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Contratto lavoro nei casinò, il nodo mance viene al pettine

14 maggio 2024 - 12:37

La contrattazione in essere sulla redazione di contratti di lavoro nei casinò deve anche tenere conto del tema delle mance.

Scritto da Mauro Natta
Foto di Jonathan Cooper su Unsplash

Foto di Jonathan Cooper su Unsplash

L’argomento principe che tiene banco, mi pare l’espressione più calzante visto che stiamo parlando di casinò, in questi tempi, è il contratto aziendale  di lavoro.
È mia intenzione affrontare il contratto relativo al personale tecnico delle case da gioco, per intenderci subito e senza possibilità di confusione, quelli che l’art. 3 del Dm. n. 314/97 contempla con impossibilità di errore: croupier.
Tutti o quasi conoscono che l’impiegato di cui si parla percepisce una retribuzione e una parte delle mance, noto come punto. Corro il rischio di essere catalogato tra i noiosi ma trovo necessario ripetermi ancora una volta.

La mancia è una parte della vincita. La sentenza n.1776 del 18 maggio 1976 della Sezione lavoro della Suprema Corte di Cassazione, a proposito della mancia al croupier, recita: “Il sistema mancia è retto da un uso normativo - si ricava dall’indirizzo  consolidato della giurisprudenza dal 1954 – tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti e il gestore…”

Il primo beneficiario della mancia è, indiscutibilmente, il croupier. Il gestore non ha titolo originario a parte della vincita (cioè la mancia); d’altro canto sarebbe paradossale che partecipi alla vincita chi, perdendo, la deve finanziare: il gestore. Il fatto che quest’ultimo soggetto partecipi ad una parte delle mance, fondato su un patto o un accordo di devoluzione con il quale i lavoratori consentono al datore di lavoro di sottrarre parte di quanto elargito da terzi (Cassazione, 9 marzo 1954, n. 672),  non pare giustificare un diritto originario del gestore ma, piuttosto, una forma di prelievo forzoso (stante la natura giuridica delle entrate) anche se non è stato regolato il presupposto, la base imponibile, ecc..

Quanto precede, tra l’altro, permette di affermare che la mancia, relativamente alla ripartizione tra gli addetti al gioco e aventi diritto, non è parte integrante del contratto di lavoro. La percentuale che va al gestore non è che un elemento di contrattazione che esula dal contratto e la partecipazione al punto è stabilita autonomamente dalla assemblea dei lavoratori.

Ciò per introdurre che il percepito dal lavoratore è composto da retribuzione pagata dal datore di lavoro e dal punto. Ora, come è già accaduto in Italia, non è per nulla statuito che il gestore percepisca il 50 percento delle mance; detta percentuale, come si può verificare nell’esempio accennato, è variabile.
La variabilità risulta dalla diversa redditività globale dei giochi da tavolo  che dipende da molti fattori, uno tra questi il vantaggio del banco. Infatti non tutti i giochi hanno le stesse percentuali a favore del banco: la roulette francese il 2,7027, quella americana il 5,2631, il black jack l’1,0468 e mi fermo per non essere noioso oltre  il limite.
Anche perché, nel discorso hanno ridotta rilevanza se non quella di far comprendere la variabilità di rendimento che, in buona sostanza, permette a determinati giochi un maggiore rendimento complessivo.

Per onestà intellettuale, prima di proseguire, desidero precisare che la percentuale diversa dal 50 percento non sempre è stata, in passato, a beneficio dei lavoratori.
A questo punto entra in gioco la consistenza del punto che, come si è potuto rilevare, varia a seconda dei giochi di riferimento, in definitiva se i dipendenti tecnici sono divisi in reparti possono subire variazioni.
Come sopperire alle differenze che potrebbero insorgere? O da parte del datore di lavoro tramite una minore partecipazione alle mance contrattualmente concordata, o premiando per una parte, quella che gli compete, la conoscenza professionale di più giochi attraverso una retribuzione premiale che potrebbe trovare nel punto differenziato su identico misuratore la partecipazione del dipendente.
Sicuramente non si presenterebbe una problematica di poco momento ma molto probabilmente, se si presenta, non è risolvibile tranquillamente; spero non si presenti ma, se del caso, è meglio esservi preparati.

Alcuni lettori si chiederanno quale può essere la motivazione che mi invita a trattare l’argomento in discorso. Ho un ricordo di quando ancora ero dipendente e si riferisce a quando in una casa da gioco italiana furono costretti ad eliminare la roulette americana che, invece, resiste in un’altra, forse, per l’esistenza, al momento, di due contratti di lavoro. L’altro quando ero pensionato e sono stato testimone di una suddivisione delle mance più favorevole al gestore ma per una unica tipologia di gioco. Non posso aggiungere altro che, oltre a tutto, non sarebbe dimostrativo di una realtà che esiste tuttora ed è perfettamente verificabile.

Sicuramente l’introduzione dei cosiddetti giochi americani ha portato ossigeno al trend del gioco d’azzardo autorizzato ma, ha creato e continua a creare delle difficoltà che, stante il numero dei giochi citati, ben difficilmente potranno essere appianate con semplicità anche se posso augurare che avvenga.
Almeno inizialmente l’avvento di giochi nuovi ha suscitato interesse sia da parte dei gestori, enti pubblici che nell’incremento del fattore occupazionale, trovano un motivo di nuovo interesse. Ma questo dovrebbe risollevare le speranze di crescita con la possibilità di inserire nell’offerta qualcosa di nuovo.
Torno molto brevemente sulla doverosa conversione dell’idea di diversificare l’offerta e non solo di gioco; certamente non come avviene negli Stati Uniti perché non è assolutamente il caso, almeno così  mi pare. 
Sono ormai molti che lo consigliano e trovano non solo sull’adeguamento dell’offerta alla domanda come l’online pare dimostrare proprio con i giochi da casinò, ma, e l’esempio viene sempre dalla stessa parete, con delle assolute novità che ancora si possono, penso, reperire.

È anche possibile prevedere, con l’incremento dell’offerta tramite  una diversificazione allargata non soltanto al gioco ma all’intrattenimento, apportare quelle variabili che, anche con l’online dal vivo dove fattibile, si trovi un mezzo per ravviare la domanda e, allo stesso tempo, l’occupazione.
Non si dovrebbe sottacere che, rimanendo in discorso, stiamo affrontando una capacità effettiva e concreta nel campo del turismo, attività che nel prodotto interno lordo occupa una posizione elevata.


 

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