aziendali di lavoro dei dipendenti dei casinò si deve puntare l'attenzione anche al tema delle mance.

Scritto da Mauro Natta
Foto di Dan Smedley su Unsplash

Foto di Dan Smedley su Unsplash

Il contratto di lavoro relativo ai tecnici delle case da gioco certamente deve tener conto della esigenza di uniformare l’offerta alla domanda ma, al tempo stesso, non si può dimenticare e/o sottacere la rilevanza di quanto, in tema di mance, a datare dal 1954, è  avvenuto al riguardo della ripartizione tra gestore e tecnici, ovvero gli aventi causa.

La sentenza n. 1776 del 18 maggio 1976 della Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione, a proposito della mancia al croupier, recita: “ Il sistema mancia è retto da un uso normativo - si ricava dall’indirizzo  consolidato della giurisprudenza dal 1954 – tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti e il gestore …” Mi scuso se continuo a citare questa sentenza, mi pare faccia al caso.

Il primo beneficiario della mancia è, indiscutibilmente, il croupier. Il gestore non ha titolo originario a parte della vincita (cioè la mancia); d’altro canto sarebbe paradossale che partecipi alla vincita chi, perdendo, la deve finanziare: il gestore. Il fatto che quest’ultimo soggetto partecipi ad una parte delle mance, fondato su un patto o un accordo di devoluzione... (Cassazione, 9 marzo 1954, n. 672).  
Mi pare ragionevole quanto riportato e altrettanto lo è, a mio parere, affermare che la parte delle mance che rimane alla gestione precedentemente descritte sono un mezzo per implementare le entrate tributarie dell’ente pubblico titolare della autorizzazione alla casa da gioco. Il concorso delle mance, lo si ripete quota gestione, a detta implementazione non potrebbe non tener conto dell’accaduto a Sanremo e a Venezia in tempi diversi ma tutti fondati sulla dimostrazione pratica dell’importanza delle mance, questa volta quota dipendenti. 

La multifunzionalità, non tanto per il beneficio di potere adeguare la produzione in tempo utile, se va ad intaccare il principio della ripartizione tra i dipendenti cambiandolo o per accostamenti di giochi o di reparti potrebbe ingenerare ciò che è avvenuto nelle due case da gioco citate.
A Sanremo dopo l’introduzione della roulette americana affidandola al reparto roulette francese in quanto produceva minori proventi aleatori, a Venezia per l’incarico alla roulette di svolgere giochi americani poco producenti. D’altra parte, a Venezia abbiamo il caso contrario con lo chemin de fer. In poche parole le mance non sono più divise tra dipendenti e gestione al 50 percento. 
Il quantum come descritto dalla Cassazione il 9 marzo del 1954 di cui l’ente pubblico beneficia non discende da una norma di legge ma da un indirizzo della giurisprudenza tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto. Quindi modificabile, mi pare, come una condizione contrattuale.

L’evoluzione dell’offerta che vede ultimamente prevalere la presenza dei cosiddetti giochi americani, probabilmente a fronte di un minor costo complessivo del lavoro e, per contro, una migliore immagine in merito al raggiungimento dell’obiettivo di una sorta di autofinanziamento dell’ente pubblico periferico, dovrebbe tener in debita considerazione l’entità dei proventi aleatori proprio in funzione della successiva ripartizione.
Ecco che si presenta una occasione per rammentare quanto l’occupazione diretta e dell’indotto rappresentano per una località particolarmente nota in campo turistico un beneficio per lo stesso ente titolare dell’autorizzazione alla casa da gioco sul proprio territorio.
Forse, almeno in parte, possiamo comprendere un certo risveglio di interesse per la casa da gioco quale tramite per “addivenire ad un miglioramento dei propri bilanci senza pesare sullo Stato”. Probabilmente trattasi della motivazione a monte dei decreti dal 1927 in poi e dei vari progetti e disegni di legge presentati in Parlamento nel 1992 e qualcuno anche dopo.

Il mio personale intento e convincimento è di evidenziare che le entrate tributare dipendono da due fattori: entrate nette e quota mance del gestore. Ritengo sia accettabile che se la quota mance del gestore è più alta, maggiore sarà la differenza tra costi e ricavi a favore di questi ultimi.
Sono convinto, e penso che quanto citato lo dimostri, che la percentuale sulle mance a favore della gestione può essere stabilita al di fuori del contratto di lavoro e che abbia rilevanza nel fissare la tassa di concessione, solitamente una percentuale dei proventi netti a favore dell’ente pubblico concedente.
Probabilmente la suddivisione al 50 percento era nata con i soli giochi francesi in esercizio, ma l’introduzione di altri giochi ha contribuito a cambiare una sorta di equilibrio tendente, sempre a mi avviso, a concorrere indirettamente al costo del personale a carico del gestore e, sempre indirettamente, ad alimentare il qantum a favore del concedente autorizzato alla casa da gioco. 

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